I DATI SULLE PENSIONI DI CITTADINANZA

In tema di riforma pensioni ci sono da registrare i nuovi dati riportati da Il Sole 24 Ore in merito alle pensioni di cittadinanza. A metà luglio, sono state accolte 112.000 domande dall’Inps, per un totale di 128.000 persone coinvolte, considerando che le istanze riguardano nuclei familiari. “L’importo medio della prestazione è di 207 euro, con una piccola oscillazione a seconda che il percettore viva in casa di proprietà con mutuo o senza, oppure paghi un affitto”. Dai dati risulta anche che il 51% dei beneficiari vive al Sud, contro il 30% del Nord e il 19% del Centro. Gli italiani sono il 97% (più di 124.000 persone), mentre i cittadini dell’Ue sono 983 e quelli extracomunitari 1.961. I numeri sono di molto inferiori alle stime governative dello scorso anno. Secondo le previsioni del quotidiano di Confindustria, infatti, nella migliore delle ipotesi si supererà di poco un quarto della platea stimata. Tuttavia non è chiaro a quanto ammonterà il risparmio rispetto alle risorse stanziate, dato che la pensione di cittadinanza viene considerata parte integrante del reddito di cittadinanza.



ESODATI, PROBLEMA IRRISOLTO

Ancora, nonostante gli ultimi provvedimenti di riforma pensioni, resta irrisolto il problema dei circa 6.000 esodati rimasti esclusi dalle otto salvaguardie approvate dopo la Legge Fornero. Il sito del Giornale riporta le parole di Elisabetta Rombolà, insieme a Gabriella Stojan coordinatrice dei Comitati “6.000 Esodati Esclusi” ed “Esodati Contributori Volontari”: “Abbiamo fornito al ministero la domanda corretta da porre all’Inps per determinare l’entità della platea. Ora anche Durigon rilascia dichiarazioni contrastanti. Una volta ha detto che gli esodati erano molti meno dei 6mila perché tanti sono stati salvati con quota 100, cosa non vera perché gli esodati non hanno gli anni di contributi necessari. In altre dichiarazioni ha detto che l’Inps non gli fornisce i dati e lui non è in grado di trovarli, ma ciò è impossibile perché l’Inps li ha. E poi l’Inps è un ente esecutore: se non ha la norma di riferimento, e cioè chi è ‘l’esodato’ in base alla nuova legge che ancora non esiste, non può rispondere. Le docce fredde sono continue. È inutile che Durigon continui a dare interviste così ambigue che generano ansie in tutti noi. Noi vogliamo una norma per tornare a esistere”.



DURIGON “DOMANI SCATTA QUOTA 100 PER STATALI”

Come già ampiamente annunciato nei giorni scorsi, il Governo sta per aprire ufficialmente la finestra delle pensioni per tutti quei lavoratori statali che potranno uscire dal lavoro attraverso la riforma di Quota 100 dal 1 agosto 2019. «Da domani primo agosto potranno andare in pensione anche i dipendenti del pubblico impiego», ha ricordato questa mattina in Parlamento il Sottosegretario al Lavoro, il leghista Claudio Durigon. «Si calcola che tra luglio e settembre circa 34mila persone usciranno dal mondo del lavoro per lasciare spazio a nuovi occupati» ha spiegato ancora l’esponente di Governo in quota Lega, secondo il quale comunque «quando quindi avremo il turn over anche del pubblico impiego i dati sull’occupazione miglioreranno ulteriormente». Per Durigon la Quota 100 non solo ha permesso di far andare in pensione «meritatamente migliaia di italiani» ma, conclude, «sta liberando concretamente nuovi posti di lavoro per i giovani che fino a ieri avevano avuto le porte del lavoro sempre chiuse. Promessa mantenuta». (agg. di Niccolò Magnani)



IL BILANCIO NEGATIVO DEI SINDACATI

In una nota riportata da siciliaunonews.com, Spi-Cgil, Fnp-Cisl e Uilp-Uil della Sicilia fanno sapere che a Enna si è svolto un incontro tra i Segretari generali regionali Maurizio Calà, Alfio Giulio e Antonino Toscano. “Le sigle dei pensionati di Cgil, Cisl e Uil hanno fatto il punto della situazione sulle politiche sociali messe in atto sia dal governo regionale che da quello nazionale, tracciando un bilancio negativo anche in relazione al mancato ripristino della rivalutazione delle pensioni e all’assenza di provvedimenti finalizzati alla riduzione della tassazione, argomenti che saranno oggetto di un incontro fissato per il prossimo 11 settembre a Roma”. “Complessivamente è possibile affermare che né il Governo nazionale, né quello regionale stiano lavorando nella direzione di mantenere gli impegni assunti, aggravando così una situazione già drammatica che affligge non soltanto anziani e pensionati, ma, più in generale, i cittadini siciliani e italiani”, fanno sapere i sindacalisti, che non escludono, dopo la pausa estiva, di programmare “tutte le iniziative necessarie per correggere la situazione in atto”.

GLI EFFETTI DELLO SPREAD

Oltre che di riforma pensioni, ultimamente si è tornati a parlare di spread, visto che il differenziale tra Btp e Bund non è rimasto a lungo sotto la soglia dei 200 punti base. Sul tema un articolo sul Sole 24 Ore cerca di spiegare con un esempio perché lo spread deve provocare timori, anche sulle pensioni: “Mettiamo che lo Stato incassi 100 euro di tasse e che ne usi 10 per pagare gli interessi sul debito e il resto per pagare stipendi, pensioni, scuole, ospedali, strade e altri servizi. Quando sale lo spread sale la spesa per interessi che da 10 può diventare 15 o 20, sottraendo risorse al resto. Se lo Stato non taglia la spesa per far quadrare i conti dovrà: alzare le tasse oppure fare deficit, cioè spendere più di quanto incassa. Ma attenzione però. Perché senza maggiori entrate fiscali lo Stato rischia di dover coprire il buco del deficit facendo nuovo debito. E se sale il debito sale lo spread. E se sale lo spread sale la spesa per interessi col rischio di innescare un pericoloso circolo vizioso”.

RIFORMA PENSIONI, LA DENUNCIA DI FEDERCONTRIBUENTI

La riforma pensioni non si è occupata di previdenza complementare, ma sul tema Federcontribuenti denuncia “una assenza totale di informazioni sulla destinazione finale dei versamenti e nessuna rendicontazione sulla rivalutazione. Invitiamo tutti i lavoratori di qualunque categoria a controllare la propria busta paga al fine di conoscere quanto versato, a chi e quanto accantonato. Per non parlare delle somme versate sulla busta paga in favore di Enti e casse a fini assistenziali che trattengono somme direttamente in busta e che nessuno richiede perché a insaputa del lavoratore stesso che non viene adeguatamente informato”. Per Federcontribuenti ci sono alcune criticità nel sistema, come per esempio il fatto che “i lavoratori a contratto o licenziati o che hanno cambiato categoria di lavoro perdono totalmente ogni euro versato e ciò è incostituzionale poiché, la nostra Costituzione, salva il risparmio accumulato”.

I PROBLEMI DELLA PREVIDENZA COMPLEMENTARE

La Federazione fa anche presente che “nel 2018 il flusso complessivo di Tfr generato nel sistema produttivo è stato stimato in circa 26,4 miliardi di euro; di questi, 14,5 mld sono rimasti accantonati presso le aziende, 6 mld versati alle forme di previdenza complementare e 6 miliardi destinati al Fondo Tesoreria e ci chiediamo: come vengono investiti questi soldi? Chi ci guadagna? Dove è l’aiuto o l’opportunità per chi tenta di accantonare fondi da integrare alla pensione INPS se tra costi e paletti solo il 20% di tutti i lavoratori avrà la fortuna di vedersi versare mensilmente un contributo cospicuo di integrazione alla vecchiaia?”.