Esattamente come nel 2022, all’inizio dell’anno sono ripresi i confronti Governo/parti sociali per affrontare e risolvere quello che da oltre dieci anni è il cruccio di ogni Esecutivo in ambito previdenziale, vale a dire superare la rigidità della riforma pensioni della Fornero. Troppe volte abbiamo discusso e criticato una legge costruita in venti giorni che in un contesto economico diverso dall’attuale e con lo spread a 574 punti impose una scelta previdenziale che risanava in parte le esauste casse dello Stato ma che si è rivelata pesantissima per i lavoratori. Le critiche alla riforma pensioni della Fornero si sono evidenziate subito con il crearsi degli esodati che hanno costretto i vari Governi che si sono succeduti negli anni ad approvare ben nove salvaguardie con costi altissimi per l’Erario e successivamente con la consapevolezza di tutte le forze politiche di aver approvato una legge troppo rigida e con requisiti di accesso al pensionamento troppo severi.
Abbiamo poi avuto le quote “100, 102, 103” che hanno creato molti malumori tra i lavoratori perché per accedere al pensionamento era necessario centrare “l’ambo secco” (38 + 62), (38 +64), (41 + 62), e ora, finalmente, il Governo nella persona del Neoministro Calderone nei giorni scorsi ha affermato che questo sarà l’anno decisivo per una riforma non più procrastinabile incentrata sulla flessibilità che, dopo un confronto ampio e articolato con tutti gli attori coinvolti, si concretizzerà in un’ipotesi di intervento entro l’estate.
Il primo di questi incontri che ci si augura siano serrati, si è svolto al ministero del Lavoro nella giornata di ieri alla presenza oltre che del Ministro Calderone, dei due sottosegretari leghisti Freni e Durigon e del Presidente dell’Inps Tridico che proprio ieri ha lanciato un grido d’allarme sul sistema previdenziale italiano il quale, essendo a ripartizione (i contributi versati dai lavoratori attivi sono utilizzati per pagare i pensionati), per essere in equilibrio deve avere almeno 1,5 lavoratori per ogni pensionato, ma già oggi il rapporto è a 1,4 e scenderà a 1,3 nel 2029 e ad 1 nel 2050. In questo clima e, forse con troppe persone sedute ai tavoli, è ovvio che l’incontro di ieri è stato interlocutorio ed è servito al Governo più che altro ad ascoltare le varie posizioni nonché a calendarizzare il prossimo incontro nella giornata dell’8 febbraio dove si affronterà in particolare il problema dei giovani e delle donne a cui seguiranno incontri settimanali per cercare di arrivare a una sintesi entro aprile e poter inserire le linee guida dell’accordo nel Mef. In particolare, su Opzione Donna, dove all’esterno del ministero del Lavoro era presente un folto gruppo di donne per chiedere a gran voce il ripristino dei requisiti preesistenti la Legge di bilancio 2023, il Ministro Calderone ha annunciato alle parti sociali il massimo impegno per rivedere alcuni passaggi della norma appena approvata.
Più cauti i sindacati, che al di là di affermazioni generiche e di circostanza vogliono verificare se a queste affermazioni corrispondono, poi, fatti concreti. Siamo comunque distanti anni luce dai sindacati della vicina Francia che al solo annuncio da parte di Macron di voler aumentare l’età della pensione da 62 a 64 anni con aumenti progressivi di tre mesi ogni anno hanno portato proprio nella giornata di ieri centinaia di migliaia di persone in piazza.
Sembra, e ribadisco sembra, che stavolta l’Esecutivo voglia fare sul serio e voglia entrare da subito nel merito della questione affrontando il tema dei giovani e delle donne, della flessibilità in uscita, dell’importo delle pensioni che sono troppo basse, del riconoscimento dei lavoratori precoci. Finora, però, al di là di annunci e di buoni propositi non si è ancora entrati veramente nella questione. Vale a dire da che età partirebbe questa flessibilità in uscita, che eventuali penalizzazioni ci sarebbero per il lavoratore, che tipo di sistema misto o contributivo si applicherebbe in caso di flessibilità, come sarebbe strutturata la pensione di garanzia per giovani e donne, come si inciderebbe sul discorso dei coefficienti di trasformazione per aumentare pensioni quasi al limite della povertà, se Opzione Donna al di là di affermazioni generiche ritorni esattamente come era prima delle Legge di bilancio 2023, se si vuole operare veramente una divisione tra previdenza e assistenza.
Come si può vedere le domande da farsi per avere un’equa e strutturale riforma previdenziale sono molteplici, all’Esecutivo il compito di dare subito delle risposte perché i cittadini italiani, dopo anni di promesse non mantenute, sono al limite dell’esasperazione.
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