PENSIONI E TOTALIZZAZIONE: COSA SUCCEDE
In attesa di una riforma pensioni strutturata e strutturale dal 2023, restano diverse comunque le opzioni per i pensionati nel prossimo anno per l’uscita dal mondo del lavoro anche senza più contare sulla precedente e scaduta riforma (il 31 dicembre 2021, ndr) di Quota 100.
Come sottolinea oggi il focus di SkyTg24 e “LaLeggePerTutti.it”, per un’uscita anticipata dal lavoro è possibile ad oggi utilizzare il metodo del “cumulo” (42 anni e 10 mesi di versamenti in casse diverse, un anno in meno per le donne), oppure è anche possibile il meno conosciuto metodo della totalizzazione. In pratica, si può ottenere la pensione di anzianità con 41 anni di contributi: come? È consentito di sommare gratuitamente la contribuzione accreditata presso diverse gestioni di previdenza obbligatoria differenti per raggiungere la pensione: si può di fatto aggiungere i contributi accreditati presso tutte le casse di previdenza obbligatoria legate all’Inps – Fondo pensione lavoratori dipendenti, gestione commercianti, gestione separata, gestione dipendenti pubblici – ma anche sulle casse professionali (Cassa Forense, Inarcassa, Enpam). Il vantaggio della totalizzazione è che non si è obbligati al ricalcolo contributivo ed è possibile davvero riunire più contributi assieme tra “Ago” (Assicurazione generale obbligatoria), volontari; figurativi; da riscatto/ricongiunzione. Unica “pecca”, non rientra nella totalizzazione l’uso dei contributi versati presso gestioni di previdenza non obbligatoria. (agg. di Niccolò Magnani)
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI CAVALLARO
Continua a far discutere il Rapporto dell’Ocse “Pensions at a glance” 2021. Francesco Cavallaro evidenzia che il suo contenuto “conferma che le attuali norme di accesso alla pensione in Italia sono fra le più restrittive al mondo: la generazione che accede adesso al mercato del lavoro in Italia andrà in pensione in media a 71 anni di età contro una media internazionale di 66 anni. Il vero problema, tuttavia, non è quando ma come si andrà in pensione”. Per questo, secondo il Segretario generale della Cisl, è necessaria una riforma delle pensioni “che metta mano al sistema di calcolo, ma anche una riforma del lavoro ed efficaci politiche attive per favorire il cambio generazionale e quindi l’occupazione giovanile, la crescita professionale e una remunerazione adeguata”.
L’ANALISI DI MARINO
Mauro Marino, in un articolo pubblicato su pensionipertutti.it, sottolinea invece che non deve allarmare solo la previsione di una futura età pensionabile a 71 anni, quanto il fatto che secondo l’organizzazione internazionale la spesa previdenziale italiana “è tra le più alte tra i Paesi Ocse ed è pari al 15,4% del Pil”. Dal suo punto di vista, “è la solita questione della previdenza che viene conteggiata assieme all’assistenza, quando basterebbe scorporare le due voci per far scendere il costo della previdenza a meno del 13% del Pil perfettamente in linea con gli altri Paesi. Inoltre, il costo delle pensioni in Italia viene calcolato al lordo delle imposte per cui su una spesa di circa 290 miliardi di € l’anno ben 50 di questi ritornano all’erario sotto forma di imposte”.
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