DIVIETO DI CUMULO, QUANTO DURA LA SOSPENSIONE DELLA PENSIONE

Rispondendo a una domanda posta da un lettore di orizzontescuola.it, Patrizia Del Pidio ricorda che infrangere il divieto di cumulo con redditi da lavoro posto per Quota 100 (salvo che per attività di lavoro autonomo occasione fino a 5.000 euro l’anno) comporta la sospensione della pensione. “Non si tratta di una sospensione che riguarda solo il periodo che si lavora, ma di una sospensione per tutto l’anno solare in cui si percepisce il reddito da lavoro non cumulabile. E questo significa, per esempio, che se si lavora da aprile ad ottobre del 2022 la sospensione della pensione non è riferita ai soli mesi in cui si svolge l’attività lavorativa ma sarà applicata da gennaio a dicembre 2022, con l’eventuale dovere alla restituzione dei ratei di pensione percepiti nell’anno prima dello svolgimento dell’attività lavorativa”, spiega l’esperta di previdenza. Tra l’altro questo stesso tipo di divieto di cumulo è attivo anche per Quota 102, la misura di riforma pensioni in vigore solo per il 2022.



I DATI INPS SULLE PENSIONI AI TEMPI DEL COVID

«Il 96,3% dell’eccesso di mortalità registrato nel 2020 ha riguardato persone con età uguale o superiore a 65 anni, per la quasi totalità pensionate»: così il nono rapporto di Itinerari Previdenziali svela come le pensioni e la spesa totale dell’Inps abbiano risentito (macabramente) in positivo dell’alta mortalità Covid nelle fasce più anziane della società.



Nel 2020 le casse dello Stato hanno risparmiato in spesa pensioni circa 1,1 miliardi di euro, proprio a causa dell’eccesso di vittime per Covid: in attesa che una riforma pensionistica possa essere strutturata e lanciata per l’anno 2023, i dati aggiornati sulla spesa previdenziale tornano a crescere. «Considerando per compensazione l’erogazione delle nuove reversibilità, si quantifica in 1,11 miliardi il risparmio, tristemente prodotto nel 2020 da dal Covid a favore dell’Inps, e in circa 11,9 miliardi la minor spesa nel decennio», conclude il report. Sul fronte durata pensioni, il dossier di Itinerari Previdenziali su dati Inps rileva come «La durata delle pensioni più remote ancora oggi vigenti è in media di quasi 46 anni nel settore privato e di 44 per il pubblico». Ecco, le prestazioni corrette – concludono nel rapporto – dovrebbero non superare i 20-25 anni: «Questo è un monito fortissimo alle forze politiche e sociali che, a fronte di una delle più elevate aspettative di vita, continuano a proporre forme di anticipazioni». (agg. di Niccolò Magnani



LA RICHIESTA ALL’INPS

Come riporta Italpress, dalla Cida dell’Umbria arriva la richiesta all’Inps di giungere “quanto prima a una netta separazione contabile tra previdenza e assistenza, anche con l’introduzione di un’anagrafe nazionale dell’assistenza, e prevedere un adeguato intervento sul contrasto all’evasione che non è solo fiscale ma anche contributiva”. La Confederazione rappresentativa della dirigenza pubblica e privata sottolinea che il sistema assistenziale è in squilibrio, cosa che “non solo va a penalizzare le pensioni medio-alte che scontano meccanismi di solidarietà, ma anche le prospettive future per tutti i lavoratori, specialmente i più giovani”. La Cida spiega anche che “se le prestazioni pensionistiche sono finanziate dai contributi, quelle assistenziali, che pesano invece sulla fiscalità generale, non sono state interessate né da una previsione di razionalizzazione, né da controlli efficaci. Una miopia che rischia di danneggiare le finanze pubbliche e alimenta inefficienza organizzativa. Questi dati, peraltro, sono al netto degli effetti della pensione di cittadinanza”.

LE PAROLE DI LANDINI

Secondo Maurizio Landini, è arrivato il momento “di una legge sulla rappresentanza e di riconoscere ai contratti nazionali il ruolo di autorità salariale che aumenti il potere d’acquisto”. Per reperire le risorse necessarie, il Segretario generale della Cgil, intervistato dal Corriere della Sera indica “sul piano delle politiche pubbliche, con un piano fiscale a favore di chi lavora. La crescita dei salari è la condizione perché riprendano i consumi. Non è il momento di un riformismo competitivo di cui parla Bonomi. Ma del riformismo cooperativo, della giustizia sociale, con un fisco che colpisca la rendita finanziaria, l’evasione e l’elusione, liberando risorse per i redditi e le pensioni più basse”. Intanto, come ricorda noitv.it, Giovanna Landi è stata riconfermata alla guida dell’Anp-Cia Toscana Nord. 2Al centro dell’attenzione dell’associazione pensionati Cia il tema delle pensioni, l’aumento della pensione minima da 515 a 780€” e “l’estensione della 14° mensilità per le pensioni fino a tre volte il minimo, la pensione di garanzia per i giovani, l’opzione donna”.

RIFORMA PENSIONI, L’ANALISI DI BRAMBILLA

In un articolo pubblicato su L’Economia, l’inserto del Corriere della Sera, Alberto Brambilla ricorda che secondo gli esperti della commissione tecnica istituita dal ministero del Lavoro non è possibile separare la previdenza dall’assistenza. Il Presidente di Itinerari Previdenziali spiega invece che questa operazione si potrebbe portare in porto e con un controllo sull’assistenza, grazie a una banca dati attesa dal 2004, “si potrebbero risparmiare oltre 5-6 miliardi l’anno e si potrebbero erogare prestazioni a quelli che ne hanno davvero bisogno”. Brambilla evidenzia anche che stando alle simulazioni di Itinerari Previdenziali, nel 2019 la spesa pensionistica era “perfettamente in linea con la media europea, anche al lordo dell’Irpef”.

IL PERICOLO IN CASO DI RIALZO DELLO SPREAD

L’ex sottosegretario al Welfare non dimentica che “il nostro Paese ha un enorme debito pubblico, l’inflazione è ripartita e con essa si ridurrà la politica accomodante della Bce: dovremo trovare chi compra 400 miliardi di titoli che scadono tra quest’anno e il prossimo. Senza contare che nel 2023 ripartirà, seppure in modo meno incisivo, il Patto di stabilità”. “Non vorremmo che, alla prossima fiammata dello spread, arrivi un’altra letterina che costringa un’altra Fornero a tagliare proprio le pensioni che sono le uniche ad essere finanziate da idonei contributi. O che qualcuno si inventi nuovi contributi di solidarietà”, aggiunge Brambilla, facendo quindi capire l’importanza di separare assistenza e previdenza in ottica di riforma delle pensioni.

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