RIFORMA PENSIONI. Oggi pomeriggio ci sarà l’incontro Governo-sindacati in merito alla questione previdenziale contenuta nel ddl bilancio che nel frattempo con una decina di giorni di ritardo è arrivato in Senato per cominciare l’iter che porterà alla sua approvazione entro fine anno.
I sindacati confederali, com’è noto, hanno presentato già nella primavera scorsa una bellissima proposta previdenziale che prevede la possibilità di uscire dal mondo del lavoro con 41 anni di contributi oppure a partire dai 62 anni di età, il riconoscimento della diversa gravosità dei lavori, del lavoro di cura, delle donne e dei disoccupati, l’introduzione di una pensione di garanzia per i giovani e il rilancio della previdenza complementare.
Il Governo Draghi ha tergiversato per troppi mesi sulla questione previdenziale non considerando nella giusta misura una problematica che riguarda milioni di cittadini confidando nel fatto che la Legge Fornero così gradita all’Europa già esisteva e che l’odiata “Quota 100” era in scadenza. Non si potrebbe giustificare altrimenti il fatto che l’unico incontro con le parti sociali ci sia stato alla fine di luglio in cui le due parti si sono incontrate con la promessa, peraltro mai realizzata, di ulteriori incontri in autunno a cui è seguito un solo altro incontro in ottobre alla vigilia dell’approvazione in Consiglio dei ministri della manovra economica del 2022.
Come più volte affermato, una legge di così ampia portata e che impatta così pesantemente nella vita dei cittadini italiani avrebbe dovuto avere uno suo iter autonomo e non essere inserita nel ddl bilancio con pochissimi giorni a disposizione per un reale confronto sui complessi aspetti di una riforma previdenziale, ma, evidentemente, la volontà dell’esecutivo era diversa.
Mi pare logico affermare che con quest’incontro in extremis poco o niente potrà essere modificato oltre a quello già scritto nel ddl bilancio. Quota 102 (64 anni di età+38 di contributi), Opzione Donna con i medesimi requisiti del 2021, fondo di 550 milioni di euro in tre anni a favore di dipendenti sessantaduenni di piccole aziende in crisi, contratti di espansione per aziende anche di 50 unità di personale, estensione dell’Ape Sociale con implementazione di talune categorie di lavoratori. Tutte proposte che dovranno valere per il solo 2022 in attesa di un’eventuale riforma strutturale che possa entrare in vigore dal 1° gennaio 2023.
Ritengo che la convocazione sarà una semplice comunicazione delle scelte operate dall’esecutivo dove si rimarcherà che si è fatto il possibile in materia previdenziale venendo incontro, almeno parzialmente, alle richieste sindacali avendo inserito nel ddl bilancio un’implementazione dei lavori gravosi riguardo all’Ape Sociale e la conferma di Opzione Donna, nonché la disponibilità del Governo di entrare nel vivo dell’argomento previdenziale già nei primi mesi del 2022 per inserire le linee guida nel Def da presentare nel mese di aprile. Poiché Draghi ha affermato a più riprese che l’intendimento del Governo è quello di andare verso una riforma che sia contributiva, è molto probabile che nell’incontro sarà fatta la proposta di 62 anni di età sommati ad almeno 20 anni di contributi e opzione totalmente contributiva per accedere al pensionamento. Quindi per l’esecutivo l’impianto della Fornero rimarrebbe come legge di riferimento con eventuali piccoli aggiustamenti fino a che tutti i lavoratori avranno l’assegno previdenziale calcolato con questo sistema.
Se questa dell’opzione contributiva per tutti fosse la proposta dell’esecutivo sarebbe irricevibile perché determinerebbe assegni previdenziali decurtati di almeno il 25%. Le uniche soluzioni che le OO.SS. potrebbero accettare sarebbero quelle di penalizzazioni solamente fino al raggiungimento dei requisiti della Legge Fornero e poi a 67 anni di età godere dell’assegno pieno. Temo però che le OO.SS., che ormai hanno fatto una scelta di partecipazione attiva alla vita politica della nazione rispetto allo scopo per cui sono nate, non avranno quella forza per convincere il Governo a venire incontro alle loro istanze. Il tutto con uno scenario politico che nel 2022 potrebbe essere radicalmente modificato.
Non è una novità, infatti, che Super Mario sia davanti ad un bivio. Continuare a stare a palazzo Chigi o salire al Colle dove vorrebbero confinarlo i partiti. Ci sarebbe, però, una terza possibilità quasi da fantapolitica. Draghi potrebbe rimanere come presidente del Consiglio e poi trasferirsi a Bruxelles per prendere il posto della von der Leyen per conferire all’Unione europea quella guida autorevole e necessaria in uno scenario geopolitico mondiale sempre più complesso.
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