CATALFO RILANCIA SALARIO MINIMO
Nunzia Catalfo, in un post su Facebook, ricorda che “l’articolo 36 della nostra Costituzione dice che ‘il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa’. Per tanti, troppi anni questo principio è stato disatteso. Così nel 2020 in Italia ci ritroviamo con 5 milioni di lavoratori poveri, pagati pochi euro (lordi) all’ora. Ciò vuol dire che questi cittadini hanno un potere d’acquisto limitato oggi e avranno pensioni sotto la soglia di povertà un domani”. Secondo la ministra del Lavoro, “per invertire la rotta dobbiamo introdurre anche nel nostro Paese il salario minimo orario che c’è già in 21 Paesi europei su 27”. Una misura, quindi, che avrebbe anche un impatto sulla proposta di riforma pensioni a favore dei giovani. “Abbiamo aspettato abbastanza, adesso è arrivato il momento di agire. Dobbiamo farlo per i cittadini: il rispetto dei loro diritti e della loro dignità è e resta il nostro unico punto di riferimento”, aggiunge Catalfo.
I RISCHI PER LE FUTURE PENSIONI
I contenuti della ricerca dei Consulenti del lavoro “Verso la riforma previdenziale. Alcuni elementi di riflessione” non sono passati inosservati a un esperto di riforma pensioni come Cesare Damiano, secondo cui lo studio “è molto importante e serve a smentire alcuni luoghi comuni sul mercato del lavoro”. “Infatti, se tra il 2008 e il 2018 si registra un aumento degli occupati, + 125mila unità, a questo non corrisponde un analogo aumento delle ore lavorate, poiché mancano all’appello oltre 2 miliardi di ore. Quasi il 5% del totale. Questo significa che ci sono, mediamente, orari più corti e retribuzioni più basse e, quindi, il dilatarsi del lavoro di bassa qualità. Del resto l’Istat, nell’ultima rilevazione sul mercato del lavoro del dicembre scorso, ha evidenziato l’esistenza di una cifra record di lavoratori a termine, ovvero precari: più di tre milioni di occupati versano in questa condizione di instabilità e sottosalario”, spiega l’ex ministro del Lavoro. Evidenti i riflessi di tale situazione sul futuro previdenziale di questi lavoratori.
PANIZ: M5S METTE A RISCHIO 18 MLN DI PENSIONATI
Maurizio Paniz, ex deputato e tra i patrocinatori dei ricorsi degli ex parlamentari a cui è stato tagliato il vitalizio, in un’intervista riportata da Il Gazzettino, evidenzia come la misura tanto voluta dal Movimento 5 Stelle rappresenti un pericolo anche per i normali cittadini che potrebbero essere sottoposti a una pesante misura di riforma pensioni. “M5S mette a rischio il trattamento di 18 milioni di pensionati e di 9 milioni di baby pensionati. Dovrebbero risentirsi tutti perché la linea M5S contro gli ex parlamentari, qualora passasse, potrebbe essere utilizzata per tagliare tutte le pensioni, non solo quelle cosiddette d’oro. Nessuno può considerare legittima la richiesta di togliere un diritto a chi ha lavorato e a chi ha fatto un patto con lo Stato”. Il Movimento 5 Stelle intanto si prepara a una manifestazione a Roma per il 15 febbraio proprio per protestare contro la possibilità che il taglio dei vitalizi possa essere cancellato dopo quanto deciso dal Senato in merito. La battaglia sembra essere solo all’inizio.
GLI AUMENTI DELLE ALIQUOTE CONTRIBUTIVE
Oltre alle norme relative alla riforma pensioni, per il 2020 dal punto di vista previdenziale ci sono delle novità che riguardano i professionisti. In uno speciale del Sole 24 Ore dedicato alle loro casse pensionistiche è stato infatti ricordato che “nel 2020 due categorie vedranno aumentare le aliquote contributive: un punto in più per i medici di medicina generale, che arriveranno al 26% a regime nel 2024, mentre i giornalisti free lance (Inpgi 2) vedranno l’aliquota salire dal 10 al 12% (14% per chi ha redditi superiori ai 25mila euro) e un punto del contributo integrativo versato dal committente sarà destinato al montante contributivo. I commercialisti sono invece “in attesa del via libera per le delibere che consentono di riversare sui montanti contributivi i maggiori rendimenti patrimoniali registrati in questi anni, in modo da incrementare le future prestazioni”. In quest’ultimo caso dunque non ci saranno versamenti in più da fare da parte dei professionisti o trattenute sui loro compensi.
LA RICHIESTA DEL SILP-CGIL
Sono ormai trascorsi più di 400 giorni da quando è scaduto il contratto dei poliziotti e Daniele Tissone, Segretario del Silp-Cgil, evidenzia come ci sia un serio problema di anzianità degli organici (47 anni di età media). “Siamo in meno lavoriamo di più e siamo più vecchi. Dal 2023 al 2030 calcoliamo che oltre il 40% dei poliziotti andrà in pensione quindi bisogna intervenire subito e intervenire con assunzioni straordinarie”, evidenzia il sindacalista parlando all’Adnkronos e sollecitando anche un intervento nel campo della riforma pensioni, visto che la previdenza complementare “per noi non è ancora stata attivata. Ciò fa sì che un giovane poliziotto che oggi è totalmente al sistema contributivo rischierà, se non attiviamo una forma di previdenza aggiuntiva con contributi volontari, di andar via con pensioni quasi al di sotto della soglia. Questa previdenza complementare la reclamiamo da molti anni, ci viene sempre detto che è una spesa che il governo non può sostenere”. Vedremo se ci saranno interventi atti a trovare una soluzione a questi problemi.
RIFORMA PENSIONI, LO STUDIO DEI CONSULENTI DEL LAVORO
Mentre si discute ancora di riforma pensioni può essere utile segnalare quanto evidenziato dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro nel documento “Verso la riforma previdenziale. Alcuni elementi di riflessione”. In particolare, viene spiegato che “sebbene tra il 2008 e 2018 l’occupazione sia aumentata di 125mila unità, con una variazione positiva dello 0,5%, nello stesso periodo si sono perse oltre 2 miliardi di ore lavorate che, calcolate per ciascun occupato, portano il volume annuo medio in capo ad ogni lavoratore dalle 1.806 ore del 2008 alle 1.722 del 2018 (-4,6%). Una decrescita generalizzata per il nostro Paese destinata ad impattare sugli importi degli assegni pensionistici futuri degli italiani, sempre più calcolati su quanti contributi previdenziali realmente versati”.
LE PAROLE DI MARINA CALDERONE
Secondo la Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, Marina Calderone, “si tratta di una sfida in più per un sistema che dovrà nei prossimi anni necessariamente attivare tutta quella rete di infrastrutture e di servizi – banche dati, formazione, accompagnamento al lavoro, consulenza – necessaria a supportare l’occupabilità dei lavoratori lungo tutto l’arco della vita attiva e a coprire, con apposita e nuova strumentazione, i rischi derivanti dalle interruzioni dei percorsi lavorativi che saranno, presumibilmente, molto più frequenti e diffusi”. Inoltre, bisognerà sensibilizzare soprattutto i lavoratori più giovani a “una adeguata gestione del Ttr e, più in generale, all’investimento in previdenza complementare per garantirsi un reddito adeguato nella vecchiaia”.