IL MODELLO PORTOGALLO PER LE PENSIONI DEL CENTRO ITALIA
È atteso il passaggio definitivo dell’emendamento al Decreto Sostegni ter per definire il “vantaggio fiscale” nelle pensioni di chi dovesse trasferirsi nei Comuni terremotati del Centro Italia: in attesa di una riforma pensioni ad ampio raggio, il “modello Portogallo” applicato prima in alcune aree del Mezzogiorno (sotto i 20mila abitanti) e ora nei comuni del Centro Italia rappresenta un passo avanti verso un possibile sviluppo futuro della norma che ricalca la famosa riforma pensionistica portoghese.
In sostanza, si tratta della proposta di concedere ai pensionati che dall’estero si trasferiscono nei territori terremotati del Centro – i luoghi oggetto dell’incentivo sono terremoto 6 aprile 2009, L’Aquila, il 24 agosto 2016, il 26 e il 30 ottobre 2016 e il 18 gennaio 2017 nelle Regioni Lazio, Marche e Umbria – una tassazione agevolata Irpef con trattenuta del 7%. Lo sconto fiscale potrebbe dunque far gola a molti pensionati, esattamente come avvenuto per anni a tanti pensionati italiani che si sono trasferiti in Portogallo per questa formula specifica. (agg. di Niccolò Magnani)
RIFORMA PENSIONI, L’ANALISI DI MARINO
A inizio settimana, l’Istat ha diffuso dati sulla demografia che mostrano come i nuovi nati siano stati inferiori ai deceduti nel 2021. Secondo Mauro Marino, si tratta di cifre da tenere presenti nel dibattito sulla riforma delle pensioni. Infatti, “ancora i dati ufficiali relativi all’aspettativa di vita per l’anno 2021 non sono stati resi noti ma con questi numeri non ci vuole molto ad affermare che se nell’anno 2020 l’aspettativa di vita è diminuita di ben 1,2 anni e si è assestata nel 2020 a 82 anni (79,7 gli uomini e 84,4 le donne) nel 2021 sarà di poco inferiore ad un anno e nel 2022 probabilmente di 6/8 mesi” e “questo determinerà, e non ci vuole Einstein per capirlo, che nei tre anni nefasti di pandemia molto probabilmente l’aspettativa di vita in Italia scenderà di quasi 3 anni e porterà la vita media nel Belpaese a circa 80 anni”.
LA POSSIBILE REVISIONE DELL’ETÀ PENSIONABILE
Tutto questo avrebbe anche ricadute previdenziali, perché “se la vita media che si può aspettare un bimbo alla nascita nell’anno 2022 sarà inferiore agli ottanta anni bisognerà tenerne assolutamente conto nella nuova legge previdenziale che si deve affrontare in questo travagliatissimo 2022 dove è necessario riprendere immediatamente gli incontri governo/sindacati che sono fermi da oltre un mese”. L’esperto previdenziale, in un articolo pubblicato su pensionipertutti.it, sottolinea quindi che “per una forma di giustizia sociale deve diminuire necessariamente l’età di accesso alla pensione. Quindi, modificare almeno di un anno l’età di accesso alla pensione di vecchiaia diminuendola da 67 anni a 66 anni e contestualmente consentire l’uscita a 41 anni di contributi per tutti uomini e donne indipendentemente dall’età anagrafica e senza alcuna penalizzazione, nonché eliminare le finestre e l’aspettativa di vita legata alla previdenza”.
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