USCITA PENSIONE ANTICIPATA: L’OPZIONE FLESSIBILE

Con la scadenza della riforma pensioni di Quota 100 è ormai risaputo che il Governo Draghi dovrà porre nei prossimi mesi una nuova legge che normi il mondo previdenziale, dando anche respiro alle casse Inps, messe a dura prova dalle crisi economiche del Covid. Nelle 6 proposte inviate dai sindacati al Ministro del Lavoro Orlando, particolare importanza pare avere la cosiddetta “età flessibile”. Si tratta dell’ipotesi di estendere la Legge Dini sulle pensioni per chi ha l’intero assegno in regime contributivo (lavoratori che hanno cominciato a lavorare dal 1996 in poi) e ai lavoratori più anziani che vivono in regime misto (retributivo fino al 1995, contributivo dopo). In quella riforma degli anni Novanta il pensionamento era fissato a 64 anni di età, se l’importo era pari ad almeno 2,8 volte l’assegno sociale (1.288 al mese): ebbene, secondo i sindacati «l’età dovrebbe essere abbassata a 62 anni, il calcolo restare misto e la soglia di accesso ridotta a 1,2-1,5 volte la pensione sociale», rilancia il Corriere della Sera. Più probabile l’accettazione di un’altro elemento della riforma pensioni “flessibile”, ovvero l’estensione dei 64 anni di uscita con l’assegno calcolato tutto col contributivo. (agg. di Niccolò Magnani)



RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI ORLANDO

Il ministro del Lavoro Andrea Orlando, intervistato dalla trasmissione Radio anch’io, in onda su Radio 1, ha parlato di proroga del blocco dei licenziamenti e di riforma degli ammortizzatori sociali, ma ha in qualche modo risposto anche alla sollecitazione, arrivatagli dai sindacati, di riaprire il confronto sulla riforma pensioni. Orlando ha spiegato che il confronto ripartirà, ma prima occorre pensare “alle emergenze, che sono innanzitutto la riforma degli ammortizzatori sociali e le politiche attive del lavoro”, tra l’altro non semplici da mettere a punto, ma comunque cruciali per il momento in cui scadrà il blocco dei licenziamenti. Inoltre, vi sono “altre due cose che dobbiamo affrontare immediatamente”, ovvero “la crescita della disoccupazione femminile e le vaccinazioni sui luoghi di lavoro”. Dunque, secondo il ministro del Lavoro, solo una volta che verranno “impostati questi quattro punti che emergono dal quadro che stiamo vivendo” si potrà riaprire il confronto avviato dal precedente esecutivo in tema di pensioni.



CGIL, CISL E UIL SCRIVONO A ORLANDO

Dai sindacati arriva una richiesta al Governo per riaprire il confronto sulla riforma pensioni. I segretari confederali Roberto Ghiselli, Ignazio Ganga e Domenico Proietti hanno infatti scritto una lettera al ministro del Lavoro Andrea Orlando in cui evidenziano la necessità e l’urgenza di “disegnare una riforma strutturale del sistema previdenziale che superi le attuali rigidità e che decorra dal gennaio 2022, alla scadenza di Quota 100”. Secondo i sindacalisti, “la riforma complessiva del nostro impianto previdenziale dovrà prevedere la possibilità di accesso flessibile alla pensione, il riconoscimento della diversa gravosità dei lavori, la valorizzazione del lavoro di cura e del lavoro delle donne”. Dal loro punto di vista è arrivato inoltre “il momento di prevedere un meccanismo che tuteli le future pensioni dei giovani, in particolare coloro che hanno carriere discontinue con basse retribuzioni, garantire un maggior potere d’acquisto per i pensionati e promuovere le adesioni alla previdenza complementare”.



RIFORMA PENSIONI, LA PREVIDENZA COMPLEMENTARE NELLA PA

Si sta parlando molto dei progetti di riforma della Pubblica amministrazione orientati a un turnover dei dipendenti pubblici che dovrebbe passare anche da prepensionamenti di quanti sono più vicini a maturare i requisiti necessari all’ingresso in quiescenza. Nel Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale siglato da Governo e sindacati c’è anche un passaggio importante che prefigura novità in tema di riforma pensioni per quel che riguarda la previdenza complementare degli statali. Si legge infatti che si ritiene necessario “implementare gli istituti di welfare contrattuale, anche con riguardo al sostegno alla genitorialità con misure che integrino e implementino le prestazioni pubbliche, le forme di previdenza complementare e i sistemi di premialità diretti al miglioramento dei servizi, estendendo anche ai comparti del pubblico impiego le agevolazioni fiscali previste per i settori privati a tali fini”.

LE PAROLE DI MARTA FANA

Un passaggio, quello del documento siglato a palazzo Chigi, che ha attirato l’attenzione di Marta Fana. Secondo l’economista, “sostanzialmente il pubblico impiego chiede un rinnovo contrattuale non soltanto su base salariale, ma di integrare il welfare aziendale”. Il problema è che lo scambio che si viene a creare tra welfare aziendale ed erosione del potere di acquisto dei salari “è un baratto tutto a perdere per la società e viene da chiedersi quali siano gli interessi dei sindacati dentro le mutue assistenziali o previdenziali private”, sono le parole di Fana riportate da radiocittafujiko.it