GENTILONI E LE CONDIZIONI PER LE PENSIONI
«Il Next Generation EU non è un debito accumulato per le prossime generazioni. Ma è l’occasione della vita per rendere possibili alcuni miglioramenti nel modo di funzionare della nostra società»: così ha spiegato ieri il Commissario Europeo per l’Economia Paolo Gentiloni nella sua relazione al webinar Cnel-Università Cattolica di Milano “Investimenti e lavoro nel piano Next Generation EU. Un patto tra generazioni per un’economia inclusiva”. Il Recovery Fund e le condizioni sono però tra i temi che ancor maggiormente allarmano la politica italiana, impegnata nella crisi di Governo più lunga del previsto: il taglio alle pensioni e una “nuova” riforma in stile Fornero sono poi i punti forse più delicati dell’intero pacchetto di riforme che l’Italia dovrà adottare nei prossimi mesi per poter ricevere finalmente i fondi del Next Generation Eu. Tradotto in termini pratici, tutte le ipotesi di riforma pensioni che possano ammorbidire la Fornero dopo Quota 100 (Quota 41, Quota 102 o simili) potrebbero non essere accettate da Bruxelles ritornando all’antico scontro Italia-Ue come avvenuti ai tempi del Governo Conte-1. (agg. di Niccolò Magnani)
IL SISTEMA DELLE PENSIONI UE
I dati Eurostat di inizio 2021 sono impietosi per l’Italia: come già spieghiamo qui sotto nel dettaglio, la riforma pensioni più sostenibile per il nostro Paese dovrebbe spostare l’età di uscita dal lavoro fino a 71 anni, 70 la media invece di tutti i Paesi europei. Nel Libro Verde sull’impatto dell’invecchiamento della popolazione si leggono tutte le ultime proiezioni, scoprendo come prima dei 70 anni potrebbero andare in pensione solo i lavoratori di Ungheria, Svezia e Malta mentre addirittura si sale a 72 anni per Lituania e Lussemburgo, il tutto sempre qualora si dovesse scegliere il criterio della sostenibilità del vasto sistema pensionistico europeo. «i sistemi pensionistici potrebbero sostenere una vita lavorativa più lunga adattando automaticamente l’età pensionabile o i requisiti di carriera, i tassi di maturazione o i benefici in modo da riflettere una maggiore aspettativa di vita», conclude il documento della Commissione Ue, estremo campanello d’allarme nel Paese come l’Italia dove si sta studiando la prossima riforma post-Quota 100 «limitare il pensionamento anticipato a casi oggettivamente giustificati, stabilire un diritto generale a lavorare oltre l’età pensionabile e regimi di pensionamento flessibile».
RIFORMA PENSIONI, MANEGGIARE CON CURA
In un breve articolo di commento ai dati relativi al numero di pensioni liquidate nel 2020 diffusi dall’Inps, Valentina Conte evidenzia che gli effetti dell’aumento dei requisiti anagrafici per la pensione di vecchiaia del 2018 si sono visti con un certo ritardo, mentre per le pensioni anticipate è successo il contrario: dopo il boom di Quota 100 nel 2019, l’anno scorso questa misura è stata utilizzata meno del previsto. La conclusione della giornalista di Repubblica è che è “facile riformare le pensioni, difficile farlo bene. Cambiare male i requisiti oggi significa creare scaloni, esodati, boom domani”. Dal suo punto di vista occorre “maneggiare con cura” la materia. Parole che certo si riferiscono alle misure allo studio per sostituire Quota 100 l’anno prossimo, ma che possono anche essere lette in prospettiva.
IL RISCHIO SULL’ETÀ PENSIONABILE
Come riportato dall’Ansa, infatti, nel Libro verde sull’impatto di invecchiamento della popolazione, la Commissione europea segnala che “se nei prossimi due decenni i Paesi europei vorranno mantenere sistemi pensionistici sostenibili, potrebbero dover estendere la vita lavorativa in media a 70 anni. Una quota che per l’Italia si alzerebbe a 71”. Bruxelles consiglia di “limitare il pensionamento anticipato a casi oggettivamente giustificati, stabilire un diritto generale a lavorare oltre l’età pensionabile e regimi di pensionamento flessibile”. Consigli che vanno accolti ponderandone bene le conseguenze concrete, onde evitare, appunto “scaloni, esodati, boom domani”, come scritto da Conte.