RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI DAMIANO

Cesare Damiano spiega di avere partecipato, lo scorso 8 aprile, “in qualità di Consigliere di Amministrazione dell’Inail, a un’audizione presso la Commissione Lavoro della Camera dei Deputati, nell’ambito dell’esame della ‘proposta di legge C. 1033 Tripiedi, recante modifiche al decreto legislativo 21 aprile 2011, n. 67, concernenti l’accesso anticipato al pensionamento per i lavoratori delle imprese edili e affini’. In quella sede, ho ribadito la convinzione dell’utilità di usare la previdenza come strumento di prevenzione”. L’ex ministro del Lavoro ha in particolare evidenziato la necessità di una misura di riforma pensioni per ridurre il requisito contributivo necessario all’ingresso in quiescenza per i lavoratori dell’edilizia. Un intervento specifico si dovrà probabilmente fare anche per le donne perché, come ricorda linkiesta, citando dati della Commissione europea, “i salari più bassi influenzano la vita delle donne in molti modi diversi, alcuni esempi sono: più alto rischio di vivere in una situazione povertà e pensioni più basse”.



LE PREVISIONI DEL DEF

Nel Documento di economia e finanza, si legge che “la spesa per pensioni salirà del 2,3 per cento nel 2021, per effetto del numero di pensioni di nuova liquidazione, della loro rivalutazione ai prezzi e delle ricostruzioni di quelle in essere. Nel triennio successivo, tale spesa crescerà in media del 2,5 per cento, ovvero ad un tasso inferiore rispetto a quello previsto per l’intera economia. Conseguentemente, alla fine dell’orizzonte di previsione, la spesa per pensioni in rapporto al Pil scenderà al 15,8 per cento”. Guardando più in là nel tempo, il Def prevede che la spesa pensionistica in rapporto al Pil crescerà dal 16,1 per cento del 2026 al 17,4 per cento del 2036, anno in cui raggiungerà un picco, dopo il quale si registrerà una debole decrescita almeno fino al 2045, quando raggiungerà il 17 per cento. Dopo il 2045, il rapporto tra spesa pensionistica e Pil inizia velocemente a decrescere portandosi al 15,9 per cento nel 2050 e al 13,9 per cento nel 2060 fino a convergere al 13,4 per cento nel 2070.



LA BUONA NOTIZIA PER I COMMERCIALISTI

Novità importante per i commercialisti neo-iscritti alla cassa previdenziale professionale. È stata infatti approvata dai Ministeri competenti la delibera che prevede la possibilità per quanti hanno più di 35 anni di età di non pagare la contribuzione minima soggettiva per i primi cinque anni di iscrizione. “Anche alla luce di questa agevolazione è importante che i nostri iscritti abbiano sempre chiara la correlazione tra pensione attesa e contributi versati, come dimostra la costante crescita dell’aliquota di contribuzione soggettiva che stiamo registrando ormai da diversi anni, specie da parte dei professionisti più giovani”, spiega Stefano Distilli, Presidente di Cassa Dottori Commercialisti. Per tutti gli iscritti alla Cassa c’è invece la buona notizia di un tasso di capitalizzazione per i montanti contributivi pari al 2,1581% per il 2020, un livello superiore dello 0,2%, rispetto a quello stabilito da Istat per le pensioni erogate dalla previdenza pubblica obbligatoria. Questo vuol dire poter avere un futuro assegno pensionistico più alto.



I DATI SUI VITALIZI DEGLI EX PARLAMENTARI

Si sta parlando non poco in questi giorni dei vitalizi di deputati e senatori. Per questo truenumbers.it ha voluto evidenziare che la spesa per i vitalizi degli ex parlamentari e delle pensioni “è complessivamente di 135,5 milioni secondo gli ultimi bilancio della Camera e del Senato pubblicati, che si riferiscono agli anni 2020 e 2019 rispettivamente. Con la Camera Alta che è in ritardo nell’elaborazione di un budget, a differenza di Montecitorio.In particolare la Camera ha previsto che la spesa del 2020 sarebbe stata di 86 milioni, mentre per il Senato nel 2019 l’esborso totale sarebbe ammontato a 49,5 milioni”. Numeri che includono le pensioni di reversibilità. Sulle quali, in una lettera pubblicata su quotidianosanita.it, Marco Perelli Ercolini, Vicepresidente di Federspev, evidenzia il peso delle decurtazioni operate dallo Stato. “Basta infierire sempre sui pensionati, su chi ha sempre servito con lealtà il suo Paese pagando fior di tasse e contributi previdenziali per una tranquillità nel postlavorativo”, scrive Ercolini.

RIFORMA PENSIONI, I DATI SULL’ISOPENSIONE

In un recente articolo pubblicato sul Sole 24 Ore è statp evidenziato che l’isopensione, misura introdotta già con la riforma pensioni targata Fornero e che è stata prorogata, non ha avuto un grandissimo successo. “La platea dei lavoratori coinvolti, poco più di 26mila, è relativamente ridotta tenuto conto che l’isopensione può essere attivata dalle aziende con più di quindici addetti. E, tanto per avere un riferimento, ‘opzione donna’” “nel solo 2015 è stata usata da oltre 28mila lavoratrici”. La ragione principale di questi numeri sull’isopensione sembra risiedere nel costo a carico dell’azienda, che deve garantire al lavoratore “un assegno pari alla pensione maturata all’uscita dall’azienda”, oltre al versamento dei “contributi previdenziali calcolati sulla retribuzione media dei 48 mesi precedenti la cessazione dell’attività”.

I CASI DI TIM ED ENEL

Dunque finora a utilizzare l’isopensione, che può essere attivata per lavoratori cui mancano fino a sette anni per l’accesso alla pensione, sono state le aziende più grandi. Lo stesso quotidiano di Confindustria ha citato in tal senso i casi di Tim, nella quale dal 2015 a oggi “hanno aderito all’uscita attraverso l’articolo 4 della Legge Fornero quasi 8.300 lavoratori”, ed Enel, “che nel 2013 è stata tra le prime aziende ad attivare l’accompagnamento alla pensione previsto dalla Legge Fornero. Dal 2013 ci sono stati tre accordi sindacali per l’attivazione di altrettanti piani di uscite che hanno consentito a più di 10mila lavoratori di utilizzare lo strumento dell’isopensione”.