RIFORMA PENSIONI. Ieri 8 febbraio si sarebbe dovuto tenere l’atteso incontro tra il Governo e le parti sociali e datoriali per l’inizio formale delle consultazioni per una nuova riforma previdenziale. In particolare, si sarebbe dovuto trattare uno degli argomenti più spinosi dell’intera riforma quello riguardante i giovani e le donne. Questo incontro è stato spostato al 13 febbraio, ma al di la dei pochi giorni di rinvio il tutto si presta al alcune considerazioni di forma e di sostanza.
Di forma perché questo rinvio è arrivato nel pomeriggio del 7 febbraio e ciò è irrispettoso nei confronti delle centinaia di donne che si erano organizzate per svolgere un presidio a Roma (di cui il Governo era a conoscenza) per il ripristino di Opzione donna ante Legge di bilancio 2023, alcune delle quali avevano già richiesto una giornata di ferie e acquistato i biglietti di viaggio, ma soprattutto di sostanza perché ha rivelato quello che vado dicendo da diversi mesi, vale a dire che il Governo non ha ancora le idee chiare sul come attuare questa riforma previdenziale che gli italiani aspettano da oltre un decennio e fa continuamente annunci che poi vengono puntualmente disattesi.
Il caso più emblematico è quello che è successo su Opzione Donna. Già durante la campagna elettorale, e inserito nel suo programma di governo qualora avesse vinto le elezioni, il centrodestra ha sempre annunciato e scritto che il rinnovo di Opzione Donna sarebbe stato attuato. Dopo aver vinto le elezioni Giorgia Meloni nella sede istituzionale più consona quella del Parlamento durante il discorso programmatico del Governo ha annunciato che visto il poco tempo a disposizione, e soprattutto perché il grosso della manovra di bilancio 2023 sarebbe stato impegnato a ristorare famiglie e imprese per il caro bollette energetiche, sarebbero stati rinnovati solamente gli istituti in scadenza. Sappiamo poi com’è andata. L’istituto è stato completamente stravolto e destinato solamente a categorie svantaggiate con innalzamento di due anni dell’età d’accesso.
Subito dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, a causa delle proteste sindacali, dei partiti di opposizione e soprattutto delle donne riunite nei vari comitati e movimenti, gli esponenti dei partiti di governo hanno dato luogo a continue e stucchevoli dichiarazioni in cui affermavano di voler ripristinare il testo ante Legge di bilancio 2023 incolpando il Mef di non riuscire a trovare i fondi (meno di 100 milioni), come se il titolare del Mef non fosse un autorevole esponente della maggioranza di governo. Inoltre, affermano di voler inserire il ripristino di Opzione Donna ante Legge di bilancio 2023 nel Decreto milleproroghe o in altro eventuale decreto ad hoc. Posto che davvero esisteva questa volontà si poteva benissimo inserire la norma nella Legge di bilancio 2023, questi continui tira e molla (tra l’altro due mesi già sono passati) non fanno altro che creare ulteriore confusione e allarmismo nelle persone ormai stremate da continue dichiarazioni e falsi annunci.
La logica domanda che ne consegue è: ma se il Governo non riesce a trovare 100 milioni per prorogare Opzione donna, che è solo uno dei tanti punti da affrontare per varare una riforma previdenziale che sia strutturale, come farà a trovare due/tre miliardi per la riforma complessiva? Perché come tutti sanno qualsiasi riforma, almeno inizialmente, ha un costo e questo non può e non deve essere riversato sui lavoratori.
Il centrodestra e la Lega di Salvini in particolare ha sempre sostenuto di voler smantellare la Legge Fornero, e su questo siamo tutti d’accordo, ma al di la delle quote che si sono rivelate divisive, inique e costose, non ha ancora dimostrato di avere le idee chiare per affrontare una problematica così complessa e che incide così pesantemente sulla vita dei cittadini italiani. Anche la stessa Quota 41, indipendentemente dall’età e senza penalizzazioni, da sempre suo cavallo di battaglia, ora viene spostata negli anni a venire, cercando di convincere gli italiani che in parte il risultato è già stato ottenuto con l’istituzione di Quota 103.
La stessa flessibilità in uscita più volte annunciata dal Ministro Calderone a quattro mesi dalla formazione del Governo non è ancora stata esplicitata al di là di una generica affermazione sul fatto che debba essere improntata nel solco del sistema contributivo, come peraltro già affermato l’anno scorso da Draghi.
In pratica il Governo non dimostra di avere le idee chiare su questo importantissimo argomento e di come volere affrontare problemi come la pensione di garanzia per giovani e donne, la flessibilità in uscita, i precoci, l’implementazione della previdenza complementare, la perequazione delle pensioni e l’eventuale taglio alle pensioni elevate non supportate da adeguati versamenti previdenziali.
Aspettiamo con ansia l’inizio delle contrattazioni per conoscere i piani del Governo il giorno 13 febbraio che, guarda caso, è proprio il giorno dopo le elezioni regionali in Lombardia e Lazio (a pensar male si fa peccato ma…).
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