LA POSIZIONE DEI SINDACATI DEI BANCARI
Come noto, per le prossime tre mensilità ci sarà la possibilità per alcuni pensionati di ritirare in posta anticipatamente la propria pensioni: una misura resasi necessaria per evitare assembramenti agli uffici postali, tanto che si è scelto di prevedere degli scaglioni per iniziale di cognome. Una scelta che Fabi, Fisac-Cgil, First-Cisl, Ulica e Ugl Credito chiedono di adottare anche per le banche. I sindacati hanno infatti scritto, come spiega corriere.it, a Federcasse, ai gruppi Iccrea e Cassa Centrale banca oltre che alla Federazione Raiffeisen proponendo “il pagamento delle pensioni su giorni diversi in base al cognome del pensionato, come farà Poste Italiane, o attraverso l’obbligo di un appuntamento fissato telefonicamente”. Le organizzazioni sono infatti piuttosto preoccupate per i rischi che i bancari corrono, visto che la loro attività è a stretto contatto con la clientela, e chiedono che vengano utilizzati gli sportelli atm multifunzione per svolgere molte delle attività, come quella del prelevamento in contanti dal proprio conto corrente.
LE PAROLE DI COLOMBANI
Il Segretario generale della First-Cisl, Riccardo Colombani, ritiene che sia un errore tenere le banche aperte in questi giorni di emergenza legata al coronavirus. “Quel che il governo mostra di non comprendere, così come l’Abi e Federcasse, è che garantire i servizi bancari non significa automaticamente tenere le banche aperte. In realtà la legge 146 del 1990 , su cui l’esecutivo fonda le sue decisioni, restringe molto la nozione di ‘servizio pubblico essenziale’ in riferimento agli istituti di credito, limitandola al solo pagamento di stipendi e pensioni. E ciò perché stipendi e pensioni sono necessari ‘al soddisfacimento delle necessità della vita attinenti a diritti della persona costituzionalmente garantiti’”, scrive il sindacalista sul suo blog all’interno del sito della First. Dal suo punto di vista l’esecutivo “non può pensare di lasciare le banche libere di autoregolamentarsi, senza discernere tra i servizi indispensabili, che possono essere sostanzialmente garantiti a distanza, e quelli che non lo sono”.
IL SONDAGGIO DEMOS-UNIPOLIS
Ilvo Diamanti, sulle pagine di Repubblica, presenta i risultati di un sondaggio condotto da Demos-Unipolis relativo alla percezione e alle paure degli italiani di fronte all’emergenza coronavirus. Una delle domande poste è di sicuro interesse nell’alveo del dibattito relativo alla riforma pensioni che non si ferma nemmeno in questi giorni. Tra le paure economiche degli italiani, risulta al primo posto quella per il futuro dei propri figli, per il 53% degli intervistati, quando a gennaio lo era per il 45%. La seconda preoccupazione, con il 44% degli interpellati, risulta essere la perdita del posto di lavoro determinata dalla crisi. Due mesi fa, il dato era del 36%. Cresce però anche il timore di perdere la propria pensione, timore condiviso tra il 42% degli intervistati, mentre a gennaio si era al 35%. Non è ben chiaro quale potrebbe essere la causa della perdita dell’assegno pensionistico nella percezione degli intervistati. Il timore potrebbe essere quello di manovre economiche che andassero a decurtare le pensioni in essere.
CASTELLI SU QUOTA 100
In una intervista al Corriere della Sera, la viceministro all’Economia Laura Castelli ha voluto chiarire cosa potrebbe succedere nel pieno dell’emergenza coronavirus se, per esempio, si dovesse scegliere di stoppare Quota 100 per recuperare risorse importanti da destinare a famiglie ed aziende. Ebbene, l’esponente M5s spiega che al momento i futuri pensionandi non devono temere sulla sperimentazione della riforma pensioni che dovrebbe arrivare fino a fine scadenza. Il “però” è sempre dietro l’angolo, come ammette la stessa Castelli «Quando accadono cose straordinarie guardi tutto con occhi diversi. Nel settore sanitario e delle forze dell’ordine ci è stato chiesto di lasciare libertà di rimanere in servizio e lo abbiamo fatto. Poi questo evento dovrà ritarare tutta una serie di cose mentre ci sta facendo fare passi da gigante nella digitalizzazione della Pubblica amministrazione. Di certo non faremo come nel 2001, quando è stata tagliata la Sanità, o nel 2008, quando tutto venne scaricato sulla flessibilità del lavoro». (agg. di Niccolò Magnani)
CALENDA CONTRO SALVINI
Dopo averlo fatto tramite Twitter, ricordandogli che quand’era al Governo aveva scelto di puntare sulla riforma pensioni con Quota 100 piuttosto che sulla sanità, Carlo Calenda è tornato all’attacco di Matteo Salvini dai giornali, in un’intervista ad Avvenire. All’ex ministro dello Sviluppo economico è stato infatti ricordato che il leader della Lega chiede uno stop del pagamento delle tasse per tre anni per aiutare le imprese a far fronte all’impatto del Covid-19. “Vorrebbe dire far saltare la sanità, le pensioni. Vorrebbe dire il fallimento dello Stato. Salvini non ha responsabilità di governo ed è un maestro nel giochino al rialzo. Oggi però c’è un Paese alle corde e serve solo una cosa: responsabilità”, ha detto Calenda, secondo cui le tasse “vanno sospese per tutto il periodo di chiusura. Poi da gennaio si riprenderà a pagare con un piano di dodici rate”. Dal suo punto di vista, il decreto cura Italia “è troppo piccolo ed è enormemente complicato. Servivano 50 miliardi. Per sospendere sul serio le tasse”.
RIFORMA PENSIONI, IL CONDONO DELL’INPGI
Nei mesi scorsi l’Inpgi era riuscito a varare una sua autonoma riforma pensioni per cercare di tenere in equilibrio i conti. Compito non facile e di cui si vedranno più in là i frutti. Come ricorda il sito di Ipsoa, tra le varie misure l’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani ha previsto anche un condono dei contributi dovuti e non versati dalle aziende editoriali. “La sanatoria prevede il versamento di ‘somme aggiuntive’ di importo inferiore alle sanzioni altrimenti dovute, per un importo variabile che, comunque, non eccede il 25% dei contributi non versati. Per fare domanda, c’è tempo fino al 31 agosto 2020”. Oltre dunque al pagamento della contribuzione dovuta e non versata, si dovrà versare “una somma aggiuntiva, sostitutiva delle sanzioni civili ordinariamente dovute, pari al 3% annuo dei contributi non pagati. Tali somme aggiuntive non possono comunque eccedere l’importo massimo pari al 25% dei contributi non pagati”.
LA SCADENZA PER PRESENTARE LE ISTANZE
Le istanze per aderire alla sanatoria vanno presentate all’Inpgi entro il 31 agosto 2020. In tal senso faranno fede il timbro postale o l’inoltro della Pec in caso di domanda via mail. L’importo potrà essere rateizzato, con un tasso dell’1,5% annuo, “fino a: 12 mesi, se l’importo in rateazione è inferiore ad euro 20.000; 24 mesi, se l’importo in rateazione è compreso tra euro 20.001 ed euro 50.000 euro; 36 mesi, se l’importo in rateazione è superiore ad euro 50.001 euro”. “Il mancato pagamento di due rate anche non consecutive comporta – per il debito residuo – la decadenza dai benefici del condono.