Un accordo su qualche punto si potrà anche trovarlo martedì a Palazzo Chigi, ma non viene escluso dagli stessi sindacati che la “rottura” del tavolo possa avvenire tout court sulla riforma pensioni: a quel punto gli scenari potrebbero essere molteplici, ma non solo lo sciopero generale potrebbe complicare i piani del dialogo con le parti sociali.



Come nota Massimo Franchi su “Il Manifesto”, a spaventare le sigle nazionali vi sarebbe il possibile “trasferimento” dell’inquilino da Palazzo Chigi al Quirinale: con Draghi al Colle infatti potrebbe stopparsi e ritardare ulteriormente il percorso di confronto tra Governo e sindacati sulla prossima riforma dal 2023 in poi. Per questo la Cgil punta ad avere un accordo già prima dell’elezione del prossimo Presidente della Repubblica: «Non ci può essere un primo tempo e poi un secondo tempo, che poi non vedremo, come è successo in passato perché poi i governi cambiano – ha spiegato ieri il segretario Landini – . Martedi vogliamo chiedere al governo che si impegni ad avviare un confronto che accompagni questa discussione sulla legge di Bilancio sia per apportare miglioramenti sia per una vera riforma delle pensioni». (agg. di Niccolò Magnani)



LA PROPOSTA DI DRAGHI

Se da un lato i sindacati si dicono pronti allo sciopero nazionale su pensioni e fisco qualora l’incontro di martedì a Palazzo Chigi non soddisfi appieno le loro aspettative, sul fronte Governo la proposta sulla riforma previdenziale non varia molto dall’ultima discussione avuta in sede di Manovra di Bilancio.

L’idea è sempre quella di una maggiore flessibilità in uscita (il che va nella direzione auspicata da sindacati ma anche dalla Lega) con l’uscita a 62 anni con però il sistema contributivo per tutti, abbandonando il “misto” e le varie “quote”. Si torna nei fatti ad una legge “simile” alla Fornero ma con una maggiore flessibilità, come auspicato dal Ministro del Lavoro Andrea Orlando: rispondendo ai cronisti la scorsa settimana, l’ex Guardasigilli Pd sottolineò come «Tornare al contributivo non significa necessariamente tornare alla Fornero com’era: lo sforzo che si può fare è mantenere l’impianto contributivo, ma costruire elementi di flessibilità che consentano di evitare alcune rigidità e andare così incontro ad alcune delle istanze del sindacato». Cgil, Cisl e Uil non ci stanno al ritorno per la riforma Fornero e propongono uscita a 62 anni oppure la Quota 41 a prescindere dall’età dei lavoratori, tesi però già scartata dal Governo per il costo elevato che avrebbe per lo Stato. (agg. di Niccolò Magnani)



RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI LANDINI E SBARRA

I sindacati si preparano per l’incontro con il Governo di martedì riguardante la riforma delle pensioni. Come riporta Lapresse, Maurizio Landini, dalla manifestazione di ieri a Roma dei lavoratori edili, ha detto: “Abbiamo bisogno di di una vera riforma delle pensioni ci aspettiamo una risposta precisa” “Non possiamo continuare ad avere un sistema pensionistico che ha portato l’età di uscita a 67 anni. Bisogna introdurre una flessibilità da 62 anni”, ha aggiunto il Segretario generale della Cgil stando a quanto riporta il sito del Secolo d’Italia. Per Luigi Sbarra “non si va lontano con soluzioni tampone come quota 102”, perché “è una misura improvvisata sbagliata e non condivisa, nasconde un inesorabile ritorno all’iniquità delle legge Fornero”.

LE DICHIARAZIONI DI BOMBARDIERI

Come riporta il sito di Repubblica, secondo il Segretario generale della Cisl, la Legge Fornero “va cambiata, rimodulata e riformata con impianto equo, sostenibile e flessibile. La strada è quella di una riforma complessiva, stabile e profonda” delle pensioni. Intervenendo il giorno prima della manifestazione sindacale a Sky Tg24 Economia, Pierpaolo Bombardieri, Segretario generale della Uil, come riporta Teleborsa, ha evidenziato la necessità “di mettere una pezza alle tante cose che la Fornero ha lasciato aperte. La prima è che considera tutti i lavori allo stesso modo, cosa per noi inconcepibile. È opportuno dare ai lavoratori usuranti la possibilità di uscire prima. Poi serve una risposta per i giovani con un percorso lavorativo e contributivo non lineare negli anni. Chiediamo per loro una pensione di garanzia”.

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