LA RICHIESTA DELLA CIA PUGLIA

L’Associazione nazionale pensionati aderente alla Cia Puglia evidenzia, tramite il suo Presidente Francesco Tinelli, come tra i provvedimenti varati dal Governo non ci sia nulla per gli agricoltori. In questo settore che non si è fermato durante il lockdown hanno lavorato anche ex agricoltori pensionati, ai quali, secondo, Raffaele Carrabba, presidente della Cia Puglia, andrebbe riconosciuto un “bonus alla pari degli altri lavoratori. Parliamo nella stragrande maggioranza dei casi di pensionati ancora con una partita Iva attiva e che, dopo oltre 40 anni di contributi, percepiscono una pensione integrata al minimo; ed è anche per questo che sono costretti a continuare a lavorare nei campi come titolari di aziende o quanto meno a collaborare gratuitamente nella conduzione delle aziende di famiglia per sopperire alla carenza di manodopera”. La richiesta, più nello specifico, è quella di un bonus forfettario di 500 euro “o comunque di un importo pari alla differenza tra la pensione percepita e il raggiungimento della somma di mille euro di pensione mensile”.



CAZZOLA CONTRARIO A NUOVI INTERVENTI

Secondo Giuliano Cazzola, non si dovrebbe pensare a nuovi interventi in materia di riforma pensioni, ma sarebbe “sufficiente mantenere le deroghe introdotte nel 2019 (lo conferma uno come me che quelle norme ha criticato) in una logica di ammortizzatore sociale – potremmo chiamarlo – definitivo, nel senso che chi raggiunge quota 100 o i requisiti per la pensione ordinaria di anzianità bloccati fino a tutto il 2026, ha un approdo in un porto sicuro in una situazione che porrà parecchi problemi sul versante dell’occupazione”. Intervistato da pensionipertutti.it, l’ex deputato spiega che a suo avviso “rimane un quadro di tutele sufficientemente adeguato. Non dimentichiamo che oltre alle forme in vigore per il pensionamento, è possibile fare ricorso all’Ape sociale (non sono mai riuscito a capire perché questo strumento non possa essere utilizzato da quanti si ritengono ancora esodati), ad opzione donna e ai benefici previsti, in tema di requisiti per il pensionamento, per il lavoro gravoso e disagiato (una tipologia diversa dal lavoro usurante)”.



UIL “BENE SMART WORKING, AIUTA PENSIONI

In una lunghissima nota la Uil Toscana risponde alle problematiche sorte sulla proroga dello smart workng nella Pubblica Amministrazione dopo l’ultimo Decreto economico: il sindacato nazionale ribadisce tutti i punti positivi portati dal “lavoro agile” e aggiunge che potrà essere un ottimo aiuto per le pensioni e in generale le spese future dello Stato. «Gli interventi legislativi nella Pa, per garantire l’equilibrio della finanza pubblica, in questi ultimi decenni, hanno impedito l’assunzione di personale proponendo turn over strettissimi da una parte e l’innalzamento dell’età pensionabile di un decennio dall’altra, con l’effetto inevitabile di deflazionare l’ingresso dei giovani nei posti di lavoro, se non in forme precarie, e di mantenere invece a lavoro fino a 67 anni coloro che erano in servizio. La norma introdotta su Quota 100 ha solo attenuato questa tendenza», scrive la Uil regionale sottolineando come il dramma Covid-19 abbia in realtà dato una “mano” all’inversione di tendenza e alla promozione dello smart working come forma di lavoro sostenibile. «Lo smart-working consente risparmi finanziari per le Amministrazioni pubbliche, i cui introiti sono stati falcidiati dal lockdown e li consentirà anche in futuro, dato che, purtroppo, attualmente il nostro paese rischia la ‘depressione economica’, come avvenuto nel 1929 negli Stati Uniti», conclude la Uil Toscana.



GIORDANO “PAGARE PENSIONI NON È SPESA SBAGLIATA”

Sta facendo discutere e non poco l’intervista di Manfred Weber, leader Ppe, a Repubblica dove tra i vari temi annuncia di voler evitare in ogni modo l’Italexit ma nello stesso tempo di «voler controllare che Roma spenda bene i soldi» ad esempio non per pagare le pensioni con la riforma di Quota 100 e simili. Infuriato il giornalista de La Verità e conduttore Mediaset Mario Giordano gli risponde a tono su Twitter: «Il capogruppo Ppe Weber dice che vuole controllare come  l’Italia spende i soldi perché i soldi devono essere spesi correttamente e non per pagare le pensioni. Chiaro, no? Pagare le pensioni non è un modo corretto di spendere i soldi. Mah». Il timore delle conseguenze nei prossimi mesi sull’utilizzo dei fondi e prestiti europei resta alto tanto nelle opposizioni più “sovraniste” quanto nella maggioranza, sponda M5s: la Commissione Ue ha più volte spiegato che non vi sarà una nuova Trojka che riformi pensioni e tagli stipendi pubblici, ma la crisi galoppa e le opzioni sul tavolo al momento non possono escludere alcuna “soluzione” a medio-lungo termine. (agg. di Niccolò Magnani)

LA FILOSOFIA DEL SUSSIDIO

In un articolo su formiche.net, Luigi Tivelli evidenzia come il decreto rilancio sia “impregnato della ‘filosofia del sussidio’, meglio se a pioggia, a parte qualche aspetto, come ad esempio la misura sull’Irap o sulla ricapitalizzazione per le imprese. Nonostante questo limitato varco, forse dovuto anche alle pressioni della nuova gestione di Confindustria, c’è un partito che almeno per ora, non è ancora riuscito a vincere una partita, il partito della crescita, regolarmente superato dal partito dei sussidi, che assumano la veste di bonus, di agevolazioni, rimborsi o quant’altro. D’altronde è così che il presidente Conte aveva iniziato la sua carriera già nel governo gialloverde: i due pilastri della sua prima manovra economica, il reddito di cittadinanza, e quota 100 per le pensioni, non erano due grosse fonti di sussidi?”. Intanto Vincenzo De Luca, secondo quanto riportato da italiasera.it, ha ricordato l’integrazione delle pensioni minime a 1.000 euro in Campania, importante “perché un Paese che si consente ancora di avere pensioni di 450 euro non è un Paese civile”.

RIFORMA PENSIONI, IL DOSSIER DELLA CISL

La Cisl ha pubblicato la scorsa settimana l’aggiornamento 2020 del Dossier Previdenza, con l’obiettivo di “continuare ad offrire una bussola per orientarsi nel complicato mondo delle pensioni”. Del resto come viene evidenziato nell’introduzione al documento curato da Valeria Picchio, del Dipartimento Politiche Fiscali-Previdenza-Riforme e Politiche Contrattuali delle Pubbliche Amministrazioni Riforme Istituzionali-Politiche per il Mezzogiorno-Sanità del sindacato di via Po, “l’emergenza Covid-19 ha sconvolto certezze, prassi, prospettive che davamo per scontate lasciandosi di fronte all’incertezza in tutti i campi”. E  “pensiamo che tra non molto anche il sistema previdenziale sarà chiamato in causa in tutti i suoi aspetti: i requisiti per l’accesso alla pensione, l’adeguatezza degli assegni in relazione all’incidenza del Pil e dell’inflazione, i contributi versati e omessi, l’impatto della spesa per pensioni sul debito pubblico”.

IL CONTRASTO NECESSARIO ALL’EVASIONE

Dunque i temi di riforma pensioni diventeranno importanti, anche perché “se è vero, come attestato da analisi dell’Istat, che il rischio povertà si riduce in modo significativo nei nuclei familiari nei quali è presente un pensionato, questa osservazione potrà essere ancora più vera nei mesi e negli anni a venire”. Dato che però “il sistema previdenziale si regge sui contributi versati da lavoratori e imprese e per la parte rimanente sul contributo dello Stato”, è necessario “mettere in campo, in modo più incisivo e capillare di quanto sia mai avvenuto, azioni per contrastare l’evasione fiscale e contributiva”.