LA DECISIONE NECESSARIA SULLE PENSIONI

In un articolo pubblicato su Libero, Sandro Iacometti ricorda che il Governo dovrà affrontare presto anche il nodo della riforma delle pensioni e “Draghi, anni fa, nella famosa lettera della Bce al governo Berlusconi, aveva detto come la pensava: tagli, lacrime e sangue per tenere in piedi la previdenza. Però da allora sono passati dieci anni, il sistema e sempre più contributivo e dal 2018 ci dicono che chi ha lavorato per una vita può lasciare con un po’ di anticipo senza dover morire di fame finché campa. Da gennaio tutto torna come prima. E, in assenza di interventi, chi aveva assaporato la libertà dovrà aspettare altri 5 anni”. Iacometti evidenzia che se il Premier l’altro giorno “ha usato le parole di Nino Andreatta per spiegare che ‘le cose vanno fatte perché si devono fare, non per avere un risultato immediato”, allora “anche su bollette, fisco e pensioni ci sono cose che devono essere fatte. Non solo sul green pass”, tema quest’ultimo al centro del Consiglio dei ministri di oggi.



QUOTA 101, IL COSTO PER LO STATO

L’ipotesi di passaggio dalla riforma pensioni di Quota 100 ad una meno costosa Quota 101 è stato per la prima volta accennato negli scorsi giorni dal Ministro dell’Economia Daniele Franco che ha parlato di estendere l’uscita dal lavoro a 63 anni con 39 di contributi.

Il problema restano comunque i costi, seppur inferiori alla legge Quota 100: per poter far partire Quota 101 servirebbero tra i 2,5 e i 3 miliardi di euro non solo il primo anno, ma per ogni annualità dal 2022 al 2024. Lo stesso numero 1 del MEF ha poi precisato che per mantenere la risorsa vanno aggiunti i fondi per il lancio e l’introduzione: 400 milioni di euro per il primo anno, ma dato in crescita per il secondo e il terzo anno sperimentale. Al momento le fonti di Governo fanno trapelare che in Manovra di Bilancio il fondo destinato alla riforma pensioni è non superiore ai 3 miliardi di euro, dunque serviranno lavori supplementari tra MEF, Ministero del Lavoro e sindacati per provare a trovare una quadra composita per poter aumentare la flessibilità in uscita senza un costo enorme per la collettività in termini di spesa previdenziale. (agg. di Niccolò Magnani)



IL ROSPO DA INGOIARE PER LA LEGA

In un articolo pubblicato sull’Huffington post a commento dei dati diffusi dall’Inps sul numero di domande accolte per accedere a Quota 100, Gianni Del Vecchio evidenzia che “si può dire che gli aridi numeri abbiano bocciato la misura più amata da Salvini. Ma si sa, per un politico dire ‘ho sbagliato’ è più difficile che per Fonzie. E quindi meglio perseverare, come fa Salvini, minacciando sia Draghi che il ministro dell’Economia Franco, a cui tocca materialmente trovare una soluzione per cassare Quota 100 e contemporaneamente mettere in piedi qualche modello alternativo e sostenibile per quei pochi che vogliono andare in pensione prima. Missione non impossibile, certo, ma più facile da compiere da metà ottobre in poi, quando le polveri della campagna elettorale per le comunali si sarà posata e per Salvini e i leghisti sarà più facile ingoiare l’ennesimo rospo”. Dunque la previsione è che in tema di riforma pensioni il Carroccio dovrà fare buon viso a cattivo gioco, ma solo dopo le amministrative.



LA POLEMICA SUL TWEET DI COTTARELLI

In un articolo sul sito del Giornale viene ricordata la polemica suscitata da un tweet di Carlo Cottarelli di martedì scorso. Il direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani ha infatti scritto: “Oggi il Sole 24 ore ci ricorda che in Giappone l’età di pensionamento effettiva (non legale) è di 71 anni per gli uomini e di 69 per le donne. Ricordiamocelo quando discuteremo l’uscita da Quota 100. Pensiamo ai nostri giovani”. Parole che, pensando al dibattito relativo alla riforma delle pensioni, hanno portato alcuni internauti a ricordare a Cottarelli stesso che “lui percepisce una pensione di tutto rispetto dal Fondo monetario internazionale fin da quando ha 59 anni”. Intanto, intervistato dalla Stampa, Pierpaolo Bombardieri non esclude che i sindacati possano optare per una mobilitazione riguardante i vari temi su cui hanno presentato proposte al Governo, senza ricevere risposte chiare e impegni precisi, “dalle morti bianche ai progetti del Pnrr, dalle pensioni alla riforma fiscale”.

RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI PALMA

In un articolo pubblicato su Linkiesta, Carmelo Palma spiega che Quota 100 “è stato il mezzo giusto per un fine sbagliato, quello di una discriminazione di genere e di classe a vantaggio dei lavoratori dipendenti, in larghissima misura maschi e con una carriera contributiva regolare”. Dal suo punto di vista, “i vari sequel di quota 100 che sono stati ipotizzati – quota 41, quota 102 e così enumerando – costano tutti svariati miliardi in più rispetto al tanto e troppo che già si spende e si spenderà in pensioni. Dalla Cgil a Fratelli d’Italia non c’è chi non chieda di evitare lo scalone, cioè l’immediato ritorno ai requisiti della Legge Fornero. E non c’è nessuno che non metta in conto come dovuto un ulteriore aggravamento del deficit previdenziale”.

IL VINCOLO PER IL POST-QUOTA 100

Per questo motivo, Quota 100 per Palma “costituisce, come per certi versi la vicenda surreale dell’ex Alitalia, il banco di prova più complicato e significativo della responsabilità dell’esecutivo” e se in tema di riforma delle pensioni “non fosse possibile per le pressioni parlamentari tornare semplicemente alla legge Fornero – usando come strumento di emergenza l’Ape sociale e come strumento di flessibilizzazione l’Ape volontaria – sarebbe auspicabile che alla discussione fosse comunque posto un vincolo, per così dire, costituzionale”, ovvero “la necessità di trovare risorse per qualunque misura transitoria e sostitutiva di quota 100 all’interno della spesa previdenziale, senza aumentarne l’onere per il bilancio pubblico e soprattutto per le generazioni future”.

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