Sono preoccupanti i segnali che arrivano sulla riforma delle pensioni. Il timore di un nuovo periodo di austerità previdenziale cresce alla luce delle ultime indicazioni di certi enti internazionali, ma non è detto che il governo Draghi sia disponibile a seguirle. Ma quali sono le ipotesi di riforma delle pensioni più in voga per il dopo Quota 100? sono essenzialmente due. La prima si basa sul pensionamento dai 63 anni, con una riduzione sull’intero importo della pensione, come proposto dall’Inps 6 anni fa. In questo modo si riduce la disparità di trattamento tra le pensioni contributive e miste. Anche i titolari di queste ultime potrebbero accedere prima al pensionamento, se vantano almeno 20 anni di contributi e hanno la prospettiva di una pensione superiore alla soglia minima.



C’è poi la proposta del presidente dell’Inps Tridico, basata sulla separazione tra quota retributiva e contributiva. Quindi, come ricorda Tiscali, si potrebbe andare in pensione prendendo l’anticipo solo per la parte contributiva, invece quella retributiva verrebbe goduta al raggiungimento dei 67 anni. Per le mamme lavoratrici, si potrebbe prevedere l’abbassamento di 1 anno per ogni figlio e di 1 anno ogni 10 anni per i lavori usuranti. Ma si attende anche la proposta della commissione – di cui fa parte anche Elsa Fornero – istituita proprio per elaborare proposte per la riforma delle pensioni. (agg. di Silvana Palazzo)



LA RIFORMA PENSIONI IN ATTESA

«Sono fiducioso che l’esecutivo troverà una soluzione equilibrata nella prossima legge di bilancio», con queste parole due giorni fa ormai il Ministro dell’Economia Daniele Franco ha fatto capire come non vi sia al momento alcuno spazio per una nuova riforma pensioni molto simile alla precedente. Quota 100 ha vita ancora molto breve, per problemi di spesa e di sostenibilità, come hanno più volte ripetuto in Commissione Europea, all’OCSE e ora pure dal n.1 del MEF, diretta “propaggine” politica del Presidente del Consiglio.

Manca però ancora la convocazione dei sindacati al primo tavolo di lavoro sulla riforma pensioni, il che non viene “nascosto” dalle sigle nazionali che lamentano un ritardo nel Ministro del Lavoro Andrea Orlando: «Dopo Quota 100 – osservava ieri il segretario confederale Cgil Roberto Ghiselli è necessario rendere più sostenibile socialmente il sistema, sulla base della piattaforma da noi presentata al governo. Il ministro Orlando – conclude il sindacalista – si era impegnato a convocare il sindacato nei primi giorni di settembre ed è grave che ancora non lo abbia fatto».



IL NODO AUSTERITÀ DOPO QUOTA 100

I sindacati propongono una flessibilità in uscita per il mondo pensioni dai 62 anni, simile alla proposta rilanciata da Boeri e Perotti negli scorsi giorni su “Repubblica”, che già ricalca una vecchia proposta dell’ex Ministro Dem Cesare Damiano. La verità è che la Quota 100 non viene ritenuta al momento sostenibile praticamente da nessun partito, eccetto la Lega: altre forme di flessibilità, ha spiegato il MEF, sono difficili da realizzare al momento, anche se «abbiamo alcuni problemi di breve termine e di medio termine. Non posso indicare la soluzione che abbiamo in mente, deve essere discussa nel governo, ma sono fiducioso che troveremo il giusto equilibrio e che questo avrà il sostegno di tutto l’esecutivo», conclude Franco. Resta un forte rischio e si chiama austerità, come denuncia sul “Manifesto” oggi un editoriale di Massimo Franchi: «il dopo Quota 100 è un’austerità camuffata, OCSE e Ministro Franco vogliono tornare alla Fornero», con l’unica concessione il «sacrosanto allargamento dell’Ape Sociale». Sui rischi di nuova austerity imposti dall’Europa ha parlato ieri anche il tesoriere della Lega, nonché capogruppo del Carroccio in Commissione Finanze alla Camera, Giulio Centemero: «facciamo di tutto perché la Legge Fornero non ritorni. Potremmo riaprire finestre di Quota 100 non appena ci saranno le condizioni politiche che ora non ci sono: resta comunque evitare la Fornero, anche perché la Lega è la forza più massiccia interna alla maggioranza».