È notizia di pochi giorni fa che l’Osservatorio per il monitoraggio, la valutazione dell’impatto della spesa previdenziale e l’analisi delle politiche di revisione del sistema previdenziale attivato dalla ministra del Lavoro Calderone alla fine di marzo sarà operativo alla fine del mese e potrà cominciare a entrare nel merito delle problematiche previdenziali per consentire una revisione sostenibile sul fronte dei pensionamenti anticipati, in particolare nell’ottica di operare staffette generazionali, nonché formulare proposte nell’ambito della previdenza complementare.
Tutte belle parole, ma che, di fatto, non portano al momento nessun valore aggiunto e nessuna novità concreta su un tema, quello previdenziale, che unito a quello delle politiche attive sul lavoro e a quello della denatalità, dovrebbe, invece, essere al centro delle tematiche del nostro Governo. Cominciare a entrare nel vivo dei problemi alla fine del mese di maggio vuol dire avere i primi riscontri e i primi risultati operativi da parte dell’Osservatorio non prima dell’autunno inoltrato, probabilmente a ridosso della Nadef e poi della Legge di bilancio. In pratica l’istituzione di questo Osservatorio, che dovrebbe restare in carica tre anni, è un po’ un modo per prendere tempo, rimandare di qualche mese il problema previdenziale in attesa di tempi migliori con la speranza che il Pil, complice anche la stagione turistica, abbia una insperata accelerata.
Del resto, la Ministra Calderone ha le mani legate e non poteva fare molto altro dopo lo stop imposto dalla Meloni impegnata a farsi bella in Europa in vista delle prossime elezioni del maggio 2024 dove ha la speranza, concreta, di ottenere un risultato eccellente e proporsi come leader dei Conservatori a livello continentale. Le elezioni europee capitano nel momento giusto, complice anche il sistema del proporzionale puro per cui ogni partito corre solo per se stesso, e la Giorgia nazionale ha un’occasione unica per confermare anche a livello europeo i rapporti di forza con la sua maggioranza dove alle ultime elezioni politiche ha triplicato i voti rispetto a Lega e Forza Italia.
Quest’anno, pertanto, come già evidenziato nel Def e nel Decreto lavoro nessuna riforma sostanziale sulla previdenza sarà attuata da questo Governo. Ci sarà probabilmente la riconferma di “Quota 103” e forse un ripristino parziale di Opzione Donna, ma la Meloni, del resto, non ha mai fatto mistero di non disdegnare la Legge Fornero, a differenza di Salvini che ne ha fatto quasi una questione di principio e di Berlusconi che invece propone un irrealizzabile, al momento, aumento delle pensioni minime a 1.000 euro.
Nel frattempo, i sindacati questa volta uniti hanno organizzato due grandi manifestazioni a Bologna e Milano e nella giornata del 20 maggio saranno in piazza Napoli per ultimare quella “campagna di primavera” propedeutica a quella decisiva dell’autunno, di contrasto alle scelte del Governo per ottenere un cambiamento sulle politiche industriali economiche e sociali. Proponendo la tutela dei salari e delle pensioni falcidiate dall’inflazione, il rinnovo dei contratti pubblici, la tassazione sugli extraprofitti delle aziende, interventi sulle rendite finanziarie nonché maggiore sicurezza sul lavoro e il ripristino di Opzione Donna nella versione ante Legge di bilancio 2023. Sicuramente sono state portate molte migliaia di persone in piazza e i temi proposti sono molto interessanti, ma sulle pensioni in particolare ci si poteva aspettare più impegno e determinazione vista la situazione drammatica in cui versa l’ambito previdenziale.
I recentissimi dati evidenziano che nel 2022 l’Inps ha avuto un buco di oltre 22 miliardi, il costo della spesa previdenziale anche a causa dell’inflazione ancora sopra l’8% aumenta sempre di più e nel 2023 supererà i 300 miliardi annui, gli assegni previdenziali per effetto del sistema contributivo che è in vigore ormai da quasi trent’anni sono in costante discesa e quasi al limite della sopravvivenza, per i giovani che hanno carriere frammentate la situazione è drammatica, le donne completamente dimenticate e Opzione Donna completamente stravolta. Con queste premesse e con un sistema a ripartizione in vigore da quasi ottant’anni e che non riesce più a tenere il sistema in equilibrio è obbligatorio pensare a un nuovo modo di concepire l’assetto previdenziale in Italia. Non è più possibile ragionare con le Quote, non è più possibile fare regalie e nessuno, non è più possibile concedere privilegi.
Evidentemente il sistema così com’è impostato, anche a causa, ma non solo, della mancata separazione tra previdenza e assistenza. non riuscirà più con la sola pensione pubblica a essere in equilibrio. Bisognerà da subito, con tutti gli interlocutori presenti nel panorama previdenziale, mettersi seriamente a studiare una nuova forma di previdenza mista composta da una parte a ripartizione unita a una componente a capitalizzazione che implementi con investimenti quanto versato e che determini un più elevato monte contributivo che si aggiunga alla pensione pubblica che, in futuro, potrà coprire solo una parte dell’assegno previdenziale.
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