DI MAIO CONTRO RENZI SU QUOTA 100

Luigi Di Maio difende la riforma pensioni con Quota 100 dai tentativi di Italia Viva di cancellarla. Durante una visita al cantiere della Terni-Rieti, il ministro degli Esteri ha infatti detto che “il Parlamento è sovrano e deciderà che cosa fare della legge di bilancio, ma su Quota 100 non c’è margine di alcun tipo. Se Renzi e Italia Viva sono nostalgici della legge Fornero, lo dicano pubblicamente, ma non avranno i voti in Parlamento per abolire Quota 100”. Secondo quanto riporta affaritaliani.it, per il leader di M5s tornare indietro sulle pensioni sarebbe “schizofrenia normativa. Il cittadino vede uno Stato che l’anno scorso gli ha fatto una legge per andare in pensione e poi c’è qualcuno che neanche un anno dopo la vuole abolire”. Di Maio ha anche ricordato che Quota 100 “prevede il divieto di cumulo: chi va in pensione non può fare un altro lavoro, e questo è importante perché libera posti per i più giovani. Non e’ un caso che nel periodo di Quota 100 e del reddito di cittadinanza abbiamo avuto il livello di disoccupazione più basso dal 1977 in Italia”.



I DATI INPS SUGLI IMPORTI DEGLI ASSEGNI

Dai dati dell’Osservatorio Inps su prestazioni pensionistiche e beneficiari emerge che, come riporta Askanews, “nel 2018 il 76,2% delle pensioni ha importi inferiori a 1500 euro lordi mensili; la maggior parte di esse (8,7 milioni) ha importi compresi tra 500 e 1.000 euro mensili e rappresentano il 38% del totale delle pensioni”. Dati utili nel momento in cui si sta ipotizzando e si chiede anche un intervento di riforma pensioni per alzare il livello delle prestazioni più basse. Anche perché “le pensioni fino a 500 euro sono 5.473.545 e costituiscono il 24% del totale, mentre quelle tra 1.000 e 1.500 euro sono 3.230.552 pari al 14,2% del totale. Le restanti 5.414.902 pensioni, pari al 23,8% del totale, superano i 1.500 euro lordi mensili”. Da tenere anche presente che “sebbene le donne rappresentino la quota maggioritaria sul totale dei pensionati (il 52,2%), gli uomini percepiscono il 55,9% dei redditi pensionistici: l’importo medio dei trattamenti percepiti dalle donne è infatti inferiore rispetto a quello degli uomini del 28% (15.474 contro 21.450 euro)”.



VERSO AUMENTO ETÀ PENSIONABILE

Presto il requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia potrebbe passare da 67 anni a 67 anni e un mese. Ciò senza un vero e proprio intervento di riforma pensioni. Come ricorda Il Messaggero, infatti, c’è un aggancio tra i requisiti pensionistici e l’andamento della speranza di vita che sono stati “congelati” dal Governo Lega-M5s fino al 2026, ma solo per quanto riguarda il requisito contributivo legato alla pensione di anzianità, che resterà a 42 anni e 10 mesi (41 anni e 10 mesi per le donne). Poiché, evidenzia il quotidiano romano, l’Istat ha fatto sapere che la speranza di vita l’anno scorso è arrivata a 83 anni, dagli 82,7 del 2017 e la speranza di vita a 65 anni è a 20,9 anni, ciò significa che dal 2021 si dovrebbe avere un aumento del requisito per la pensione di vecchiaia di un mese. “L’ufficializzazione dello scatto dovrà avvenire attraverso una comunicazione dell’Istat, che poi sarà recepita in un decreto congiunto del ragioniere generale dello Stato e del direttore generale delle Politiche previdenziali del ministero del Lavoro. Il provvedimento deve essere adottato entro fine anno”, ricorda Il Messaggero.



RENZI: BATTAGLIA GIUSTA SU QUOTA 100

Intervistato dal Corriere della Sera, Matteo Renzi dice di vedere “il bicchiere mezzo pieno” rispetto alla manovra varata dal Governo. “Innanzitutto c’è il blocco dell’aumento dell’Iva: dobbiamo dire grazie alla caparbietà di Teresa Bellanova e Gigi Marattin se abbiamo raggiunto il risultato. Considero positive le misure su famiglia, sanità, e il ritorno alla nostra politica di iperammortamenti. I tre miliardi sul cuneo fiscale sono un segnale sui salari. Per cambiare le cose davvero servono 20 miliardi sul cuneo fiscale come facemmo noi cinque anni fa: tre miliardi sono solo un piccolo acconto. Meglio di nulla, comunque”. L’ex Premier torna anche sulla cancellazione della riforma pensioni con Quota 100, evidenziando che Italia Viva presenterà “proposte con coperture puntuali, per evitare l’aumento delle tasse. Vinceremo sui microbalzelli. Su quota 100 invece sarà più difficile perché Lega e Cinque Stelle voteranno insieme. Ma è giusto fare la battaglia: spendere 20 miliardi in tre anni per 150.000 persone è un errore clamoroso. Avremmo dovuto mettere quei soldi per i giovani, per gli stipendi, per le famiglie”.

LE PAROLE DI GUALTIERI

Roberto Gualtieri ha inviato la lettera di risposta a Valdis Dombrovskis e Pierre Moscovici relativa alle osservazioni sul Documento programmatico di bilancio da parte di Bruxelles. Il ministro dell’Economia nella missiva cita anche il tema della riforma pensioni. Secondo la traduzione fatta da Repubblica al testo redatto in inglese, infatti, Gualtieri evidenzia che “Quota 100 rimarrà in vigore fino al 2021, come originariamente stabilito. Anche se questa politica comporta dei costi, non altera i pilastri chiave del nostro sistema pensionistico, come un’alta età pensionabile obbligatoria e una graduale transizione al sistema contributivo”. A nome del Governo, il ministro scrive anche: “Crediamo che cambiamenti frequenti nelle regole per la pensione anticipata potrebbero essere dannosi e sottolineiamo che il numero di domande per quota 100 è significativamente inferiore alle stime iniziali”. Una conferma quindi della volontà dell’esecutivo di non intervenire sulla misura previdenziale varata lo scorso anno.

LA RICONGIUNZIONE DELLA GESTIONE SEPARATA INPS

In tema di riforma pensioni, Il Sole 24 Ore dedica un articolo alle conseguenze che potrebbe avere la sentenza della Corte di Cassazione sulla ricongiunzione dei contributi per i liberi professionisti, visto che ora riguarda anche la gestione separata dell’Inps. Gli effetti della sentenza “potranno farsi sentire in particolare sui professionisti più giovani, che magari hanno versato alcuni anni di contributi alla gestione separata Inps a inizio carriera, prima dell’abilitazione professionale”. È chiaro che molto dipenderà anche da come l’Inps stessa recepirà il pronunciamento, ma gli effetti potrebbero essere di un avvicinamento del traguardo pensionistico per diversi professionisti, anche se, come detto, è più probabile che a esserne interessati siano i più giovani, visto che la gestione separata dell’Inps è stata istituita con legge del 1995. Certo però i requisiti per l’accesso alla quiescenza dipenderanno invece dalle regole stabilite dalle singole casse di previdenza dei professionisti.

INPS, I CONTRIBUTI NON SI RESTITUISCONO

Tramite le risposte fornite dagli esperti di previdenza è possibile evidenziare non solo gli effetti delle novità delle misure di riforma pensioni, ma anche alcuni concetti base del sistema pensionistico italiano. Per esempio, alla domanda di una lettrice del sito di Repubblica, che ha un’anzianità contributiva di 13 anni e si chiede quindi quando potrà accedere alla quiescenza o riavere indietro i contributi versati, la Fondazione studi Consulenti del lavoro ricorda che “la restituzione dei contributi Inps non è prevista dal nostro sistema previdenziale. Non arrivando ai 20 anni di contributi richiesti (né al previgente requisito dei 15 anni di contributi ante D.Lgs. n.503/1992) non può accedere a pensione di vecchiaia a oggi prevista a 67 anni di età; dal momento che ha contributi ante 1996 non può chiedere nemmeno la pensione di vecchiaia contributiva per chi ha 70 anni di età più speranza di vita con 5 anni di contribuzione effettiva. Può essere conveniente arrivare a questo punto in qualsiasi gestione Inps a 20 anni complessivi richiedendo una pensione di vecchiaia al raggiungimento della età pensionabile anche in cumulo contributivo”.

RIFORMA PENSIONI, L’ITALIA PER IL MMGPI

In Italia negli ultimi anni ci sono stati diversi interventi di riforma pensioni, ultimo dei quali rappresentato da Quota 100 di cui molto si discute in questi giorni, ma il nostro Paese non sembra brillare nelle classifiche internazionali. Come spiega Il Sole 24 Ore, infatti, l’Italia si trova al 27° posto tra 37 messi a confronto nel Melbourne Mercer Global Pension Index (MMGPI). In particolare, “è 18esima per adeguatezza delle pensioni erogate, al ventesimo posto per integrità (un indicatore che tiene conto del sistema di governance della previdenza pubblica e privata ma anche della fiducia dei cittadini nel modello nazionale) e a fondo scala, come sempre da quando è oggetto di questa ricerca, per la sostenibilità, un parametro che raccoglie indicatori che spaziano dalla demografia agli equilibri macroeconomici fino alle percentuali di adesione ai fondi di previdenza complementare”.

IL DEFICIT NELLA PREVIDENZA COMPLEMENTARE

Complessivamente il nostro Paese fa registrare 52,2 punti, parecchio distanziata dalla capolista Olanda che ne ha 81. Sul podio di questa classifica vi sono anche Danimarca (80,3 punti) e Australia (75,3). Il quotidiano di Confindustria ha raccolto il commento di Marco Valerio Morelli, amministratore delegato di Mercer Italia, secondo cui, “sebbene l’adeguatezza delle pensioni erogate oggi in Italia sia più che soddisfacente, il valore della macro area sostenibilità ci dice che questo in futuro potrebbe non essere più vero”. Questo per via della scarsa adesione alla previdenza complementare e del “conseguente livello di attività delle pensioni private rispetto ad altre economie di Paesi sviluppati”.