ANCI VS QUOTA 100 “RISCHI PER I PICCOLI COMUNI”
L’allarme contro la Quota 100 arriva non solo dalle categorie di lavoratori nella PA generale, bensì pure dall’Anci che vede nella riforma pensioni del Governo un rischi altissimo per alcuni piccoli Comuni che potrebbero “perdere” operatori senza un adeguato rimpiazzo occupazionale. Intervistato da La Stampa, parla l’ex sindaco di Ascoli nonché attuale delegato alla finanza locale dell’Anci Guido Castelli: «Nei piccoli Comuni il rischio non è astratto perché naturalmente non hanno grandi possibilità né potenzialità per riorganizzare la macchina. Mentre per i medi e grandi Comuni c’è, invece, la possibilità di un decadimento sull’efficienza nel distribuire servizi. E quindi, ritardi a danno dei cittadini». Per l’ex primo cittadino marchigiano, «la riduzione del personale è anche alla base della lenta ripresa degli investimenti. In un Paese come il nostro, spesso accusato di lentezza burocratica, la mancanza di personale rischia di amplificare ancora di più e molto il problema». I numeri rilevati di recente dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio sono “impietosi” proprio sul tema della riforma pensioni e sulle stime previdenziali, conclude Castelli: «9 miliardi il contributo complessivamente fornito dai Comuni al miglioramento dei saldi di finanza pubblica. E il 78% di questi 9 miliardi è arrivato proprio dalla riduzione del costo del personale. Per 6-7 anni il turn-over è stato limitato al 20%, per ogni cinque che andavano in pensione se ne poteva assumere uno. È stato il totem del periodo di crisi: riduciamo la spesa per il personale». (agg. di Niccolò Magnani)
PATRONATO INAPI “VERA URGENZA PENSIONI È LA QUOTA 41”
In una lunga intervista rilasciata al portale Pensionipertutti.it, parla il Presidente del Patronato Inapi, Domenico Cosentino, che prova ad illustrare le emergenze secondo lui più stringenti sul tema pensionistico: «Ci siamo resi conto che una delle richieste primarie è la quota 41 per tutti, ed effettivamente ci pare una richiesta corretta da parte di chi, pur under 60, ha già versato 41 anni di contributi ed ha quindi, a mio avviso, ampiamente diritto alla propria pensione e a godersi un po’ di meritato riposo». Sempre per il responsabile dell’Inapi, il secondo provvedimento che il Governo dovrebbe mettere in campo è un “aggiornamento” dell’Opzione Donna: «sebbene l ‘opzione donna, penalizzi l’assegno ultimo delle lavoratrici,essendo calcolato col metodo contributivo, resta ad oggi, purtroppo, l’unica misura a disposizione per quelle donne che hanno pochi contributi e necessitano di lasciare il lavoro per questioni personali. Quindi sebbene molte restino esterrefatte dalla penalizzazione corposa, la misura per molte resta l’unica via» conclude Cosentino su Pensionipertutti.it. (agg. di Niccolò Magnani)
PENSIONI QUOTA 100, RISCHIO PARALISI SERVIZI
Non è certo la prima volta che sulla stampa italiana viene fatto un “calcolo” in merito ai possibili effetti della riforma pensionistica di Quota 100 per quanto riguarda le conseguenze sulla pubblica amministrazione e i posti vacanti: quanto però effettuato da La Stampa-Secolo XIX questo weekend rappresenta un upgrade con nuovi dati aggiornati al mese di luglio e con proiezione di allarme verso la seconda metà del 2019. Uffici dell’anagrafe, le scuole, gli asili nido, gli uffici tecnici e i servizi sociali, ma anche gli ospedali: questi i punti maggiormente colpiti nei prossimi mesi dai circa 100 mila lavoratori che “usciranno” verso le pensioni utilizzando Quota 100. Nei prossimi mesi le richieste si moltiplicheranno e i lavoratori in lizza per lasciare il proprio ufficio saranno più forse addirittura 120 mila, come rilevano i calcoli dei sindacati. «Ai 100 mila che usufruiranno dei nuovi limiti previsti da Quota 100, bisognerà sommare tutti quelli che invece hanno già raggiunto i requisiti secondo i parametri della legge Fornero», spiega Federico Bozzanca, segretario nazionale della Funziona pubblica Cgil. Concorsi bloccati, assunzioni al rilento e posti vacanti rischiano di trasformare un possibile effetto positivo di più pensionati che liberano posti di lavoro, in un autentico “terremoto” occupazionale. (agg. di Niccolò Magnani)
QUOTA 100, DURATA USCITA DA LAVORO
Nella sezione su “Repubblica” dedicata al “Esperto Pensioni” è stata posta una questione assai ricorrente in questi mesi di prime operazioni d’uscita tramite la Riforma di Quota 100: in poche parole, gli utenti hanno chiesto quale fosse la durata della “finestra” per poter andare in pensione e inoltre la tempistica che precede la fine del lavoro. la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro ha dunque sempre su Repubblica risposto a tema illustrando quanto presente all’interno della normativa applicata al “Decretone” del Governo gialloverde. «La finestra applicabile a un dipendente che ha avuto quale ultimo rapporto di lavoro un impiego con la pubblica amministrazione osserva sempre una finestra di differimento prima della decorrenza della pensione in quota 100 pari a 6 mesi»: come poi sottolineato anche dall’Inps con le ultime direttive, la “finestra” decorre dalla «maturazione dell’ultimo dei requisiti perfezionati di 38 anni di contributi e/o di 62 anni di età e non è influenzata da altri fattori. Si ricorda poi che la pensione non può decorrere nel caso in cui il rapporto di lavoro dipendente non sia cessato». (agg. di Niccolò Magnani)
RIFORMA PENSIONI, L’INIZIATIVA DELLA CIA
Prosegue l’iniziativa sul territorio portata avanti dalla Confederazione italiana agricoltori, con lo scopo di sollecitare i prefetti sulla richiesta di riforma pensioni riguardante in particolare l’aumento delle minime. I rappresentanti della Cia di Verona hanno quindi incontrato il Prefetto della città scaligera Donato Carfagna. Secondo quanto riporta veronasera.it, Laura Ferrin, Presidente dell’Associazione nazionale pensionati aderente alla Cia di Verona, ha spiegato che “la nuova disciplina di indicizzazione delle pensioni penalizza i pensionati perché adotta un sistema che non tiene conto dei reali consumi degli anziani. Le risorse perse con il blocco dell’indicizzazione non saranno mai recuperate dai pensionati”.
LA DISCRIMINAZIONE CON LA PDC
Ferrin ha anche ricordato che a essere particolarmente penalizzate sono le donne, che avendo avuto una carriera lavorativa spesso discontinua, hanno assegni di importo più basso. “Per di più, il recente provvedimento del Governo in materia di pensione di cittadinanza non solo non risolve il problema delle pensioni minime, ma prefigura situazioni di discriminazione e ulteriori diseguaglianze”, ha aggiunto. Il Presidente della Cia di Verona, Andrea Lavagnoli, ha quindi evidenziato l’importanza di “rivedere l’impianto normativo di indicizzazione delle pensioni, aumentando, progressivamente, tutte le pensioni minime almeno al 40% del reddito medio nazionale e istituendo per i nuovi pensionati una pensione di base di importo pari al 40% del reddito medio nazionale, come previsto dalla Carta sociale europea, a cui aggiungere la pensione Inps calcolata interamente con il sistema contributivo”.