VISCO E LA PATRIMONIALE AL POSTO DEI PRELIEVI SUI PENSIONATI
Intervenendo ai microfoni di Radio Cusano Campus, nella trasmissione “L’Italia s’è desta”, Vincenzo Visco ha spiegato che “l’introduzione dell’imposta patrimoniale, non è una bestemmia come sembra qui in Italia” e che vista la situazione di crisi “un’imposta su chi ha di più sarebbe ben accolta da tutti. In Italia riguarderebbe alcune migliaia di persone, ma poche”. L’ex ministro delle Finanze ha collegato questo tema a quello della riforma pensioni ricordando che “proprio di questi giorni è una sentenza della Corte Costituzionale che ha stabilito che il prelievo di solidarietà sulle pensioni più alte va bene. Io penso che piuttosto che prendersela con i pensionati, prendersela per una volta con i ricchi non sarebbe sbagliato. I dati italiani confermano che tutti gli effetti della crisi del 2009 e di quella attuale vanno a favore dei ricchi, perché le banche centrali devono riempire l’economia di liquidità che si traduce in un sostegno alle borse e chi ha i titoli in borsa non è povero”.
RIFORMA PENSIONI, SALTA AMPLIAMENTO APE SOCIAL
Non arrivano buone notizie in tema di riforma pensioni. Infatti, secondo quanto riporta pensionioggi.it, “dallo schema della legge di bilancio consegnato questa settimana dal Governo in Parlamento è stata espunta la norma che avrebbe consentito l’accesso all’ape sociale anche ai lavoratori dipendenti privi dei requisiti contributivi ed assicurativi per la Naspi. La misura era stata inserita nelle prime bozze del ddl ed era stata annunciata anche nella relazione illustrativa del Governo. Salvo modifiche in corso di esame parlamentare, pertanto, le platee beneficiarie anche nel 2021 restano le medesime dell’anno in corso”. Intanto su firenzepost.it Paolo Padoin ricorda che dai recenti dati diffusi dal Sole 24 Ore aggiornati ai primi di ottobre risulta che Quota 100 è stata utilizzata da poco più di 240.000 persone, contro le previsioni del Governo Conte-1 di 300.000 l’anno per tre anni. Tuttavia con la fine del blocco dei licenziamenti all’inizio del 2021 potrebbe esserci una corsa al pensionamento anticipato.
PENSIONI AGRICOLTORI, LA “BEFFA” DI NATALE
La Cia Veneto la chiama “beffa di Natale”: in sostanza, spiega il presidente Giuseppe Scaboro «Dal 1° gennaio del 2021 migliaia di pensionati veneti riceveranno un aumento da 1 a 3 euro al mese sulla propria pensione, già ridotta ai minimi termini. Un incremento ridicolo, che in questo periodo di emergenza sanitaria, e conseguente crisi economica, suona come una beffa». In attesa di una sostanziale e strutturata nuova riforma pensioni a 360%, le critiche del settore agricolo si fanno pressanti dal Veneto: «negli ultimi 10 anni la perdita del potere d’acquisto delle pensioni è stata dell’ordine del 30%. Molti dei nostri associati fanno fatica ad arrivare non alla quarta settimana, ma addirittura alla seconda del mese». Viene chiesto un migliore trattamento al Governo, con la Cia Veneto che esplicita in termini numerici le riforme da prendere «È necessario l’incremento delle pensioni a 650 euro al mese, a fronte degli attuali 515 euro al mese della minima. Altrimenti gli agricoltori sono costretti a rimanere a lavoro nei campi fino a tarda età, sfavorendo inoltre il ricambio generazionale. Occorre poi stabilizzare la quattordicesima fino a tre volte il trattamento minimo, cioè 1.520 euro mensili, e ridurre proporzionalmente il carico fiscale sulle stesse pensioni, che è il più elevato d’Europa», conclude il n.1 di Anp (Associazione Nazionale Pensionati) Cia Veneto.
RIFORMA PENSIONI, A GENNAIO +0,1% SUGLI ASSEGNI
Come ricorda laleggepertutti.it, in base al recente decreto dei ministeri dell’Economia e del Lavoro nel 2021 le pensioni non aumenteranno in base all’inflazione, che anzi registra un dato negativo. Tuttavia dato che non ci può essere una “decurtazione” dovuta all’adeguamento all’indice dei prezzi, la rivalutazione sarà pari a zero. C’è da dire però che “una piccolissima variazione dovrebbe essere riscontrata nella pensione di gennaio. I dati dicono che la variazione applicata in via provvisoria nel 2020 è stata dello 0,4% rispetto all’anno precedente e che il valore definitivo è di +0,5%. Significa che a gennaio verrà riconosciuto uno 0,1% in più rispetto agli importi erogati durante il 2020”. Intanto, come ricorda Sky Tg24, il coefficiente delle rivalutazioni per il 2020 è stato fissato a 1,019199. “Nessun impatto ancora dunque sulle pensioni della grave crisi economica legata all’epidemia di coronavirus”, anche se al tavolo sulla riforma pensioni con il Governo i sindacati continuano a chiedere “la sterilizzazione del Pil negativo per evitare che le pensioni possano scendere”.
LA FLAT TAX PER I PENSIONATI ESTERI (E ITALIANI)
Il sito di Ipsoa ricorda che attraverso la la risposta a interpello n. 559 del 24 novembre 2020 l’Agenzia delle Entrate ha ribadito che “i pensionati esteri, che trasferiscono la propria residenza fiscale in taluni Comuni del Mezzogiorno o in uno dei Comuni con popolazione non superiore a 3.000 abitanti, rientranti nelle zone colpite dal sisma del 24 agosto 2016, del 26 e 30 ottobre 2016 e del 18 gennaio 2017, possono optare per l’assoggettamento dei redditi di qualunque categoria, prodotti all’estero, ad un’imposta sostitutiva, con aliquota del 7 per cento, da applicarsi per ciascuno dei periodi di validità dell’opzione, complessivamente 10 anni”. È stato inoltre chiarito che “l’accesso al regime è consentito sia a un cittadino straniero sia a un cittadino italiano, purché sia integrato il presupposto della residenza fiscale all’estero” nei cinque periodi di imposta precedenti a quello in cui l’opzione diviene efficace e via dia il trasferimento della residenza “da paesi con i quali sono in vigore accordi di cooperazione amministrativa”.
RIFORMA PENSIONI, IL RISCHIO PER GLI ASSEGNI FUTURI
Secondo Massimiliano Lo Savio, la crisi determinata dal Covid sta mettendo a rischio le pensioni future. Come riportato da italiachiamaitalia.it, per il candidato alle elezioni dei Comitato italiani all’estero del Movimento delle Libertà, “con un Governo italiano che sembra agire come se non ci fosse un domani, l’anno zero delle pensioni sarà il 2030″, “anno in cui andranno in pensione i figli del baby boom, cioè i nati negli anni 1964-65, quando cioè l’Italia era nel pieno miracolo economico e partorì più di un milione di neonati. Quest’ultimi al compimento dei 66-67 anni, ‘busseranno’ alla porta dell’Inps. Un picco di richieste che si tradurrà presumibilmente in uno choc, soprattutto se la crescita economica rimarrà modesta”.
LE PAROLE DI LO SAVIO
Per Lo Savio, “la riforma delle pensioni sembra non avere mai fine: il primo a metterci le mani è stato il governo Amato nel ’92, successivamente quello diretto da Dini nel ’95. I vari Governi che si sono succeduti hanno affrontato il tema spinoso, ma nessuno è riuscito a non ‘lasciare vittime sul campo’, eclatante è stato il caso dei 170mila esodati della legge Fornero”. Dal suo punto di vista “oggi, in Italia, il panorama dei pensionati è molto variegato: ci sono ‘cittadini di serie A’, ‘cittadini di serie B’, mentre ‘quelli di serie C’, i giovani, combattono prima per ottenere un posto di lavoro, possibilmente con un contratto a tempo indeterminato, poi dovranno lottare per il loro diritto alla pensione. Tale scenario, fino a pochi anni fa, era impercepibile”.