ORLANDO FISSA IL TIMING PER LA RIFORMA PENSIONI
Inevitabilmente a fine anno la riforma pensioni di Quota 100 scade e non sarà rinnovata, come hanno più volte confermato tutti i maggiorenti del Governo Draghi: per capire però quale sarà la nuova legge che regolerà la previdenza italiana, occorre attendere ancora qualche settimana. La conferma arriva dal Ministro del Lavoro Andrea Orlando intervistato stamane da Radio 24: «Le risorse sono limitate, i governi lavorano sull’extra deficit ma a fine anno scadrà Quota 100 e noi discuteremo su come affrontare questo passaggio», sottolinea l’ex vicesegretario Pd, «Adesso dobbiamo concentrarci su due obiettivi fondamentali che sono la riforma degli ammortizzatori sociali e un piano d’accordo con le regioni per il lavoro, poi rifletteremo e ci confronteremo sul resto. Non troppo in là ma sicuramente non subito». (agg. di Niccolò Magnani)
LE PAROLE DI VAROUFAKIS
Come riporta lantidiplomatico.it, l’ex ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis, intervistato da Daniel Denvir della Lannan Foundation and Haymarket Books, ha ricordato come per l’Italia e altri Paesi europei presto potranno arrivare misure di riforma pensioni all’insegna dei tagli. “Il nostro governo, come quello italiano e spagnolo sta per avere un deficit di bilancio del 15% del Pil. Per passare da meno 15 a zero, è necessario un’austerità di tagli di almeno il 10%. Tagli alle pensioni, ai salari, riduzione degli investimenti nel settore sanitario. Quando i greci, gli italiani i tedeschi pensano nel 2021 di risvegliarsi da questo pantano del Covid-19, cosa succederà? Un enorme martello li colpirà. La mazza dell’austerità derivanti dalle stupide regole fiscali. Questo è un altro modo dell’Unione europea di non adempiere ai suoi doveri”, sono state le sue parole. Intanto, come ricorda l’edizione pratese della Nazione, i sindacati hanno sollecitato l’Inps ad adottare misure che possano garantire ai pensionati il diritto di accedere ai cedolini dopo la scelta di utilizzare lo Spid per entrare nell’area riservata del sito Inps.
M5S RICORDA IL TAGLIO DELLE PENSIONI D’ORO
Con un post sulla propria pagina Facebook pubblicato nel fine settimana, il Movimento 5 Stelle ha ricordato la misura di riforma pensioni del Governo Conte-1 che ha previsto il taglio degli assegni più alti, evidenziando che ha “posto fine ad un’odiosa ingiustizia e approvato una norma di equità sociale. Per anni, infatti, alcune persone hanno percepito una pensione di lusso. Fino ad arrivare a 90 mila euro a mese in alcuni casi, a spese della collettività. Un vero e proprio schiaffo alla povertà, che non era più tollerabile, e a cui noi abbiamo posto rimedio, facendo risparmiare molto denaro alle casse dello Stato”. M5s ha sottolineato che su iniziativa del Presidente della Camera Roberto Fico è stata “votata una delibera, seguendo gli stessi principi, che prevede il taglio di tutte le pensioni erogate da Montecitorio sopra i 100mila euro per un risparmio di 20 milioni all’anno”. “Il MoVimento 5 Stelle si è da sempre opposto a questi soprusi ai danni della stragrande maggioranza degli italiani e, appena siamo arrivati al Governo, li abbiamo cancellati, anche per rispetto di tutti coloro che, per decenni, hanno versato i contributi per la nostra pensione”, è la conclusione del post.
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI CAZZOLA
Ancora non sono note le intenzione del Governo Draghi in tema di riforma pensioni. Secondo Giuliano Cazzola, in assenza di esplicite dichiarazioni del Premier, si direbbe “che vi sia una certa convergenza su di una forma di pensionamento anticipato che riecheggi quota 100 (magari con qualche requisito differente sia più severo che più lasco) sia come via d’uscita di carattere generale, ovvero consentita solo a particolari figure professionali (le donne e le categorie disagiate)”. In un articolo pubblicato su interris.it, l’ex deputato evidenzia però che “il punto dirimente riguarda il calcolo: se interamente contributivo anche per il periodo pregresso sottoposto alle regole del retributivo oppure (come chiedono i sindacati) continuando a distinguere i due periodi”.
LA POLITICA CHE NON AIUTA LE GENERAZIONI FUTURE
È chiaro che nella seconda ipotesi, in taluni casi “sarebbe prevista anche una penalizzazione economica per ogni anno di anticipo”. Cazzola ritiene che “sia sbagliato piegare il sistema pensionistico ad esigenze congiunturali e a preferire il trattamento anticipato anche a scapito dell’importo della pensione. Non è certo questa una politica utile alle generazioni future destinate ad entrare nel mercato del lavoro stabilmente anni dopo i loro padri e a ritrovarsi quindi – poco più che sessantenni – con anzianità di servizio più ridotte. Con le relative conseguenze sulla ‘qualità’ dell’assegno”. È ovvio infatti che con il sistema contributivo pieno gli assegni saranno di importo più ridotto e il numero di anni di contribuzione sarà ancora più importante rispetto a oggi.