LA SCADENZA PER IL CONTRATTO DI ESPANSIONE
Come si legge sul Sole 24 Ore, “i datori di lavoro che vogliono accompagnare a pensione i propri dipendenti con il contratto di espansione hanno meno di due mesi di tempo a disposizione prima che si chiuda la finestra utile. Infatti la scadenza per siglare l’accordo in sede ministeriale, raccogliere le adesioni dei lavoratori e avviare la procedura telematica di accreditamento con Inps e di trasmissione delle liste dei dipendenti aderenti è fissata al 1° settembre”. Bisogna anche tenere conto che per utilizzare quello che viene considerato ormai uno degli strumenti frutto delle misure di riforma pensioni occorre un accordo sindacale. Di certo le aziende interessate si saranno già mosse per non farsi preparare impreparate rispetto alla scadenza ricordata dal quotidiano di Confindustria. Non è poi da escludere che con la prossima Legge di bilancio ci possa essere una proroga, e magari un’ulteriore estensione (dopo quella inserita nel Decreto sostegni), del contratto di espansione.
LA DOCCIA FREDDA SUGLI ARROTONDAMENTI DELL’ANZIANITÀ
Come riporta pensionioggi.it, arriva una “doccia fredda per i pensionati del settore pubblico che per pochi giorni non hanno raggiunto i 18 anni di servizio entro il 31.12.1995. L’orientamento che si sta consolidando nelle giurisdizioni d’appello della Corte dei Conti sta dando ragione all’Inps nel senso di non riconoscere l’applicabilità del calcolo retributivo sulle anzianità comprese tra il 1° gennaio 1996 ed il 31 dicembre 2011”. Di fatto non si riconosce l’arrotondamento al mese superiore nel caso di anzianità compresa tra i 17 anni, 11 mesi e 16 giorni e 17 anni, 11 mesi e 29 giorni al 31.12.1995. Difatti, secondo la Corte, “con la parola ‘almeno 18 anni di anzianità contributiva’ il legislatore ha inteso escludere la possibilità di qualsiasi interpretazione analogica dimostrando chiaramente l’intenzione di limitare unicamente all’effettivo e reale ricorrere del requisito minimo di 18 anni di anzianità contributiva concretamente maturata la conseguenza del mantenimento del calcolo del trattamento pensionistico col metodo retributivo”.
L’ATTENZIONE ALTA DEI SINDACATI
Come riporta reportweb.it, i Segretari generali di di Cgil Napoli e Campania e Fiom Campania, rispettivamente Nicola Ricci e Massimiliano Guglielmi, ritengono che la mobilitazione unitaria sindacale di fine giugno abbia raggiunto l’importante risultato di far cambiare idea all’esecutivo sul blocco dei licenziamenti, arrivando quanto meno “all’Avviso Comune siglato da governo e parti sociali che raccomanda le imprese ad utilizzare tutti gli ammortizzatori sociali disponibili in alternativa ai licenziamenti. Un risultato non affatto scontato”. Secondo i due sindacalisti, occorre a questo punto “lavorare perché la tanto agognata riforma degli ammortizzatori sociali vada nella giusta direzione. Le tredici settimane di cassa garantite dal governo dovranno servirci a gestire al meglio le crisi, a partire da quella della Whirlpool. Sarà importante nei prossimi mesi mantenere alto il livello di confronto con la nostra base per affrontare al meglio le sfide che abbiamo davanti: dagli appalti, ai contratti, dalle pensioni alla gestione delle risorse del Pnrr”.
IL PERICOLO DEL NEOLIBERISMO
In un articolo pubblicato su radioradio.it, Francesco Amodeo spiega che il neoliberismo è “una ideologia che domina le nostre vite, anche se molti non ne hanno neanche mai sentito parlare. Eppure ne subiamo tutti i giorni le nefaste conseguenze. Il fatto stesso che la parola ‘neoliberismo’ non susciti alcuna reazione da parte degli interlocutori è la prova concreta del suo potere. Il neoliberismo è la causa di tutte le crisi economiche degli ultimi 40 anni, la causa dei tagli alla spesa pubblica, alla sanità, alle pensioni. La causa della perdita dei diritti sociali e la messa in discussione delle conquiste salariali di gran parte dei lavoratori. Il neoliberismo non è solo un insieme di politiche economiche, ma anche una completa ideologia politica oggi egemone che impone un pensiero unico, una sola concezione della realtà, dell’economia, della visione del mondo dove l’uomo è visto soltanto come consumatore e il lavoratore soltanto come macchina. Esso concepisce la ricerca del profitto come criterio per giustificare la soppressione di ogni diritto, il dumping sociale, le privatizzazioni, le delocalizzazioni”.
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI BRAMBILLA
In un articolo pubblicato sul Messaggero, Alberto Brambilla evidenzia che “per i fondi pensione si profilano in futuro grandi problemi se il Governo accoglierà senza correzioni il documento conclusivo di indirizzo politico per la legge delega sulla riforma fiscale elaborato della Commissioni di Camera e Senato”. L’ex sottosegretario al Welfare spiega infatti che dai parlamentari arriva la richiesta di rivedere il sistema di tassazione dei rendimenti dei fondi pensione, con il rischio che con l’applicazione dell’aliquota marginale si possa arrivare a pagare fino al 46%, con gli effetti distruttivi per la previdenza complementare che si possono immaginare. Da tempo peraltro si chiede una misura di riforma pensioni che riduca la tassazione sul secondo pilastro previdenziale.
L’AUSPICO PER LA PREVIDENZA COMPLEMENTARE
Brambilla ricorda tra l’altro che “lo sviluppo dei fondi pensione è indispensabile per i cittadini e per il Paese e quindi bisogna fare ‘tutto ciò che è necessario’ perché aumentino le adesioni visto che siamo tra gli ultimi nelle classifiche Ocse e la pensione pubblica, per via dei bassi redditi da lavoro, potrebbe non bastare”. Secondo il Presidente di Itinerari previdenziali è necessario che la politica non confonda il risparmio finanziario con quello previdenziale e auspica che “il Governo Draghi, competente ed equilibrato, non tenga conto di questo pittoresco parere delle Commissioni parlamentari”. Non resta che attendere quelle che saranno le valutazioni dell’esecutivo in materia.
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