LE TRE GAMBE PER LA PREVIDENZA
Secondo Giuseppe Pennisi, in tema di riforma pensioni “sarebbe meglio terminare di mettere cerotti e toppe alla previdenza, o almeno limitarsi a mettere solo quelli indispensabili nel breve periodo per evitare profondi dissidi sociali (non le proteste di qualche gruppuscolo) e guardare alle prospettive a lungo termine”. In un intervento pubblicato su formiche.net, l’economista evidenzia quindi che “invece di baloccarsi con una galassia di Quote e di sigle, si pensi ad un sistema per i nostri figli e nipoti e si inseriscano eventuali cerotti o toppe in una visione complessiva. Essa può essere simile a quella svizzera o americana: uno sgabello a tre gambe di cui a) una universalistica basata su requisiti essenzialmente di età e finanziata in gran misura dalla fiscalità generale (razionalizzando la frastagliata spesa sociale ed eliminando voci discutibili come il cosiddetto ‘reddito di cittadinanza’»); b) una contributiva ossia agganciata ai contributi versati; e c) una terza complementare/ integrativa basata su fondi pensione privati”.
ELENCO PENSIONI PRE-QUOTA 102
Con la Manovra di Bilancio che darà vita alla “nuova” riforma pensioni (Quota 102) dal 2022, il prossimo anno saranno diverse le categorie di lavoratori che potranno apprestarsi al primo assegno pensionistico.
Da Quota 102 all’Ape Social, da Opzione Donna al fondo per evitare lo scalone post-Quota 100: le modalità sono diverse e tutte che “anticipano” la legge Fornero rimasta ancorata ai 67 anni di anzianità per poter andare in pensione. La lista dei cosiddetti lavori gravosi che potranno uscire prima dal lavoro passa da 15 a 23 avrà come paletto i 63 anni di età anagrafica e i 36 di contributi, con assegno-ponte garantito dall’Inps fino ai 67 anni della riforma Fornero. Per Opzione Donna invece l’età di uscita viene alzata: troveranno accesso solo le lavoratrici che entro il 2021 compiono 60 anni (se dipendenti), 61 (se autonome), e con comunque 35 anni di contributi. La misura, spiega la Finanziaria 2022, si autofinanzia grazie al ricalcolo di tutto l’assegno col contributo putivo e il taglio stimato dall’Inps del 33%. (agg. di Niccolò Magnani)
QUOTA 102 NON CONVINCE L’UGL
Secondo Paolo Capone “è essenziale riaprire il confronto sulla riforma delle pensioni al fine di garantire i diritti acquisiti dei lavoratori e al contempo impedire che i costi ricadano sulle giovani generazioni”. Il Segretario generale dell’Ugl, come riporta agenpress.it, evidenzia che “Quota 102 rappresenta un compromesso temporaneo che evita la rigida applicazione dello scalone dei 67 anni di età come previsto dalla riforma Fornero, tuttavia non ci convince. Occorrono infatti misure di medio e lungo periodo per dare certezze ai lavoratori attraverso interventi volti a rendere sostenibile il sistema previdenziale, scorporando, peraltro, la previdenza dall’assistenza nel bilancio dell’Inps. Come Sindacato Ugl, inoltre, chiediamo di ridiscutere l’impianto della Manovra finanziaria affinché siano stanziate maggiori risorse sul capitolo delle politiche attive e sia portata a termine la riforma degli ammortizzatori sociali. Ribadiamo, pertanto, la priorità degli investimenti sul lavoro e sul welfare per sostenere la ripresa del Paese e il rilancio dell’occupazione”.
LA COPERTA CORTA DELLA MANOVRA
In un articolo pubblicato su lavoce.info, Carlo Mazzaferro evidenzia che in tema di misure di riforma pensioni da inserire nella Legge di bilancio, “l’impressione, confermata peraltro dall’esigua disponibilità finanziaria prevista dal governo, è che sul fronte dell’età di pensionamento e della sua flessibilità la coperta sarà molto corta e che si guarderà al contenimento della spesa di breve e di lungo termine”. L’economista spiega anche che l’analisi dei dati dimostra che “seppure un aumento dell’età di pensionamento vada nella direzione di restringere la distanza tra rendimento delle pensioni e dinamica delle retribuzioni, la differenza tra le due poste rimarrebbe ancora positiva, con implicazioni non felici per i conti pensionistici nel lungo periodo. Una possibile soluzione sarebbe l’adozione per tutti di una regola, quella contributiva, che correla in maniera automatica il rendimento delle pensioni alla dinamica delle retribuzioni”, magari fissando “un’età centrale di pensionamento, ad esempio 64 anni, lasciando poi scelta se anticipare o ritardare di un paio d’anni”.
RIFORMA PENSIONI, LA RICHIESTA DEL CONAPO
Marco Piergallini, Segretario generale aggiunto del Conapo, evidenzia che con la Legge di bilancio “giustamente al personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile verrà applicata la più favorevole aliquota pensionistica del 2,44 per cento per ogni anno di servizio effettuato prima del 31 dicembre 1995 al pari del personale militare, ponendo cosi finalmente la parola fine a questa ingiusta sperequazione. Dal premier Draghi e dal ministro Lamorgese era però doverosa pari attenzione anche nei confronti delle altrettanto gravi sperequazioni pensionistiche cui da decenni soffrono gli appartenente al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, come la mancanza della maggiorazione della base pensionabile costituita dai cosiddetti ‘sei aumenti periodici di stipendio’ utili al calcolo della pensione”.
LE PAROLE DI PIERGALLINI
Come riporta politicamentecorretto.com, secondo il sindacalista tale mancanza “determina per i Vigili del fuoco pensioni inferiori non solo rispetto agli altri Corpi dello Stato ma anche al resto del pubblico impiego e ciò è ancor più inaccettabile se si tiene conto che all’interno dei Vigili del fuoco vi è il personale assorbito dal soppresso Corpo forestale dello Stato cui tale istituto è stato giustamente mantenuto. Quindi questa sperequazione pensionistica esiste non solo con gli altri Corpi ma anche tra appartenenti dello stesso Corpo dei vigili del fuoco, aberrazione unica in Italia”. “Ora resta l’ iter parlamentare per inserire queste modifiche. Il premier Draghi e il ministro dell’interno Lamorgese convochino i sindacati dei Vigili del fuoco o sarà mobilitazione”, è quindi la conclusione di Piergallini.
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