Nella giornata dell’altro ieri il Consiglio dei ministri in nemmeno un’ora ha licenziato la Legge di bilancio che ora verrà inviata a Bruxelles per l’approvazione e che tra una quindicina di giorni comincerà l’iter parlamentare in Commissione al Senato. Una manovra economica snella di 24 miliardi di cui oltre 15 a debito definita dalla Meloni “seria e realistica che non disperde le risorse ma le concentra su grandi priorità”.



Del resto, e lo abbiano fatto notare più volte nei mesi scorsi, con un debito pubblico di 2.858 miliardi che aumenta di mese in mese e che fa avere a ogni cittadino italiano, compresi i neonati, oltre 44.000 euro di debito e con un costo per soli interessi che come scritto nero su bianco nella Nadef per il solo 2024 “pesa” per oltre tre Leggi di bilancio messe insieme, non ci si poteva aspettare molto di più. Sapevamo perfettamente che non ci sarebbe stata, vista l’attuale situazione economica, alcuna strutturale riforma previdenziale, ma quello che abbiamo ascoltato nella conferenza stampa dopo il Consiglio dei ministri ci ha lasciati letteralmente basiti. Non è disponibile, ancora, il testo scritto, altra cattiva abitudine degli ultimi Governi della Repubblica di comunicare solo oralmente le varie scelte compiute, perché sono ancora da limare alcuni provvedimenti, ma quanto emerso riguardo alla previdenza, in particolare sui due istituti di “Quota 103” e di “Opzione Donna” lascia sconcertati.



Durante tutto l’anno abbiamo sempre assistito a delle dichiarazioni della maggioranza sulla difficile situazione economica italiana causata anche dal contesto internazionale con diversi scenari bellici in corso, sull’alta inflazione e quindi della necessità di rimandare al prossimo anno interventi strutturali, pur necessari, sulla previdenza e che per l’anno 2024 avremmo avuto solamente la proroga per un anno di Quota 103 e migliorato l’attuale istituto di Opzione Donna per permettere di implementare il numero di donne che potesse accedervi, visto che nella forma attualmente in vigore si è ridotto del 90%. Ma, nella conferenza stampa il Ministro Giorgetti ha affermato che sarà molto più restrittivo l’accesso alla pensione anticipata e su Quota 103 ha spiegato che sono stati cambiati i requisiti dell’età anagrafica fermo restando i 41 anni di contributi. Ha continuato affermando che non si tratta di un passaggio vero e proprio a Quota 104 perché è previsto in incentivo a restare al lavoro e una penalizzazione per chi esce.



Su Opzione Donna, se quanto affermato sarà poi confermato dal testo scritto, si fa ancora peggio confermandone la cancellazione al pari dell’Ape sociale con l’istituzione di un nuovo istituto denominato Fondo per la flessibilità in uscita dove si potrà accedere al pensionamento a 63 anni e 36 anni per gli uomini per categorie svantaggiate come caregiver, disoccupati, impegnati in lavori gravosi e disabili e per le donne 63 anni di età e 35 anni di contributi. Opzione Donna, di fatto, dopo quasi 20 vent’anni viene cancellata e assimilata all’Ape sociale con calcolo misto dell’assegno, ma con le limitazioni dell’importo massimo di 1.500 euro lorde mensili (circa 1.150 nette), la corresponsione solo per dodici mesi annui, quindi senza tredicesima, e senza gli adeguamenti dovuti all’inflazione fino al raggiungimento della pensione di vecchiaia a 67 anni.

In una strana conferenza stampa in cui la Meloni dopo l’esposizione iniziale è uscita per incontrare il re di Giordania, delicato incontro programmato sulla crisi in Medio Oriente, un imbarazzato Giorgetti cercava di rispondere in maniera non chiara sulla questione pensioni e Salvini asseriva con orgoglio che erano stati stanziati i primi fondi per il Ponte sullo Stretto, salvo poi affermare in altra sede che l’obiettivo della Lega sono i 41 anni per tutti entro la durata della legislatura, veniva compiuto sulle pensioni un clamoroso dietro-front rispetto alle promesse fatte in campagna elettorale.

Ci sono poi in manovra alcuni aspetti a mio avviso positivi come la perequazione al 100% dell’inflazione per le pensioni fino a 4 volte il minimo e al 90% per quelli da quattro a cinque volte il minimo, la giusta decisione di eliminare quel paletto inutile dell’1,5% del trattamento per accedere al pensionamento a 67 anni in caso di calcolo totalmente contributivo e alcuni provvedimenti per intervenire sull’enorme problema della denatalità a partire dalle famiglie con almeno due figli come l’asilo nido gratis, il taglio dei contributi per le mamme fino all’età di 10 anni del secondogenito, nonché il congedo parentale di un mese in più pagato al 60%, oltre che, per tutti, il mantenimento del taglio del cuneo fiscale per l’anno 2024 e l’accorpamento delle due prime aliquote dell’ Irpef.

Una manovra, quindi, in chiaroscuro che vista l’attuale situazione economica è giustamente improntata alla prudenza, ma che in ambito previdenziale è stata come una doccia gelata in faccia ai lavoratori che non si aspettavano tali decisioni dopo le tante promesse fatte nei mesi scorsi.

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