CONFERMATA LA “CORSIA PREFERENZIALE” INPS PER QUOTA 100

Nel 2019 Repubblica aveva denunciato l’esistenza di una sorta di “corsia preferenziale” per la liquidazione delle pensioni derivanti da domande di accesso a Quota 100 a discapito delle altre. Questo per ragioni politiche legate al fatto che la norma di riforma pensioni del Governo Conte-1 era stata appena varata. Il quotidiano romano oggi trova conferma di quanto scritto all’epoca nel rendiconto sociale del Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Inps, secondo cui “i dati dimostrano che vi è stato un preciso indirizzo politico volto a privilegiare le pensioni liquidate con Quota 100”. “L’84% di assegni di Quota 100 nel 2019 sono stati liquidati entro 15 giorni, contro il 67% delle pensioni di vecchiaia, anzianità, invalidità, indirette e ai superstiti. Ma quel che è peggio, il 17,4% delle ‘normali’ registra da un minimo di 30 a oltre 120 giorni di attesa, contro appena il 3,3% di Quota 100”. Questi i numeri riportati da Repubblica, che ricorda come al momento non si sappia ancora come sarà il sistema pensionistico post-Quota 100.



BRAMBILLA, L’OPZIONE PER LA PENSIONE ANTICIPATA

Non sono poche le ipotesi per andare in pensione una volta conclusa la riforma di Quota 100 a fine anno: oggi sul Corriere della Sera il Presidente di Itinerari Previdenziali Alberto Brambilla ha provato ad elencarle nel dettaglio in attesa di un primo vero confronto al tavolo del Ministero del Lavoro con le parti sociali. Resta sempre attiva ad oggi la “quota 87” ovvero pensioni con 67 anni di età anagrafica, adeguata all’aspettativa di vita, con soli 20 anni di contribuzione al sistema pensionistico obbligatorio. Una seconda ipotesi è però ben più “attrattiva” per i lavoratori e riguarda la possibilità di uscire dal mondo del lavoro con 42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva (41 e 10 mesi per le donne): tali pensioni anticipate, spiega Brambilla, «non saranno adeguati alla aspettativa di vita fino al 2026, indipendentemente dall’età anagrafica». Consentono la quiescenza tra i 60 e 66 anni di età e 5 mesi di “sconto” rispetto alla legge Fornero, ma il requisito è destinato a crescere nei prossimi anni: quello però che appare all’orizzonte, sottolinea Brambilla, «è probabile che questo adeguamento che non ha uguali negli altri Paesi, verrà definitivamente abolito». (agg. di Niccolò Magnani)



LE PAROLE DI LEONI

Ancora non è stato posto rimedio alla situazione che vede il personale sanitario in quiescenza tornato in servizio per le vaccinazioni fare i conti con la sospensione dell’erogazione dell’assegno. Come spiega Giovanni Leoni, per risolvere la situazione, basterebbe “rivedere il bando dello scorso dicembre correggendo alcune voci. Mi riferisco all’esenzione dai contributi. I medici li pagano ma devono essere cumulabili ai fini della pensione. Già viene fatto così per i dipendenti ospedalieri che hanno dato la loro disponibilità a vaccinare durante i turni del fine settimana. Prendono 60 euro lordi all’ora: ci pagano le tasse ma sono cumulabili. Sarebbe opportuno fare in modo che siano cumulabili anche gli stipendi dei medici pensionati, prevenendo un problema che, nei prossimi mesi, potrebbe diventare reale”, è il suggerimento del vicepresidente della Fnomceo riportato dal Giornale. Intanto, sempre in tema di riforma pensioni, Tuttosoldi, l’inserto della Stampa, ricorda che i contributi versati da chi ritorni al lavoro dopo essere andato in pensione diventano “supplemento” se finiscono nella stessa gestione che paga la pensione, oppure “pensione supplementare” se versati in una gestione diversa.



GIORGIA MELONI E IL TAGLIO DELLE PENSIONI D’ORO

Domani uscirà nelle librerie “Io sono Giorgia”, libro di Giorgia Meloni che, come si intuisce dal titolo, è un racconto autobiografico. La leader di Fratelli d’Italia, come si legge in alcuni stralci riportati da Adnkronos, affronta anche un tema di riforma pensioni a lei caro, ovvero quello del taglio delle pensioni d’oro, che definisce una sua “antica battaglia”, che è stata però poi purtroppo “sposata anche dai grillini che, puntualmente, l’hanno ridicolizzata e affossata. Ma ancora oggi sono convinta che sia una rivendicazione sacrosanta”. Meloni specifica di non aver nulla contro le pensioni alte frutto dei contributi versati, ma di essere “contro le ingiustizie e le furbate” come quelle degli “assegni da 30.000 euro al mese ottenuti grazie a leggi fatte apposta per favorire alcuni pochi fortunati a discapito di tutti gli altri”. Per questo la sua proposta è quella di fare in modo che sulle pensioni sopra i 5.000 euro al mese vengano fatte delle verifiche per capire se sono o meno frutto dei contributi versati e nel caso di ricalcolarle.

RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI RIVA

Il Segretario generale della Cgil di Lecco, Diego Riva, ricorda come spesso i pensionati ricevano assegni sotto i mille euro al mese. Per questo, come riporta l’edizione lecchese del Giorno, per il sindacalista occorrono interventi per tutelare il potere d’acquisto dei pensionati, estendendo anche la platea dei beneficiari della quattordicesima. “Le pensioni non sono una spesa pubblica, ma uno strumento di coesione sociale universale e solidale”, evidenzia Riva, secondo cui occorre superare la Legge Fornero, perché “se si dovesse mantenere questa impostazione in futuro le persone rischieranno di andare in pensione con un’età anagrafica di 70 anni o con 45 di contribuiti versati. Questo meccanismo è fuori logica, non lo condividiamo”. Di fatto il dirigente della Cgil riprende le istanze del suo sindacato, della Cisl e della Uil in tema di riforma pensioni.

LA CIRCOLARE INPS PER COMMERCIANTI E ARTIGIANI

Non a caso aggiunge che “anche per questo equilibrato ragionamento chiediamo di uscire dal mondo del lavoro con meccanismi flessibili dai 62 anni di età, oppure con 41 anni di contributi”. Intanto, come ricorda pensionioggi.it, con una recente circolare l’Inps ha spiegato che per quanto riguarda la contribuzione indebitamente versata alle gestioni speciali dei lavoratori commercianti e artigiani, “se non dovuta l’assicurato può chiederne il rimborso ma entro il termine ordinario di prescrizione”, che è fissato in dieci anni. “Se il termine è spirato i contributi non dovuti vengono definitivamente incamerati dall’Inps e non potranno essere in alcun modo valorizzati ai fini pensionistici (in sostanza vanno perduti)”.