L’incontro tra Governo e sindacati sulla riforma delle pensioni di lunedì era molto atteso, se non altro perché convocato immediatamente dopo lo sciopero generale proclamato dalla Cgil e dalla Uil il 16 dicembre scorso. Questo sciopero al di là delle solite stucchevoli dichiarazioni sulle adesioni da parte dei sindacati (oltre l’80%) o della Confindustria (meno del 5%) è andato sicuramente bene, ha smosso molti lavoratori che protestavano solamente dietro a una tastiera e ha sensibilizzato le organizzazioni sindacali che si sono rese conto che stavano perdendo il contatto reale con i lavoratori, perché troppo concentrate su Caaf, patronati e posti nei CdA dei fondi pensione e delle aziende pubbliche.
Dopo sette anni dall’ultimo sciopero generale c’è stato questo risveglio, anche se si è creata una spaccatura nell’unità sindacale con la mancata adesione allo sciopero del terzo grande sindacato, la Cisl, che ha preferito organizzare sabato 18 una sua protesta autonoma.
Dopo lo sciopero Draghi ha convocato tutte e tre le organizzazioni sindacali per un incontro che peraltro aveva già annunciato un mese fa. Forse, qualcuno, sperava che in extremis si potesse inserire qualche norma oltre a quelle già decise dal Cdm alla fine di ottobre. Ma così non è stato. È stato un incontro in cui i sindacati hanno presentato, per l’ennesima volta, le loro richieste in tema previdenziale e nel quale sono stati decisi tre tavoli tecnici – uno sulla flessibilità in uscita, uno sulla previdenza per i giovani e le donne e uno sulla previdenza complementare – con incontri serrati che inizieranno dopo il 6 gennaio 2022.
Lo abbiamo detto troppe volte che inserire una riforma previdenziale nella Legge di bilancio che ancora il 21 dicembre non è nemmeno giunta in aula parlamentare era pura follia. Una legge di tale portata che riguarda milioni di persone, giovani, donne, disoccupati, che comprende lavori usuranti e gravosi, e dove c’è la necessità di una flessibilità in uscita, che tenga conto dei lavoratori precoci o di chi ha contributi su più casse previdenziali deve avere un suo iter autonomo e la possibilità di essere discussa in Parlamento. È da troppi anni, ormai che il testo della Legge di bilancio, che è la più importante legge economica della nazione, per evitare il ricorso all’esercizio provvisorio che l’Italia a causa del suo elevatissimo debito pubblico non può permettersi, viene votata con l’istituto della fiducia tra Natale e Capodanno e senza che l’altro ramo del Parlamento possa modificare una virgola. Per il solo anno 2022 in ambito previdenziale ci sarà solamente l’infelice “Quota 102”, il mantenimento di Opzione donna, i contratti di espansione anche per aziende con 50 dipendenti e l’estensione delle categorie per l’accesso dell’Ape sociale e sempre riguardo all’Ape Sociale l’abbassamento da 36 a 32 anni di contributi per chi opera nell’edilizia.
Comunque, il confronto pare finalmente che all’inizio del 2022 possa essere affrontato su basi diverse rispetto alla totale chiusura del Governo di qualche mese fa. I sindacati sono soddisfatti che finalmente si possa pensare a una riforma strutturale dopo 10 anni di Legge Fornero e il fatto che ci saranno tre tavoli per affrontare i temi complessi che esistono in una riforma previdenziale è sicuramente un fatto positivo. Le organizzazioni sindacali se non altro hanno ottenuto di essere nuovamente interlocutrici con il Governo in un ambito importante come quello previdenziale e inoltre il fatto che si parli anche di previdenza complementare, cosa che personalmente ritengo assolutamente indispensabile, è per loro di grande interesse. Positivo anche il giudizio del Ministro Orlando che afferma: “Con i sindacati abbiamo avuto un confronto costruttivo sulla riforma delle pensioni. È l’inizio di una fase nuova che può contribuire a far fare passi avanti per i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori”.
E Draghi? SuperMario nel breve incontro di poco più di un’ora dimostra disponibilità a entrare nel merito della questione previdenziale e anzi afferma che si può lavorare su qualsiasi modifica, ma subito dopo ci mette il carico da undici, quando afferma: “Purché non sia messa a repentaglio la sostenibilità delle pensioni nel medio e lungo periodo e all’interno del contesto europeo”.
Quindi, al di là della soddisfazione dei sindacati e ai buoni propositi del Ministro Orlando, la partita che si giocherà all’inizio del prossimo anno è tutta da vivere con la paura di un veloce ritorno al contributivo prima del 2035 e con la pandemia che nuovamente turba i sonni del Governo.
Per intanto, Buon Natale a tutti.
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