NUOVA POLEMICA SULL’INPGI

Si torna a parlare della situazione dell’Inpgi dopo che alcuni consiglieri di minoranza aveva criticato quelli di maggioranza e paventato l’arrivo di una riforma pensioni lacrime e sangue per gli iscritti. Come riporta editoria.tv, infatti, alcuni consiglieri di maggioranza accusano quelli di minoranza di diffondere falsità, “diffondendo inutile allarmismo in una categoria già preoccupata per la crisi del settore”. Infatti, il documento da loro diffuso non è un piano organico definito e su cui c’è consenso di tutta la maggioranza, ma è “semplicemente, la valutazione dell’impatto economico (peraltro insufficiente) di una serie di misure di riequilibrio dei conti della gestione principale delle quali si è discusso a puro scopo interlocutorio in una riunione informale del Cda. Tagli alla spesa richiesti per legge in caso di dissesto finanziario dell’Istituto”. Dal loro punto di vista, solo l’ampliamento della base contributiva può aprire la via a “una soluzione strutturale della crisi dell’Inpgi provocata dal crollo del mercato del lavoro giornalistico”.



RIFORMA PENSIONI, LE INIZIATIVE DEL CODACONS

Come riporta picenotime.it, “per aiutare i consumatori, le attività e il commercio il Codacons ha deciso di lanciare anche nelle Marche una campagna tesa a sostenere i diritti dei cittadini, imprese e negozi, attraverso una serie di iniziative che spaziano dall’ecobonus all’e-commerce, passando per pensioni, ristori e servizio civile”. In particolare per quel che riguarda il tema previdenziale, l’associazione dei consumatori prende di mira una delle misure di riforma pensioni varate dal Governo Conte-1, ovvero il rinnovo del blocco parziale delle rivalutazioni degli assegni, che il Governo Conte-2 ha lasciato invariato. Dunque, “contro il blocco della rivalutazione piena delle pensioni fino al 2022, l’associazione mette a disposizione dei pensionati un modulo di diffida da inviare al Governo per chiedere l’adeguamento del trattamento pensionistico, in considerazione delle difficoltà subite dalla categoria nell’ultimo anno e della illegittimità del ricorso al blocco delle rivalutazioni delle pensioni, già bocciato dalla Corte Costituzionale”.



OPZIONE DONNA, LE BENEFICIARIE

È stata approvata una nuova proroga della riforma pensioni “Opzione Donna” come ribadito più volte nelle analisi sull’ultima Manovra di Bilancio, ma occorre fare un po’ di chiarezza sui requisiti e le beneficiarie di questa importante misura di sostegno al mondo del lavoro femminile. Per tutto il 2021, chiunque abbia completato i 58 o i 59 anni entro la fine del 2020, e alla stessa data ha già i 35 anni di contribuzione richiesti, potrà accedere alla pensione con opzione donna: come ribadito dall’ultimo focus di “Orizzonte Scuola”, i tre requisiti fondamentali riguardano «58 anni di età compiuti entro il termine del 31 dicembre 2020 per le lavoratrici dipendenti»; «59 anni di età compiuti entro il termine del 31 dicembre 2020 per le lavoratrici autonome; «35 anni di contribuzione versata entro il termine del 31 dicembre 2020». (agg. di Niccolò Magnani)



LA LETTERA-APPELLO A MATTARELLA SULL’INPGI

Continua a destare preoccupazione la situazione dell’Inpgi e il Comitato “Salviamo la Previdenza dei giornalisti”, coordinato da Carlo Chianura, come riporta valledaostaglocal.it, ha deciso di rivolgersi direttamente al presidente della Repubblica con una lettera-appello in cui si ricorda che “entro pochi anni l’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti (Inpgi) non sarà più in grado di pagare le pensioni presenti e future dei giornalisti italiani, mandando in fumo decenni di versamenti, compresi quelli di chi è ancora in servizio attivo. Il grave e strutturale squilibrio tra prestazioni e contributi ha provocato per il 2020 un passivo previdenziale di 197 milioni di euro e un disavanzo di 253 milioni di euro, aggravato dall’aver sopportato per anni l’onere di prestazioni assistenziali”. Il Comitato chiede quindi a Mattarella “un intervento presso tutte le istituzioni interessate affinché sia confermata la garanzia pubblica dello Stato sul sistema pensionistico, come già avvenuto in passato per altri enti previdenziali”.

L’ERRORE DELL’INPS NELLA CIRCOLARE ANNUALE

In un articolo su Avvenire viene segnalato che nella circolare annuale sul rinnovo delle pensioni l’Inps, come consuetudine, “allega numerose tabelle riassuntive degli importi e dei criteri applicati nei diverse gestioni previdenziali. In questa occasione l’Istituto indica per il Fondo Clero (Tabella C) che la maggiorazione spetta dopo un minimo di 10 anni, anziché di 20. Nel merito, non si tiene conto che la riforma pensionistica del Fondo (anno 2003) ha modificato il requisito per il minimo contributivo, portandolo da 10 a 20 anni. Per gli effetti la categoria ha subìto la perdita in blocco di 10 maggiorazioni, circa 120 euro, oggi quindi non più dovute. Il disguido genera, in chiunque consulti la tabella, una falsa convinzione sulle rendite del clero. Disattenzione, negligenza, svista? In ogni caso inaccettabile. Lo stesso errore era stato commesso in passato più volte e solo dal 2017 risulta opportunamente corretto. È auspicabile quindi l’emanazione di una nota correttiva dell’Inps e con pari diffusione della circolare di rinnovo delle pensioni”.

RIFORMA PENSIONI, LA LETTERA DI COLOMBAN AL GOVERNO

Massimo Colomban, in qualità di portavoce di ReteSi, la rete dei produttori e risparmiatori italiani, ha recentemente scritto al Governo ricordando che oltre i due terzi delle entrate dello Stato “provengono dai produttori: sono soldi che versano gli imprenditori, ovvero le partite Iva, come sostituti d’imposta anche per i lavoratori. Se chiudono le partite Iva, il Pil diminuirà, come sta avvenendo, e diminuiranno le risorse statali per pensioni, sociale, sanità, scuole e apparato pubblico. Un disastro che oltre a far morire i lavoratori, fa fallire anche lo Stato sociale”. Come riportato da trevisotoday.it, dal suo punto di vista occorre una riforma delle pensioni per “rimodulare la spesa pubblica pensionistica fuori controllo, caricata come un enorme fardello sulle spalle dei lavoratori e giovani; è il doppio, in relazione al Pil, della media Ocse!”.

GLI ESEMPI VIRTUOSI DA IMITARE

Per raggiungere l’obiettivo, secondo Colomban “basterebbe copiare i Paesi virtuosi come il Canada, l’Australia e tanti altri Stati che non danno pensioni o sanità gratuita a chi ha già elevati patrimoni o redditi. In questi Stati virtuosi la pensione, per chi non ha fatto lavori usuranti, viene riconosciuta non a giovani sessantenni ma verso i 65-70 anni… gioco forza ineluttabile con il prolungamento dell’età”. Bisogna poi fare in modo di favorire la crescita dell’economia “con una crescita imprenditoriale, dell’occupazione, e quindi delle entrate dello Stato; questo permetterà altresì di ridurre o riportare a valori gestibili la spesa per la disoccupazione, la spesa sociale”.