LE IPOTESI DI INTERVENTO STRUTTURALE

In un articolo pubblicato su arezzoweb.it, Mauro Marino ritiene si possa varare una riforma pensioni strutturale, visto che a fine anno scadrà Quota 100, fissando l’età pensionabile a 66 con una flessibilità pensionistica a partire dai 63 anni e un penalizzazione del 2% per ogni anno di anticipo. Bisognerebbe anche a suo modo di vedere portare il requisito per la pensione di anzianità a 41 anni e sei mesi, dando la possibilità alle donne di un anticipo di un anno con una penalizzazione del 3%. Andrebbe poi a suo modo di vedere resa strutturale Opzione donna e in generale andrebbero abolite finestre e adeguamenti all’aspettativa di vita. Marino ritiene necessario aumentare i coefficienti di trasformazione per evitare che le pensioni future siano di importo troppo basso e dare ai giovani la possibilità di detrarre il 50% dei versamenti alla previdenza complementare. Ancora in generale, darebbe la possibilità di un’uscita anticipata a disoccupati, usuranti e invalidi parziali.



RIFORMA PENSIONI, L’IPOTESI DEL TESTO UNICO

Come ricorda money.it, negli ultimi giorni è emersa sulla stampa la possibilità che il Governo Draghi, vista la scadenza di Quota 100 a fine anno, proceda in materia di riforma pensioni con la predisposizione di un Testo unico sulle pensioni, ovvero una riforma strutturale e possibilmente duratura del sistema previdenziale, il cui architrave sarebbe una misura di flessibilità richiesta da più parti, con un occhio di riguardo ai lavori gravosi, alle attività esposte ai rischi di salute e alle donne ancora penalizzate sul mercato del lavoro, ma che dovrebbe occuparsi anche del futuro pensionistico dei giovani, prevedendo magari una pensione di garanzia. Altro tema importante è quello dei coefficienti di trasformazione, che potrebbero portare a un calcolo penalizzante dei nuovi assegni. Non bisogna poi dimenticare la necessità di valorizzare e incentivare l’adesione alla previdenza complementare, visto che la pensione pubblica non basterà da sola a garantire lo stesso tenore di vita che si è avuto durante la propria vita lavorativa.



SENTENZA CONSULTA SU LICENZIAMENTI

Torna d’attualità la riforma pensioni della ex Ministra Elsa Fornero, questa volta per motivi di licenziamenti: nella sentenza emessa ieri, la Corte Costituzionale ha deciso che in caso di licenziamento economico è obbligatorio il reintegro se il fatto «è manifestamente insussistente». È stata esaminata la questione di legittimità sollevata dal Tribunale di Ravenna sull’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, come modificato dalla legge Fornero, là dove «prevede la facoltà e non il dovere del giudice di reintegrare il lavoratore arbitrariamente licenziato in mancanza di giustificato motivo oggettivo»; per la Consulta la questione è fondata con riferimento all’articolo 3 della Costituzione, «irragionevole – in caso di insussistenza del fatto – la disparità di trattamento tra il licenziamento economico e quello per giusta causa: in quest’ultima ipotesi è previsto l’obbligo della reintegra mentre nell’altra è lasciata alla discrezionalità del giudice la scelta tra la stessa reintegra e la corresponsione di un’indennità». (agg. di Niccolò Magnani)



USB PROTESTA CONTRO GOVERNO DRAGHI

Nel pomeriggio di sabato 27 febbraio a Catania si terrà un presidio davanti alla sede di Confindustria contro il Governo Draghi. Come spiega cataniatoday.it, alla mobilitazione parteciperà anche l’Usb. “Le forze politiche italiane si sono rapidamente piegate al sistema economico-finanziario-imperialista imposto dall’Ue e ai dettami di come andranno spese le risorse del Recovery Fund e di come dovranno essere realizzate le riforme (giustizia, fisco, pensioni, ecc.) a cui è vincolato l’invio di quelle risorse”, si legge in una nota del sindacato, nella quale si evidenzia che “vasti settori della società non sono più rappresentati e vivono con preoccupazione l’avvicinarsi di una crisi di proporzioni ancora più drammatiche. Queste persone, lavoratrici e lavoratori dipendenti e autonomi, precari, disoccupati, migranti, giovani, pensionati hanno bisogno di proposte politiche, sociali ed organizzative all’altezza della situazione che ci troviamo a vivere”. Evidente quindi il timore di misure di riforma pensioni penalizzanti.

RIFORMA PENSIONI, LE DIVERSE SPERANZE DI VITA

In un articolo pubblicato su collettiva.it viene ricordato che “svariati studi scientifici dimostrano un fatto in realtà intuitivo e ovvio: la speranza di vita dei lavoratori è diversa a seconda delle mansioni svolte e dell’inquadramento, nonché delle condizioni generali di base (istruzione, livello di reddito, ecc.)”. Per esempio, “esiste un gap tra speranza di vita di un dirigente e un operaio di circa 3 anni, mentre tra impiegati e operai il gap negli anni scorsi era di 2,2 anni, ora è arrivato a 2,9 anni. La speranza di vita dei pensionati a 67 anni risulta doppia per i lavoratori più ricchi rispetto a quelli del quintile più povero della popolazione”.

LE PAROLE DI EZIO CIGNA (CGIL)

Nell’articolo si menziona anche l’istituzione di una commissione tecnica che ha il compito proprio di studiare “il problema dei lavori gravosi e delle diseguaglianze nel sistema previdenziale che oggi fissa un’aspettativa di vita uguale per tutti a prescindere dal lavoro svolto durante la carriera professionale”. Come noto, la commissione si è insediata con il Governo Conte-2 e si spera possa fornire utili indicazioni per le prossime misure di riforma pensioni. “Il sistema previdenziale italiano attualmente, per effetto della diversa speranza di vita, è fortemente regressivo, e lo sarà ancor di più in futuro con il contributivo pieno. Occorre costruire un sistema equo, non puramente attuariale, ma che tenga conto delle diversità delle condizioni e dei percorsi lavorativi”, sono le parole di Ezio Cigna, responsabile previdenza della Cgil nazionale, riportate nell’articolo.