QUOTA 41 CON PENALIZZAZIONE?

Tra le ipotesi di intervento di riforma pensioni c’è anche quello di introdurre Quota 41 nel nostro sistema. Secondo quanto scrive trend-online.com, si sta facendo strada l’ipotesi di vararla ma con una liquidazione della pensione “interamente con il metodo contributivo. Che cosa comporterebbe questo per i lavoratori che andranno in pensione? In pratica comporterà che per tutti i periodi di lavoro effettuati fino al 31 dicembre 1995, che rientravano nel sistema retributivo, dovranno essere calcolati con il sistema contributivo. Una decisione che sarà penalizzante sotto il profilo economico. Una scelta che porterebbe ad un taglio dell’assegno mensile difficilmente quantificabile a priori, ma che sarà molto più pesante quanti più saranno i contributi versati prima del 1996. Ovviamente il rovescio della medaglia (in senso positivo, questa volta) è che quanti avranno meno contributi versati prima del 1996 avranno una penalizzazione minore. In questo modo lo Stato avrebbe la possibilità di ridurre al minimo la spesa e potrebbe destinare maggiori risorse alle pensioni per i giovani lavoratori”.



LA PENSIONE ANTICIPATA PER INVALIDI

Il Patronato Mcl di Medole (MN), come riporta ilgazzettinonuovo.it, ricorda che “è possibile accedere alla pensione di vecchiaia anticipata con un’invalidità superiore all’80%: in primo luogo, per il diritto alla diversa età pensionabile, l’accertamento dello stato di invalidità in misura non inferiore all’80% deve essere effettuato dagli uffici sanitari dell’Inps. Se il lavoratore, dunque, ha eventualmente già ottenuto il riconoscimento di una percentuale d’invalidità pari o superiore all’80% da parte di un altro ente la certificazione rilasciata costituisce solo un elemento di valutazione per la formulazione del giudizio medico legale utile alla pensione di vecchiaia anticipata. Diversi i requisiti richiesti tra i quali rientra il possesso di almeno 20 anni di contributi, mentre sono sufficienti 15 anni di contributi per i beneficiari di una delle cosiddette deroghe Amato; avere un’età almeno pari a 61 anni, per gli uomini, o a 56 anni, per le donne che, per i non vedenti, si abbassa a 56 anni per gli uomini e a 51 anni per le donne”.



PIZZUTTI “CRISI COVID AFFOSSA LA QUOTA 100”

Secondo Felice Roberto Pizzuti – docente di Politica Economica e di Economia e Politica del Welfare State presso l’Università “Sapienza” di Roma intervistato da Huffington Post – il calo delle domande per la riforma pensioni Quota 100 è spiegabile con l’instaurarsi della crisi Covid-19. «La fuga da Quota 100 non sorprende, anzi un calo di questa portata era stato ampiamente previsto. Di fronte a una crisi economica è scontato che il contribuente tenda a proteggere il suo reddito», sottolinea il professore commentando i dati usciti oggi sul Sole 24 ore che riportano come nei primi 6 mesi 2020 le domande siano solo un terzo di quelle nello stesso periodo del 2019. La motivazione per Pizzutti è semplice: «se un cittadino, per fare un esempio, anticipa di cinque anni la sua uscita dal lavoro, vorrà dire che per cinque anni in più dovrà fare affidamento sul suo reddito da pensione, quindi inferiore. Di fronte a una crisi economica e all’incertezza che ne deriva è abbastanza ovvio che le persone preferiscano avere un reddito maggiore anche a costo di dover lavorare di più».



L’ANALISI DI ALFREDO MOSCA

In un articolo pubblicato su L’Opinione delle Libertà, Alfredo Mosca scrive che la previdenza “è diventata un paradiso, con l’assistenza mescolata assieme per creare un impasto antieconomico e dannoso dove tra furbetti, falsi invalidi, malati eterni, permessi retribuiti, scivoli garantiti, ferie termali e sconti fiscali, pensione retributiva, una sorta di materia refurtiva”. L’autore aggiunge che per anni “i sindacati anziché pensare che il lavoro viene dalle imprese, dal rischio dell’investimento, dallo stimolo alla produzione, hanno pensato a combattere il ‘padrone’, alle festività soppresse, alle 35 ore, alle pensioni anticipate di anni, ai diritti da trasformare in privilegi, col risultato che il costo del lavoro è diventato una zavorra tale da essere un vulnus infernale. Nel corso degli anni il nostro sistema contrattuale è diventato quello col minor numero di ore lavorate a livello annuale, col maggior numero di ferie, di festività pagate, di garanzie anche a dispetto dei santi rispetto al resto del mondo occidentale”. Il tutto con un peso importante sulle performance economiche del Paese.

PENSIONI DI INVALIDITÀ E FONDO CLERO

Si sta parlando ancora molto della sentenza della Corte Costituzionale sulle pensioni di invalidità che ha portato anche al varo di un loro aumento con il Decreto agosto. Dalle pagine di Avvenire Vittorio Spinelli segnala però che il Fondo Clero “riconosce solo una indistinta pensione di invalidità, indipendente dal concreto stato di invalidità o di inabilità dell’interessato. L’attuale situazione impedisce ai sacerdoti invalidi o inabili di ottenere un sostegno economico rapportato alla gravità delle proprie condizioni cliniche. Sconosciute sono anche l’indennità di accompagnamento per un’assistenza quotidiana, la possibilità di accedere alle cure termali ecc. Inoltre la stessa generica pensione di invalidità non viene riconosciuta se non sono trascorsi almeno cinque anni dall’ordinazione sacerdotale e quindi dall’iscrizione al Fondo. A parità di condizioni, per gli altri assicurati Inps è sufficiente, come requisito, un solo contributo settimanale. Lo scarto normativo potrebbe essere superato anche con una diversa lettura della legge del Fondo ma, in mancanza di ricorsi, permane l’evidente e incostituzionale discriminazione”.

RIFORMA PENSIONI, DOMANDE IN CALO PER QUOTA 100

Quota 100 non sembra essere più particolarmente attraente per gli italiani che vogliono andare in pensione. Il Sole 24 Ore segnala infatti che dall’inizio dell’anno ai primi di giugno sono state presentate all’Inps 47.810 domande, meno di un terzo di quelle accolte in tutto il 2019. Certo potrebbe influire il fatto che utilizzare la misura introdotta dalla riforma pensioni del Governo Conte-1 comporta di fatto un assegno più basso rispetto a quello che si avrebbe andando in quiescenza più tardi, ma il quotidiano di Confindustria mette in rilievo il fatto che anche le altre forme di anticipo pensionistico, come Opzione donna, l’Ape social e la pensione di anzianità hanno fatto segnare un calo di richieste rispetto allo scorso anno. Dunque a fine 2020 potrebbero esserci meno anticipi pensionistici rispetto a quelli già rivisti al ribasso dal bilancio previsionale dell’Inps.

LE PREVISIONI DI CGIL E ITINERARI PREVIDENZIALI

Tuttavia, aggiunge il quotidiano di Confindustria, secondo Itinerari previdenziali dopo lo scoppio della pandemia, e la relativa crisi economica, potrebbe esserci un maggior ricorso ai pensionamenti anticipati, visti come una sorta di ammortizzatore sociali per quanti potrebbero perdere il posto di lavoro in età avanzata o essere incentivati a farlo. D’altro canto, la Cgil prevede invece che ci saranno meno domande per Quota 100 rispetto a quelle preventivate a inizio 2019. Cosa che potrebbe comportare dei risparmi di spesa che, per il sindacato di Maurizio Landini, dovrebbero essere destinati a disegnare una nuova misura di flessibilità pensionistica per il post-Quota 100.