I 10 MODI PER ANDARE IN PENSIONE PRIMA

Con un lungo report “Italia Oggi” scandisce gli attuali 10 modi per raggiungere le pensioni in attesa che sindacati e Governo si siedano al tavolo del Ministero del Lavoro per fissare i prossimi nuovi termini della riforma pensionistica che dovrà sostituire la Quota 100. In primis, la pensione anticipata (ex pensione di anzianità) che resta la fonte principale di “uscita” dal lavoro assieme alla Quota 100 in via di scadenza a fine 2021: terza via resta l’assegno straordinario dai fondi di solidarietà, eredità della riforma Fornero, mentre altri due modi sono rappresentati dai criteri validi per lavoratori precoci e usurati. A chiudere la “decina” di strade per raggiungere la pensione ancora oggi in Italia non si possono non citare Opzione Donna (rinnovata anche quest’anno con l’ultima Manovra del Governo Conte), l’Ape Sociale (in via di conferma anche il prossimo anno, secondo quanto anticipato dal Ministro Orlando), il contratto di espansione, l’isopensione e la RITA, ovvero Rendita Integrativa Temporanea Anticipata. (agg. di Niccolò Magnani)



RIFORMA PENSIONI, LE DECISIONI CHE DOVRÁ PRENDERE IL GOVERNO

In un articolo sul Sole 24 Ore viene spiegato che i temi di riforma pensioni verranno affrontati dal Governo con la prossima Legge di bilancio. Oltre a ragionare sull’estensione del contratto di espansione, il Governo dovrà “decidere cosa fare per Ape sociale e Opzione donna, le cui proroghe scadono a fine anno. E andrà verificato il meccanismo di indicizzazione delle pensioni all’inflazione, che a normativa vigente da gennaio passerà dall’attuale schema su sei scaglioni di reddito al precedente schema su tre scaglioni, con perequazione piena fino alle pensioni di importo pari a quattro volte il minimo”. Sullo sfondo resta anche l’individuazione della norma per sostituire Quota 100, che continua a essere utilizzata dagli italiani, come dimostrano i dati riportati da lanuovariviera.it sulle domande di pensione nella scuola relativi alla Marche. Infatti, “le istanze per il raggiungimento di quota 100 riguardano il 41% dei docenti e il 39% degli ATA”, superando le altre tipologie di ragioni per la cessazione dal servizio.



I RILIEVI DI GHISELLI SULLA PROPOSTA GNECCHI-DAMIANO

Secondo Roberto Ghiselli, la vecchia proposta di riforma pensioni targata Gnecchi-Damiano è condivisibile “solo per la previsione dei 62 anni e i 41 di contributi. Per il resto no. Porre la soglia dei 35 anni di contributi per andare in pensione per noi è inaccettabile, taglierebbe fuori le donne e il lavoro discontinuo, pensiamo a interi settori come l’edilizia, il turismo, l’agricoltura. Ma taglia fuori soprattutto i giovani. E poi quella proposta contiene delle penalizzazioni che noi non condividiamo. Comunque è una proposta concepita anni fa, nell’epoca del retributivo: credo che forse oggi gli stessi presentatori la formulerebbero in maniera diversa”. Intervistato da pensionipertutti.it, il Segretario confederale della Cgil evidenzia anche che le proposta sindacale in materia previdenziale tiene assieme la libertà di scelta delle persone con la flessibilità, “il risarcimento a chi a fatto lavori più pesanti o di cura, o verso che donne costrette a carriere professionali penalizzanti, e la solidarietà verso i più deboli del mercato del lavoro, coloro che fanno lavori discontinui o poveri, fra cui purtroppo tanti giovani”.



LE NOVITÀ PER LAVORATORI AGRICOLI E DELLO SPORT

Come spiega pensionioggi.it, con la circolare numero 47/2021, l’Inps “conferma le indicazioni già fornite lo scorso anno per la fruizione dell’esonero contributivo in misura pari al 100 per cento per le nuove iscrizioni nella previdenza agricola da coltivatori diretti e da imprenditori agricoli professionali con meno di quaranta anni”. Tale esenzione dura “solo per i primi due anni di iscrizione alla gestione previdenziale dei coltivatori diretti (anzichè cinque anni, come previsto per le iscrizioni avvenute entro il 31 dicembre 2018 che hanno beneficiato del vecchio regime)”. Sempre a marzo è stata invece pubblicato in Gazzetta Ufficiale il dlgs n. 36/2021 che comporta innovazione di riforma pensioni per i lavoratori dello sport, con lo “stop alla distinzione fra professionisti e dilettanti nel lavoro sportivo ed estensione delle tutele previdenziali a tutti i lavoratori sportivi a partire dal 1° luglio 2022”. Per i lavoratori operanti nei settori dilettantistici con co.co.co o prestazioni autonome occasionali ci vorrà l’iscrizione alla Gestione separata dell’Inps.

RIFORMA PENSIONI, IL GENDER GAP AL 36%

In un articolo pubblicato su we-wealth.com viene ricordato che le donne percepiscono una pensione inferiore del 36% rispetto a quelle degli uomini e che tale divario potrebbe aumentare nel momento in cui gli assegni saranno calcolati, come previsto dalle misure di riforma pensioni degli anni passati, sempre più con il sistema contributivo pieno, senza dimenticare che “4 milioni di donne over 65 non hanno contribuzione perché hanno lavorato tutta la vita come casalinghe e quindi potranno disporre solo della pensione sociale o, nel caso sopravvivano a un marito, della pensione di reversibilità, pari al 60% dell’assegno pensionistico originale”. Sarà quindi importante per molte donne cercare di cumulare risparmi per la vecchiaia.

LE INIZIATIVE DEL CODS

Ma ancora di più, aggiungiamo noi, sarà importante che vengano varati dei provvedimenti che possano in qualche modo attenuare, se non sanare completamente, il gender gap che dal mercato del lavoro finisce per ripercuotersi sulle pensioni, con effetti che rischiano di vedersi solo dopo molti anni. In questo senso da tempo il Comitato Opzione donna social, come pure i sindacati, chiedono che venga valorizzato ai fini previdenziali il lavoro di cura delle donne. Vi sono poi iscritte al Cods che sono molto attive e recentemente una di loro, Ornella Magnani, ha ricevuto da Debora Serracchiani, Presidente della commissione Lavoro della Camera, la conferma che nella proposta di legge in tema di riforma pensioni del Pd si chiede di rendere strutturale Opzione donna e di ridurre i requisiti della pensione di vecchiaia di un anno per ogni figlio avuto, fino a un massimo di due.