Dopo oltre quattro mesi dall’ultimo incontro Governo/organizzazioni sindacali, la Ministra Calderone, facendo seguito a quello che aveva annunciato la Premier, ha convocato le parti sociali per entrare nel vivo di una questione, quella previdenziale, che fa restare con il fiato sospeso milioni di italiani.

Anche se vi erano stati alcuni segnali negativi come il mancato inserimento nel Def di qualsiasi ipotesi di riforma strutturale ci si aspettava almeno che l’Esecutivo dopo un così grande lasso di tempo mettesse sul campo quelle che sono le proprie intenzioni su una materia così complessa che rappresenta la voce di spesa più elevata nel bilancio annuale dello Stato. Ma anche in questa occasione il Governo si è limitato solamente a enunciare quello che avrebbe intenzione di fare e che già era trapelato nei mesi scorsi come un allargamento della platea dell’Ape sociale, la necessità di istituire una pensione di garanzia per giovani e donne, la ferma convinzione di implementare l’istituto della previdenza complementare con un nuovo semestre di silenzio/assenso di adesione ai fondi integrativi, rimandando il tutto all’autunno prima della presentazione della Legge di bilancio. Nulla di preciso sulla flessibilità in uscita che invece avrebbe dovuto essere il motivo principale dell’incontro (per cui probabilmente si andrà a una riconferma di Quota 103 o eventualmente sarà data la possibilità come opzione di uscire con 41 anni di contributi, ma con tutto l’importo calcolato col sistema contributivo), nulla sul ripristino di Opzione Donna, che probabilmente nelle intenzioni del Governo sarà modificata con un altro nome e altre caratteristiche simili all’Ape sociale, nulla su quanti denari l’Esecutivo è disposto a mettere sul piatto della riforma previdenziale.



Le dichiarazioni dei leader sindacali presenti all’incontro, ormai una moltitudine dal momento che partecipano oltre alle solite sigle Cgil, Cisl e Uil anche Ugl e sindacati autonomi, sono infatti molto diverse con la Cgil che ha definito l’incontro inutile, negativo, che non ha portato nulla di nuovo rispetto a mesi fa, con il Governo che non ha alcuna intenzione di aprire una vera trattativa, con la Uil che afferma che non ci sono stati risultati, che il Governo ha affermato di essere in gran parte d’accordo sulle proposte ma senza dare alcuna garanzia in termini economici, con la Cisl che pur considerando l’incontro interlocutorio lo considera positivo e apprezza la volontà del Governo di modificare la Legge Fornero, con l’Ugl che si posiziona sulla stessa linea della Cisl. In pratica, ormai, sulle scelte dell’Esecutivo e non solamente sulle pensioni, assistiamo a una divisione con Cgil e Uil da una parte e le altre organizzazioni sindacali dall’altra.



Intanto sono stati pubblicati i dati Istat sulle pensioni che riguardano il primo trimestre 2023 che hanno evidenziato che a causa dei termini troppo stringenti solamente 17.000 persone hanno potuto accedere a Quota 103 e addirittura solo 151 donne a Opzione Donna o quello che ne è restato e che la media degli l’importi degli assegni previdenziali ha continuato per effetto del sistema contributivo il suo inesorabile trend in diminuzione che dopo che il 2021 con 1.198 euro, il 2022 con 1.140, ha determinato l’assegno medio del primo trimestre del 2023 in 1.111 euro lordi mensili. Lo stesso report ha evidenziato che sono in ulteriore calo di circa il 20% le uscite anticipate rispetto sia all’anno 2021 che al 2022, a dimostrazione che proprio per effetto degli assegni troppo bassi sono molte le persone che pur potendo uscire dal mondo del lavoro rimandano tale possibilità per aumentare di qualche decina di euro il proprio assegno previdenziale.



È la prova provata di quello che affermo da anni e cioè che consentire una flessibilità in uscita anche con una leggera penalizzazione prima dell’età ordinamentale di pensionamento non sarebbe così dispendiosa per le casse dell’Erario perché le uscite sarebbero sicuramente inferiori al previsto e consentire con libera scelta di rimanere qualche anno in più concedendo un leggero incentivo avrebbe una riduzione dei costi molto significativa e darebbe una spinta notevole alla realizzazione della non più rinviabile riforma previdenziale.

Vedremo in autunno quale direzione l’Esecutivo vorrà intraprendere e che scelte vorrà attuare con la necessità di dovere giustamente perequare gli assegni previdenziali all’inizio dell’anno falcidiati dall’alta inflazione e dalla necessità di dover trovare alcuni miliardi per ottemperare alla sacrosanta decisione della Corte Costituzionale di erogare, senza differimento, il Tts dei pubblici dipendenti.

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