CGIL A FAVORE DI QUOTA 41

Oggi è ripreso il confronto tra Governo e sindacati sulla riforma pensioni e secondo Daniela Barbaresi, Segretaria generale della Cgil Marche, occorre “una vera riforma della previdenza che garantisca a tutti la possibilità di andare in pensione a 62 anni, o con 41 anni di contributi a prescindere dall’età, il riconoscimento ai fini previdenziali del lavoro di cura, soprattutto a carico delle donne, i lavori manuali e gravosi come peraltro sosteniamo con la piattaforma unitaria di Cgil, Cisl e Uil”. Come riporta ilcittadinodirecanati.it, secondo la sindacalista “occorre pensare soprattutto ai più giovani e a tutti coloro che fanno i conti con lavori poveri e discontinui introducendo una pensione contributiva di garanzia senza la quale non potrà che esserci un futuro di pensione che non permetterà una vita dignitosa per un’intera generazione che ha conosciuto troppa precarietà”. Per Barbaresi “servono poi misure urgenti per rispondere alle emergenze create dal Covid, consentendo l’uscita anticipata dal lavoro in caso di particolare rischio di contagio correlato all’età, soprattutto in determinate attività”.



ESECUTIVA LA DELIBERA SUL CONTRIBUTO COVIP

Il sito di Ipsoa ricorda che “è divenuta esecutiva la Deliberazione COVIP dell’11 marzo 2020 recante ‘Determinazione della misura, dei termini e delle modalità di versamento del contributo dovuto alla COVIP da parte delle forme pensionistiche complementari nell’anno 2020’”. Viene anche specificato che “la Deliberazione è in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale”. C’è da tenere presente che “a causa dell’emergenza sanitaria in corso determinata dal contagio del virus Covid-19 e avuto conto delle richieste avanzate dai soggetti vigilati, per il tramite di proprie associazioni rappresentative, l’ordinario termine di versamento del contributo di vigilanza viene posticipato al 15 settembre 2020”. Infine, “il versamento del contributo è effettuato da ciascuna forma pensionistica complementare che al 31 dicembre 2019 risulti iscritta all’albo di cui all’art. 19 del decreto 252 del 2005, nella misura dello 0,5 per mille dell’ammontare complessivo dei contributi incassati a qualsiasi titolo nell’anno 2019”.



LA PROPOSTA DI CATALFO AI SINDACATI

Secondo quanto riporta Adnkronos, nel corso dell’incontro con i sindacati la ministra del Lavoro Nunzia Catalfo avrebbe proposto “una riforma delle pensioni da attuare con legge delega a partire dal 2022 una volta scaduta quota 100 che arriverà al termine del triennio sperimentale a fine 2021”. Sembra inoltre che vi sia l’intenzione di disegnare “due percorsi paralleli: uno che avrà come orizzonte la legge di bilancio e gli interventi più urgenti; e l’altro che avrà come obiettivo invece il disegno complessivo sulla riforma generale. Il primo si svolgerà l’8 settembre, il secondo il 16 settembre”. Infine, “dal governo sarebbe anche arrivata la disponibilità a ragionare sul rafforzamento del contratto di solidarietà per traghettare dal lavoro alla pensione i lavoratori e al tempo stesso liberare risorse per nuova occupazione”. Si accoglierebbe così una richiesta fatta proprio dai sindacati. Resterebbe in ogni caso da capire quali interventi più urgenti potrebbero essere inseriti nella Legge di bilancio per entrare quindi in vigore nel 2021.



IL PIANO DI MACRON

Il Sole 24 Ore evidenzia che Emmanuel Macron non ha abbandonato l’idea di far approvare la riforma pensioni in Francia. “L’intenzione è quella di ricominciare a trattare a gennaio, malgrado la perplessità dei sindacati”. Sembra che si voglia seguire una strategia per una riforma in due parti: normativa e finanziaria. “La riforma normativa prevede l’introduzione del sistema universale a punti in sostituzione dell’attuale complicato meccanismo, che prevede una molteplicità di regimi diversi: il 3% dei pensionati riceve un solo trattamento pensionistico, il 36% due, il 28% tre, il 18% quattro, l’11% cinque e il 4% sei o più. Il tema del finanziamento sarà a sua volta diviso nei due aspetti del breve e del lungo termine”. Non sarà in ogni caso facile portare a casa una riforma che per il Presidente è comunque importante. La partita è delicata e potrebbe influire anche sulle prossime presidenziali. Resta in ogni caso da capire quale sarebbe l’effetto concreto sui requisiti di accesso alla pensione per i cittadini francesi.

I PROBLEMI ALLE POSTE DI BURCEI

Da ieri sono cominciati, presso gli uffici postali e alle condizioni già vigenti nel corso degli scorsi mesi, i pagamenti in contanti delle pensioni di agosto. L’Unione Sarda segnala però che “nonostante l’Ufficio Postale di Burcei stia garantendo l’apertura quotidiana, il servizio non riesce spesso a coprire le esigenze degli utenti. Un solo impiegato che fa anche da direttore, eseguendo le operazioni di sportello: pensioni, pagamenti di bollettini”. Nel piccolo centro del Sud Sardegna, come spiega la consigliera comunale Paola Zuncheddu, “c’è stata la chiusura tassativa alle 13:45 con gli utenti, per lo più anziani, tornati a casa a mani vuote dopo ore di attesa sotto il caldo torrido. Intanto monta la protesta dei cittadini che chiedono all’Ufficio Poste Italiane il potenziamento del personale al fine di garantire l’apertura di più sportelli, evitando estenuanti attese per potersi vedere consegnare una pensione o poter pagare un bollettino o effettuare qualsiasi altra operazione allo sportello”.

RIFORMA PENSIONI, IL PUNTO DI BRAMBILLA E MUNDO

In un articolo su L’Economia, il supplemento del Corriere della Sera, Alberto Brambilla e Antonietta Mundo fanno alcune precisazioni circa i dati circolati nella scorsa settimana che hanno fatto parlare di sorpasso delle pensioni erogate rispetto al numero di pensionati, evidenziando che nel Casellario centrale dei pensionati “sono conteggiate tutte le tipologie di pensioni, tra cui alcune pensioni complementari, le pensioni di guerra e le pensioni ai superstiti che sono liquidate insieme al trattamento principale di vecchiaia o anzianità”. Il numero di pensionati è quindi inferiore rispetto alle pensioni erogate. Per gli autori, è possibile stimare che a fine maggio 2020 ci siano 1,415 per ogni pensionato, contro gli 1,45 del 2018. I due ricordano che sarebbe ideale raggiungere 1,5 per dare sicurezza al sistema previdenziale.

LE STIME SUL DISAVANZO INPS

In ogni caso non c’è da fare allarmismo, mentre preoccupano altri tre aspetti. Il primo è il fatto che bisognerà procedere all’innalzamento dell’importo delle pensioni di invalidità dopo la sentenza della Corte Costituzionale in materia. Il secondo è che la stessa Consulta dovrà pronunciarsi a fine ottobre sul taglio delle pensioni d’oro varato dal Governo Conte-1. Il terzo riguarda “l’effetto combinato di Quota 100 e del Sars-CoV2 che aumenterà il disavanzo dell’Inps dai 20 miliardi del 2018 ai 25 del 2019 e ai circa 48 del 2020”. Insomma, i conti per l’Inps rischiano di farsi pesanti, chiamando quindi lo Stato a ripianare il deficit, specie per le spese di carattere assistenziale.