RIFORMA PENSIONI, IL GAP CHE PESA SULLE DONNE

A conferma di quanto occorrerebbe un intervento di riforma pensioni per contrastare il gap di genere presente nel nostro sistema arrivano i dati dello Spi-Cgil del Veneto, riportati da veronasera.it, che parlano di una differenza di importo degli assegni tra uomini e donne nella regione che arriva mediamente a sfiorare i 590 euro al mese per gli over 65. lena Di Gregorio e Rosanna Bettella dello Spi-Cgil del Veneto spiegano che “la solitudine cui sono costretti molti anziani -colpisce soprattutto le donne over 80 che sono in numero nettamente maggiore rispetto ai colleghi maschi e prendono una pensione drasticamente inferiore a causa della discontinuità del lavoro o all’assenza della vita lavorativa extrafamiliare. Un gap che tra l’altro continua anche ai nostri giorni nonostante le ragazze abbiano una scolarità alta e con risultati migliori dei ragazzi”. Un gap che andrebbe quindi corretto, cominciando per esempio a valorizzare i lavori di cura delle donne e fare in modo che vi sia parità di genere nelle retribuzioni nelle aziende.



IL PASSO FONDAMENTALE DI QUOTA 100 ROSA

In un momento in cui è stato riaperto il confronto tra Governo e sindacati sulla riforma pensioni e da parte si dell’esecutivo che di Cgil, Cisl e Uil viene ricordata l’importanza di promuovere l’occupazione femminile, Orietta Armiliato ripropone sulla pagina Facebook del Comitato Opzione donna social quanto aveva scritto un anno fa a proposito della necessità di valorizzare i lavori di cura svolti dalle donne. “La proposta che abbiamo battezzato ‘Quota 100 Rosa’ può essere un primo reale passo verso la fondamentale e necessaria equità che è oggi inesistente fra i lavoratori dei diversi generi affermando, con questo dispositivo, che il lavoro di cura svolto dalle donne che sono impegnate in mestieri anche fuori casa, debba essere senza meno identificato come tale e conseguentemente valorizzato”, è uno dei passaggi del post. Ricordiamo che con Quota 100 Rosa il Cods proponeva, e di fatto propone ancora, di rendere possibile alle donne l’accesso a Quota 100 con due anni di anticipo (rispetto al requisito contributivo) per riconoscere proprio il lavoro di cura da loro svolto.



RIFORMA PENSIONI, IL SOLLECITO DI PROIETTI

I rilevi della Corte dei Conti riguardo la gestione finanziaria dell’Inps, che hanno ricordato gli effetti delle misure di riforma pensioni rispetto alla sostenibilità del cosiddetto debito implicito sul lungo termine non sono passati inosservati. Domenico Proietti dichiara infatti: “Lo diciamo da anni, e lo ribadiamo con rispetto alla Corte dei Conti, che la spesa reale per pensioni in Italia è intorno al 12%, perfettamente in linea con quella degli altri paesi della Ue. Ci auguriamo che l’istituenda Commissione per separare la spesa previdenziale da quella assistenziale produca presto questo risultato che metterebbe l’Italia al riparo da ogni strumentalizzazione anche in sede europea”. Il Segretario confederale della Uil, come riporta Askanews, evidenzia in particolare che il dato della spesa per pensioni sul Pil al 15,6% indicato dalla Corte è “la plastica rappresentazione di quanto sia urgente separare la spesa previdenziale da quella assistenziale”. Una separazione della cui necessità si parla da tempo, ma che ancora sembra lontana dal concretizzarsi.



INPS, CREDITI CONTRIBUTIVI PER 140,6 MILIARDI

Oltre che ricordare l’importanza di valutare bene gli impatti delle misure di riforma pensioni sul debito implicito di lungo termine, la Corte dei Conti ha fornito dati non proprio rassicuranti sull’Inps. Infatti risulta che l’Istituto nazionale di previdenza sociale abbia cumulato crediti contributivi non riscossi dal 2000 pari a 140,6 miliardi di euro. Come spiega il sito del Fatto Quotidiano, secondo la Corte al netto delle sospensioni e degli sgravi i crediti ammontano a 180 miliardi, cui vanno detratte riscossioni per 39 miliardi. Finora quindi si è riuscito a recuperare circa il 18,1% di quanto dovuto. Una situazione che è aggiornata al 2018 e che, complice la crisi da coronavirus, potrebbe peggiorare nel corso dei prossimi anni. Da poco è ripreso infatti il versamento dei contributi dovuti che può essere anche rateizzato in due anni. Sarà quindi importante cercare di arrivare a un recupero più efficace dei crediti contributivi, anche perché si tratta di somme che servono poi a pagare pensioni e prestazioni erogate dall’Inps.

RIFORMA PENSIONI, I RILIEVI DELLA CORTE DEI CONTI

Quota 100 ha ricevuto diverse critiche nei mesi scorsi. Oggi arriva un altro segnale negativo verso la misura di riforma pensioni introdotta dal Governo Conte-1. Come spiega Askanews, infatti, la Corte dei Conti, dopo aver analizzato la gestione finanziaria dell’Inps relativa all’esercizio 2018, ha evidenziato che “in un sistema pensionistico a ripartizione ed in cui la maturazione del diritto alla pensione prescinde dal regolare versamento dei contributi nel corso della vita lavorativa, va verificata la sostenibilità della spesa nel lungo periodo e agli effetti che sulla adeguatezza delle prestazioni produrranno le azioni normative poste in essere nel presente, vanno altresì considerate le conseguenze di dette azioni sulla sostenibilità del modello da parte del sistema produttivo”.

GLI EFFETTI DELL’ANTICIPO PENSIONISTICO

Inoltre, viene ricordato che “misure ampliative della spesa attraverso l’anticipo dell’età di pensionamento rispetto a quella ritenuta congrua con l’equilibrio attuariale e intergenerazionale” comportano non solo esigenze di cassa immediate, ma anche “debito implicito, in quanto la componente retributiva del trattamento non viene corretta per tener conto della maggiore durata della prestazione”. In buona sostanza andrebbe verificata la sostenibilità della spesa pensionistica sul lungo periodo vista l’introduzione di Quota 100. Tuttavia le annotazioni della Corte dei Conti potrebbero valere per qualsiasi misura di anticipo pensionistico che arrivasse dal 2022, una volta andata in scadenza Quota 100.