I CONTRIBUTI VOLONTARI VALIDI PER OPZIONE DONNA
Rispondendo alla domanda di una lettrice di orizzontescuola.it, Patrizia Del Pidio ricorda che “i contributi volontari sono senza alcun dubbio validi per il raggiungimento dei 35 anni necessari per accedere all’opzione donna”. Tuttavia, solo se versati entro il 31 dicembre 2021. Eventuali contributi volontari versati quest’anno potrebbero valere solamente nel caso di un’ulteriore proroga di Opzione donna che non può essere certa fin quando non si capirà quali misure in ambito di riforma delle pensioni verranno prese per il 2023. Cosa che potrebbe avvenire anche negli ultimi giorni dell’anno. “L’unico modo per aumentare i contributi posseduti al 31 dicembre 2021, quindi, è il riscatto andando a vedere se nella propria carriera lavorativa ci sono periodi che, legalmente, possono essere riscattati. I contributi da riscatto, infatti, contrariamente a quello che avviene con i contributi volontari, si collocano temporalmente nel periodo in cui avrebbero dovuto essere versati e, quindi, permettono di colmare buchi contributivi del passato”, evidenzia l’esperta previdenziale.
CAOS PENSIONI EDILI, NON FUNZIONA LA NORMA IN MANOVRA
Dopo una lunga discussione tra i tecnici dei Ministeri, in Manovra era stata approvata la norma che consentiva l’anticipo per i lavoratori edili grazie alla riforma dell’Ape Sociale: ecco, è notizia di oggi (fonte “La Repubblica”) della estrema difficoltà dell’INPS di applicare la regola in quanto «non riesce a tradurre in una circolare applicativa».
La norma che riduce da 36 a 32 gli anni di contribuzione necessari per i lavoratori edili per accedere all’Ape sociale (a partire dai 63 anni di età) al momento non decolla: per la prima volta nella storia dell’Ape Sociale, scrive Valentina Conte su “Rep”, «non ci sono indicazioni di codici Istat da abbinare alle mansioni edili gravose, come per tutte le altre categorie agevolate». Vengono invece inclusi tutti gli «operai edili come indicati nel contratto collettivo nazionale per i dipendenti delle imprese edili»; a fare fede è il contratto e non più il profilo professionale. Solo che in questo modo a parità di mansioni, un lavoratore può essere incluso nell’Ape e un altro no: «È il caso proprio dei “ponteggiatori – ma anche dei coibentisti – che spesso sono border line, contrattualizzati come metalmeccanici e in quanto tali inclusi nella vecchia Ape sociale con 36 anni di contributi, ma esclusi in quella con 32 anni. Così a rischio il 10% dei lavoratori edili», conclude il focus di “Repubblica”.
IL PROBLEMA DEMOGRAFICO PER LE PENSIONI
Il Segretario generale della Fnp-Cisl della Lombardia, Osvaldo Domeneschi, durante il congresso del sindacato, in tema di riforma pensioni ha chiesto, come riporta osservatoremeneghino.info, “un bagno di realtà da parte dei decisori politici. Che prendano atto del tornado demografico segnalato dalle previsioni di medio-lungo periodo. Un declino demografico mostruoso, particolarmente grave nella nostra regione, che possiamo affrontare nell’unico modo possibile: puntando sulla crescita economica, verso un nuovo modello di sviluppo più equo, vantaggioso per tutti e dunque anche per i pensionati, il cui attuale punto di non ritorno è il costo delle pensioni attestato sul 16% del Pil. In questo modello rientra la necessità di garantire la copertura pensionistica alle giovani generazioni, ai precari e alle donne tramite forme di sostegno pubblico alla pensione integrativa di garanzia e a un’estesa accessibilità alla previdenza complementare e contrattuale. Non ci sono alternative alla linea del Sindacato Confederale a favore di una riprogettazione dei sistemi pensionistici”.
RIFORMA PENSIONI, IL RINVIO DEL CONFRONTO GOVERNO-SINDACATI
Oggi si sarebbe dovuto tenere un importante confronto tra Governo e sindacati sulla riforma delle pensioni, dedicato alle misure da introdurre in vista del post-Quota 102. Secondo quanto riporta Il Manifesto, in un articolo di Massimo Franchi, “nonostante lo slittamento del vertice ‘politico’ di una settimana – il 15 febbraio, e in quella settimana, a seguire, potrebbe poi tenersi l’incontro politico – il clima è costruttivo e la possibilità di cambiare strutturalmente la riforma Fornero è reale”. Anche se si tratta di capire in che modo, perché “il vero nodo è sulla flessibilità in uscita. I sindacati confermano la loro piattaforma unitaria con la richiesta di uscita a partire da 62 anni di età o 41 di contributi senza penalizzazioni. Molto difficile che il governo la accetti”.
LE PAROLE DI GHISELLI
Le ragioni sono principalmente legate ai costi. Per Franchi, “un punto di caduta potrebbe arrivare su un ricalcolo della sola parte retributiva: una riduzione del 3% per ogni anno di anticipo corrisponderebbe a un taglio di circa il 5% dell’assegno”. Non si sa però quale sia la posizione dei sindacati in merito. Dopo le parole di Domenico Proietti, Segretario confederale della Uil, sono arrivate anche quelle di Roberto Ghiselli, suo omologo della Cgil, secondo cui “gli incontri tecnici finora sono stati utili ma interlocutori specie sulla flessibilità in uscita. Ora serve arrivare a una fase più stringente e a un confronto politico in cui il governo passi dalla disponibilità a fare una riforma a proposte vere. Su cui misureremo il nostro atteggiamento unitario”.
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