Quando su di un quotidiano (di carta oppure on line) compare qualche articolo sulle pensioni, da tempo non vi sono alternative: si tratta di notizie di servizio (relative all’importo o al calendario delle erogazioni) oppure di chiacchiere. Le persone di mondo (previdenziale) minimamente informate se ne accorgono subito e si sentono solidali con i giornalisti ai quali in quel giorno hanno chiesto, durante la riunione di redazione, di scrivere un pezzo sulle pensioni.



Questi colleghi devono arrampicarsi sugli specchi, telefonare in giro agli addetti ai lavori, stanare ovunque si trovi il sottosegretario Claudio Durigon e arzigogolare sulle quattro o cinque parole che riescono a strappargli. Poi, magari, riescono a intercettare Pasquale Tridico che è meno restio a parlare con la stampa, ma che racconta come la pensa lui e spesso solo lui.



L’impostazione di fondo del Presidente dell’Inps è più o meno sempre la stessa: erogare il trattamento a rate. In un primo momento la sua idea era quella di consentire il pensionamento anticipato solo per la parte coperta dal calcolo contributivo, rinviando la presa in carico anche della quota retributiva, al momento della maturazione del requisito della vecchiaia. Immaginiamo che il prof. Tridico si sia reso conto dell’insostenibilità sociale di questa proposta, in quanto penalizzava i lavoratori più anziani, senza peraltro agevolare in alcun modo quelli più giovani. Così ne ha messa in campo un’altra, per niente nuova: in pensione anticipata si potrà andare se il calcolo sarà interamente contributivo.



È dal ministero che non escono notizie organiche e credibili. Così si specula su qualche parola, si sventola di tanto in tanto qualche bandierina: quella che garrisce di più al vento è Quota 41, ma continua a restare per aria tra le nuvole. Spulciando qualche commento, si legge: “Nel 2024 si continuerà ad andare in pensione con la legge Fornero visto che non ci sono le condizioni per un suo superamento. I dubbi più grandi riguardano invece Quota 103, in vigore nel 2023 ma non ancora confermata per il prossimo anno, come pure Quota 41, misura che oggi è riservata ad alcuni lavoratori precoci ma che il governo vorrebbe estendere a tutti. E ancora, c’è l’incognita Opzione donna, per la quale potrebbe esserci un ritorno al passato dopo la stretta operata con la legge di Bilancio 2023”.

In fondo questo è stato l’unico impegno assunto dal ministro Calderone nell’incontro (per ora il solo) avuto con le organizzazioni sindacali. “Per accedere a Quota 41 bisogna appartenere a uno dei profili a cui il legislatore ha riconosciuto il diritto a una maggior tutela in ambito previdenziale. Ci riferiamo a disoccupati di lungo periodo, invalidi almeno al 74%, caregiver e impiegati in lavori gravosi. Requisiti che di fatto riducono notevolmente la platea dei beneficiari di Quota 41 ed è per questo che il Governo sta lavorando a una riforma che permetta a ogni lavoratore di poter accedere alla pensione con 41 anni di contributi. In tal caso verrebbe di fatto superata la parte della legge Fornero riferita alla pensione anticipata, poiché sarebbero sufficienti 41 anni di contributi per smettere di lavorare indipendentemente dall’età”.

Difficile che un accordo a riguardo possa arrivare in tempo per il prossimo settembre, quando bisognerà approvare la nota di aggiornamento al Def dentro cui ci saranno le indicazioni sulle risorse da destinare alla riforma delle pensioni; ecco perché si sta facendo strada la conferma di Quota 103 per un altro anno”.

“Nel 2023 è possibile andare in pensione anche con Quota 103, per la quale è necessario che la somma tra età anagrafica e contributi previdenziali dia come risultato 103. L’età minima deve però essere di 62 anni, a fronte di 41 anni di contributi. E laddove non si riuscisse a estendere Quota 41 già nel 2024 si potrebbe pensare di confermare Quota 103 per un altro anno, consentendo sì il pensionamento con 41 anni di contributi ma non prima del compimento dei 62 anni”.

“Il dubbio più grande riguarda Opzione donna, soggetta di recente a un cambio di requisiti. Con la legge di Bilancio 2023, infatti, Opzione donna è stata estesa a coloro che ne hanno maturato i requisiti entro il 31 dicembre 2022, ma allo stesso tempo è stata notevolmente ridotta la platea delle potenziali beneficiarie grazie a una modifica dei requisiti”.

Un’ultima novità è quella proposta del ministro Calderone allo scopo di monitorare il sistema e in particolare gli effetti della politica delle quote, istituendo un Osservatorio con un Presidente e 14 componenti. Sarebbe come se fosse ripristinato il Nucleo di Valutazione della spesa pensionistica, seppure con finalità diverse. Il Nucleo, introdotto dalla riforma Maroni del 2003 fu abrogato dal ministro Fornero. È facile supporre che anche quest’organismo (si dice che a presiederlo sarà Alberto Bambilla) non scoprirà nulla di cui già non si conosca quasi tutto. Sarebbe sufficiente che l’Osservatorio fosse in condizione di operare con cadenza periodica, perché gli approfondimenti finiranno per rendere testimonianza di una realtà che nessuno accetta. Man mano che trascorre il tempo – si profila sempre più un dato ineludibile. Ma davvero si dovrebbe stipulare benignamente il “riforma Fornero”? Ancorché manipolata, derogata, aggirata, la riforma del 2011 non ha trovato ancora risposte più adeguate.

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