LE PAROLE DI TRIDICO
Nel corso dell’audizione alla Commissione bicamerale di controllo degli enti previdenziali, Pasquale Tridico ha detto che “finora sono state accolte 151mila domande per Quota 100: 42mila domande di queste hanno riguardato dipendenti pubblici, 75mila privati e 34mila autonomi”. Secondo quanto riporta Teleborsa, il Presidente dell’Inps, oltre a fornire questi utili dati, ha anche parlato in generale di riforma pensioni, auspicando che si arrivi a individuare “un’età di riferimento per l’uscita verso la pensione con riduzioni per le lavoratrici madri e per chi ha fatto lavori gravosi e usuranti”. Dal suo punto di vista, inoltre, “laddove si passi al contributivo, la flessibilità è un atto dovuto”. “Siamo in un periodo di transizione, la legge dovrebbe dare grande flessibilità. Bisogna superare l’età di pensionamento uguale per tutti i lavoratori, questo è il punto, tenendo conto della gravosità dei lavori, fermo restando un’età minima di uscita da cui si opera una certa flessibilità”, ha aggiunto Tridico.
TRIDICO E LA SOSTENIBILITÀ DEL SISTEMA PENSIONISTICO
Pasquale Tridico, nel corso di una audizione alla Commissione bicamerale di controllo degli enti previdenziali, è tornato su un tema importante nel dibattito sulla riforma pensioni. Secondo quanto riporta Teleborsa, infatti, il Presidente dell’Inps ha ricordato che il totale della spesa dell’Istituto dal lui presieduto “è il 18% del Pil, ma in questa sono comprese anche le prestazioni temporanee. La spesa pensionistica supera di poco il 15% del Pil, ma questa non è solo previdenziale, tre punti percentuali di questa spesa sono assistenza. Se poi al poco meno del 12% che resta togliamo i 58 miliardi di Irpef che i pensionati versano e rientrano allo Stato la spesa vera e propria scende all’8%. Sulla base di questi dati io dico sempre che il sistema pensionistico italiano contributivo è sostenibile. Sulla parte che grava sulla fiscalità generale la decisione è politica”. Tridico è poi tornato sull’ipotesi di un fondo di previdenza complementare pubblico presso l’Inps, evidenziando che si tratterebbe di creare “un’alternativa in più. Siamo in un mondo concorrenziale e il pubblico non può fare concorrenza?”.
LE RICHIESTE DI UNICOBAS
Unicobas ha deciso di anticipare lo sciopero nel settore della scuola dal 17 al 6 marzo, evidenziando però, rispetto alla stessa decisione presa da Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda, la necessità “di capitalizzare lo sciopero su una piattaforma decisiva, quella che l’Unicobas ha comunicato al Ministero”. Tra gli obiettivi della federazione sindacale dei comitati di base c’è anche una misura di riforma pensioni che abbassi l’età pensionabile. Oltre che la “soluzione della vertenza Ata ex EELL: riconoscimento pieno del servizio pregresso con adeguamento stipendi e pensioni; retribuzione del danno”. Per l’Unicobas occorre anche una “soluzione strategica del problema del precariato. Doppio canale di reclutamento: 50% dei posti a concorso ordinario e 50% a concorso per titoli, per tutti i già abilitati con almeno un anno di servizio (180 gg.) anche cumulativi. I già abilitati (o idonei) non devono essere tenuti a sostenere altri concorsi per esami”. L’Unicobas sembra anche intenzionata a non revocare tale sciopero.
BRAMBILLA, LA “RICETTA” SUL CAMBIO PENSIONI
In un lungo editoriale su “Pensioni per tutti” il professore Alberto Brambilla – presidente di Itinerari Previdenziali – prova a lanciare un appello alle forze politiche per modificare la riforma pensioni e in un colpo solo superare la Legge Fornero cambiando la Quota 100. «La norma va modificata ma gradualmente, perché qualunque cambiamento in corsa delle regole rischia di avere effetti negativi, creando nuovi esodati. E, nell’intervenire su Quota 100» – spiega ancora Brambilla, non da oggi tra i principali consiglieri economici nel giro della Lega – «occorrerà soprattutto provare a estirpare alla radice i problemi creati dalla riforma Monti-Fornero, cercando – se fosse possibile, con un accordo ad ampio spettro tra la politica tutta e le parti sociali – di definire regole chiare, eque e definitive per almeno i prossimi 10 anni (con verifiche quinquennali), che diano finalmente certezze e serenità agli italiani». Per Brambilla occorre «la totale equiparazione delle regole anche per i cosiddetti contributivi puri che hanno iniziato a lavorare dall’1/1/1996 e l’istituzione di un “fondo pensione” loro dedicato», ma non solo: «blocco dell’adeguamento alla speranza di vita del requisito di anzianità contributiva richiesto per la pensione anticipata, con ulteriori sconti per lavoratrici madri e precoci». Infine, il prof conclude ricordando la necessità di un pensionamento con 64 anni di età e 37/38 di contributi, reintroducendo le flessibilità già previste dalla riforma Dini/Treu.
RIFORMA PENSIONI, LE PREVISIONI AL 2050
Mentre si discute di riforma pensioni e del rischio che ci possano essere “esodati” nel caso di cancellazione di Quota 100 prima della sua scadenza, money.it ricorda che “c’è una nuova platea di esodati che chiede risposte: sono gli ex commercianti ai quali, per via di una legge paradossale, non viene riconosciuto l’indennizzo per cessazione attività”. Il riferimento è all’esclusione da “quello che tecnicamente è definito come IND COM, un assegno di accompagnamento alla pensione riconosciuto in caso di chiusura definitiva dell’attività commerciale. La scorsa Legge di Bilancio ha reso strutturale la misura a partire dal 1° gennaio 2019, ma la buona notizia è stata seguita da un caos dai contorni paradossali”. Il risultato è che restano esclusi da tale indennità “i commercianti che hanno cessato l’attività tra il 2014 ed il 2016, i nuovi esodati senza lavoro e senza tutele da parte dell’Inps fino al raggiungimento dell’età per la pensione”. Un problema che si spera che venga risolto, come quello degli esodati ancora privi di salvaguardia dal varo della Legge Fornero.
RIFORMA PENSIONI, LE PREVISIONI AL 2050
In un articolo pubblicato su Affari & Finanza, l’inserto economico di Repubblica, Roberto Petrini evidenzia come le stime per i prossimi trent’anni su Pil e demografia incideranno sulla sostenibilità del sistema previdenziale. “La spesa sul Pil salirà dal 15,8 per cento di quest’anno al 17 per cento del 2050. I 17,9 milioni di pensionati ci costeranno 336,3 miliardi contro i 254,6 di oggi, 80 miliardi in più. Quello che l’Istat chiama ‘indice di dipendenza’ dà la misura di quanti anziani vengono ‘mantenuti’ da chi lavora: oggi gli over 65 ogni 100 cittadini in età lavorativa sono il 39,1 per cento, nel 2050 arriveranno quasi al 70 per cento”. Numeri che devono far riflettere in questo periodo in cui si parla di riforma pensioni.
I PASSI FALSI DA EVITARE
Certo “è vero che le riforme degli ultimi anni, come quella del 1994 che ha introdotto il sistema contributivo dal 2036 abbatteranno i costi, ma è vero anche che camminiamo sul ciglio del burrone e non possiamo permetterci passi falsi come Quota 100”. Sullo stesso inserto del quotidiano romano, Alessandro Rosina, in un altro articolo, ricorda che “a fare la differenza tra l’Italia e gli altri Paesi avanzati non è tanto la quantità della popolazione anziana (destinata ovunque a crescere), ma la riduzione della forza lavoro (più accentuata in Italia per la persistente denatalità)”. Dunque bisognerà cercare di elaborare un piano “che consenta alle nuove generazioni (quale che sia il genere o il luogo di nascita) di diventare parte attiva e qualificata dei processi di crescita”.