GLI EFFETTI DI UN PASSAGGIO AL LAVORO PART-TIME
Rispondendo a un quesito di un lettore sul sito del Sole 24 Ore viene ricordato che se negli ultimi anni di lavoro si decide di passare a un contratto part-time, “l’importo della pensione non dovrebbe subire una forte penalizzazione, in quanto il calcolo della pensione verrebbe penalizzato per i pochi anni del part time rispetto al totale dei contributi versati ‘a tempo pieno’”. In un articolo su Libero, invece, Andrea Pasini un imprenditore di Trezzano Sul Naviglio (MI), esprime preoccupazione per i dati recentemente diffusi riguardanti il futuro previdenziale dei giovani, che potrebbero poter lasciare il lavoro solamente a 71 anni, e la sostenibilità del sistema pensionistico italiano visto che, come ha ricordato il Presidente dell’Inps Tridico, ci sono pochi lavoratori rispetto ai futuri pensionati. “La ricetta contro il disastro? Più lavoro. A parere di Tridico sarebbe possibile invertire la rotta solo con un’impennata dell’occupazione di almeno il 4% nei prossimi anni per tutto il pubblico impiego”, conclude il suo intervento Pasini.
PENSIONI APE SOCIALE, I TERMINI
Nell’utile “pamphlet” preparato dalla CISL con tutte le ultime novità sulla riforma pensioni vengono scanditi tutti i termini e le novità per l’Ape sociale contenuti nella Manovra 2022.
Tutti i soggetti che entro il 31 dicembre 2022 si trovano nelle condizioni previste dalla legge vigente, devono presentare domanda di riconoscimento delle condizioni di accesso al beneficio entro il 31 marzo 2021 (il tutto previa preliminare domanda di prestazione). Ottenuta la certificazione dell’Inps, la finestra utile per l’uscita dal lavoro è prevista entro l’1 settembre. Tre i passaggi per la presentazione della domanda: all’INPS per via telematica, anche tramite Patronato; verifica INPS con possesso dei requisiti; «l‘interessato presenta tramite SPID (sistema pubblico di identità digitale) la domanda di APE, e contestualmente la domanda di pensione di vecchiaia che verrà corrisposta al compimento dei requisiti di legge». (agg. di Niccolò Magnani)
LA TRAPPOLA DELL’INDEBITAMENTO PER L’ITALIA
Claudio Maria Perfetto ritiene che ci sia un legame tra difficoltà ad arrivare a una riforma delle pensioni vicina alle aspettative dei lavoratori e regole europee sui bilanci pubblici, in quanto “il parametro debito pubblico diviene uno dei riferimenti principali per l’attuazione di Riforme, soprattutto in materia pensionistica. Poiché per ridurre il debito pubblico occorre ridurre la spesa pubblica, e poiché la maggiore voce di spesa pubblica è la spesa pensionistica, ne consegue che occorre ridurre la spesa per pensioni”. L’esperto previdenziale, come riporta pensionipertutti.it, ritiene che la mossa di ridurre le tasse operata dal Governo sia stata “alquanto incauta, avventata, ad alto rischio. Risultato: l’Italia si trova in una ‘trappola di indebitamento’ che impedisce il pensionamento di lavoratori anziani che, a sua volta, impedisce l’ingresso di giovani nel mondo del lavoro, che di conseguenza rappresenta un freno alla crescita economica (in quanto non vengono stimolati nuovi consumi, nuova produzione, nuovi investimenti, nuova occupazione)”.
ARRETRATI IN ARRIVO PER GLI STATALI IN PENSIONE
Come spiega Il Messaggero, “anche i dipendenti pubblici che sono andati in pensione tra il 2019 e il 2021 riceveranno gli arretrati del nuovo contratto delle Funzioni centrali. A prevederlo è l’articolo 48 dell’accordo che l’Aran, l’Agenzia che tratta per il Governo i rinnovi, e i sindacati firmeranno definitivamente questa mattina dopo la pre-intesa raggiunta subito prima di Natale”. “Insomma, siccome l’accordo che sarà firmato oggi con i sindacati ‘copre’ gli anni che vanno dal 2019 al 2021, chi in questo triennio ha lasciato il lavoro per andare in pensione, avrà diritto, per il periodo in cui è stato in servizio, sia agli arretrati, che al ricalcolo dell’assegno previdenziale e della buonuscita”, evidenzia il quotidiano romano, che aggiunge: “Secondo i calcoli della Confsal-Unsa, al netto dell’indennità di vacanza contrattuale pagata negli ultimi tre anni, gli arretrati oscilleranno da 970 fino a oltre 1.800 euro a seconda dell’area e dell’inquadramento. Per chi è andato in pensione scatterà, ovviamente, un ricalcolo pro-quota, che partirà dal primo gennaio del 2019 fino alla data del pensionamento”.
RIFORMA PENSIONI, L’ANALISI DI PENNISI
In un articolo pubblicato di recente su formiche.net a riguardo della riforma delle pensioni, Giuseppe Pennisi ricorda che la commissione tecnica preposta, in un documento non ancora ben noto, “conclude che previdenza ed assistenza non sono scorporabili, almeno per il momento: integrazioni al minimo degli assegni pensionistici, pensione e reddito di cittadinanza, assegni sociali e 14esima dei pensionati devono rimanere collocati all’interno del grande fiume della spesa previdenziale”. Il documento che non è stato ancora pubblicato metterebbe a dura prova il tentativo di mediazione e dialogo tra Governo e sindacati sulla riforma delle pensioni.
Secondo l’economista, si tratta di “una conclusione quanto meno bizzarra. Negli anni Ottanta non solo un’analoga Commissione concluse che la separazione tra assistenza e previdenza era fattibile e doverosa ma venne varata un’apposita legge perché venisse attuata”. Legge che è “stata più o meno applicata”.
RIFORMA PENSIONI, LA CRITICA AL LAVORO DELLA COMMISSIONE TECNICA
Pennisi aggiunge sempre riguardo al tema della riforma pensioni: “Non sappiamo chi sono i membri della Commissione, ma temiamo che si tratti di vecchi (quale che sia l’età anagrafica) legulei che amano questioni di lana caprina e si perdono nell’osservare il loro ombelico. Suggerisco loro di leggere (se conoscono l’inglese) il recente volume della Banca Mondiale Addressing Marginalization. Polarization and the Labour Market Progress and Challenges of Nonfinancial Defined Contribution Pension Schemes di cui sono autori Robert Holzmann, Edward Palmer, Robert Palacios, e Stefano Sacchi. Tutti nomi di gran rilevanza internazionale”. Tale volume “contiene anche un dettagliato capitolo sull’Italia. La conclusione è che il sistema contributivo impone la separazione tra previdenza ed assistenza”. Questo messaggio pare proprio che sia rivolto in particolare modo ai sindacati.
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