LA DISCREPANZA TRA ETÀ PENSIONABILE ED ETÀ IN CUI NON SI LAVORA PIÙ

Ha fatto discutere il rapporto Pensions at a glance dell’Ocse, che è stato visto come un segnale contro la riforma pensioni con Quota 100. Su truenumbers.it viene ricordato che nel confronto tra l’età effettiva di ritiro dal lavoro e quella minima per avere la pensione di vecchiaia sembra che in Italia si vada in pensione prima che altrove, “ma non è proprio così”, perché “l’Ocse parla di ‘average age of exit from the labour force for workers aged 40 and over’. Si tratta dell’età media in cui le persone non fanno più parte della forza lavoro, ovvero dell’insieme di coloro che o stanno lavorando o cercano lavoro e sono disoccupati. Non stiamo quindi parlando di persone che necessariamente percepiscono una pensione, ma semplicemente che non lavorano più”. Inoltre, “l’Ocse nel suo report specifica che l’età effettiva di ritiro è calcolata su una media che riguarda il 2013-2018, quindi rientrano anche gli anni in cui, pur se già in vigore la legge Fornero, per esempio la pensione anticipata era concessa prima di oggi. È per questi motivi che vediamo una discrepanza così grande tra età legale di pensione ed età in cui non si lavora più”.



FURLAN: NESSUNA RISPOSTA SU RIVALUTAZIONI

Annamaria Furlan evidenzia che “una vera discontinuità non c’è ancora” tra il vecchio Governo e quello nuovo. Cosa che si vede anche in tema di riforma pensioni, secondo la Segretaria generale della Cisl. “Non c’è una soluzione per Ilva e per Alitalia, non abbiamo avuto risposte sulla rivalutazione delle pensioni, sulle risorse per rinnovare i contratti pubblici, sulla stabilizzazione di migliaia di precari nella Pa, sulle carenze di organico nella sanità dove vengono richiamati in servizio persino i medici in pensione. Noi i governi li giudichiamo solo dai fatti”, sono le sue parole riportate da Askanews. Il Mattino riporta invece le parole di Domenico Sodano, responsabile area nord Spi-Cgil, dopo il raduno dei pensionati oggi a piazza Plebiscito a Napoli per chiedere l’aiuto del Prefetto: “Abbiamo già portato la nostra protesta e Roma e ci torneremo il 21 dicembre. Però cerchiamo il sostegno di tutte le istituzioni. Anche se la nostra età è avanzata, ci sentiamo giovani. Lottiamo per garantire un futuro, e soprattutto una pensione, ai nostri figli”.



TRE RIVENDICAZIONI SINDACALI

I pensionati hanno ricevuto la tredicesima e recentemente è stato ricordato di quanto aumenteranno gli assegni nel 2020 in virtù non di una misura di riforma pensioni, ma della rivalutazione stabilita con un decreto ministeriale, che sarà dello 0,4%. C’è però da evidenziare che non tutti avranno una rivalutazione piena in virtù del blocco parziale delle indicizzazioni che forse verrà solo in parte corretto dalla Legge di bilancio in discussione in Parlamento. Domani i sindacati dei pensionati di Bergamo terranno un presidio davanti alla Prefettura, come ricorda valseriananews.it, per sostenere tre rivendicazioni precise: la piena rivalutazione delle pensioni di importo fino a 7 volte il trattamento minimo; l’allargamento della platea dei beneficiari della 14ma mensilità oltre il limite attuale dei mille euro; una legge di civiltà che aiuti le persone e le famiglie ad affrontare il dramma della non autosufficienza”. Rivendicazioni che saranno al centro anche di un’iniziativa sindacale unitaria che porterà a tre manifestazioni/assemblee nazionali aperte a Roma durante il mese di dicembre.



L’EMENDAMENTO PER GLI ESODATI

Prosegue l’iter parlamentare della Legge di bilancio che contiene anche degli emendamenti riguardanti temi di riforma pensioni. Tra questi anche quello dei Senatori Nannicini, Laus e Manca (Pd) che riguarda gli esodati. Nel testo dell’emendamento, che è stato segnalato come prioritario, si chiede che si equipari per tutte le categorie dell’Ottava Salvaguardia la maturazione del requisito pensionistico al 31/12/2021 – esclusa la categoria dei lavoratori in mobilità alla quale è già stato concesso e che è di conseguenza andata già a esaurimento – per una platea quantificata in massimo 7.000 esodati. Nell’emendamento si specifica anche che l’intervento andrebbe finanziato attingendo le risorse dal fondo in cui era stati fatti confluire i risparmi derivanti dall’ultima salvaguardia. Risorse pari a oltre 700 milioni di euro (anche se l’emendamento prevede un massimo di spesa di 635 milioni) che era stato previsto utilizzare esclusivamente proprio per gli esodati. Dunque questo emendamento, oltre a garantire equità di trattamento tra tutti gli esodati, non comporterebbe nuove spese per le casse dello Stato.

LA CLASSIFICA DELLE CASSE DI PREVIDENZA

Nei mesi scorsi si era parlato, in tema di riforma pensioni, della possibilità che all’Inpgi confluissero tutti gli operatori della comunicazione e non solo i giornalisti. La cassa previdenziale dei giornalisti, secondo i dati di Itinerari previdenziali, nel 2017 ha registrato un saldo negativo di 150 milioni di euro. Come spiega firstonline.info, “se nel 2010 il saldo era ancora leggermente positivo (+15,70 milioni), dall’esercizio successivo è iniziato un volo in caduta libera. Il buco aperto nel 2011 (-11 milioni) ha continuato a raddoppiare nei tre anni successivi (-25,5 milioni nel 2012, -46,4 milioni nel 2013 e -87,6 milioni nel 2014), per poi allargarsi oltre quota 100 milioni (-112,5 nel 2015 e -113,9 nel 2016). A questa velocità, c’è il rischio che la voragine abbia già raggiunto i 200 milioni”. Va meglio per le altre casse di previdenza private, visto che l’Inpgi occupa l’ultimo posto, mentre in testa alla classifica “c’è la cassa dei medici, che guarda tutti dall’alto con un attivo superiore al miliardo di euro ormai dal 2015”.

RIFORMA PENSIONI, IL DIBATTITO A LUCCA

Martedì scorso si è tenuta a Lucca una riunione dei pensionati iscritti alla Cgil, che, come riporta versiliatoday.it, dopo un approfondito dibattito hanno evidenziato la necessità di alcune misure di riforma pensioni. In particolare:  “a) un incremento delle pensioni basse e medie di almeno il 15%; b) riportare il sistema pensionistico al retributivo al fine di garantire ai giovani una futura pensione dignitosa; c) ripristinare la possibilità di andare in pensione con 40 anni di contributi e 60 anni di età; d) alzare il tetto per avere il diritto delle detrazioni per il coniuge a carico; e) dividere la previdenza dall’assistenza, con l’assistenza che non deve più gravare a carico dell’Inps, ma essere a carico dello Stato; f) obbligare le imprese statali e amministrazione pubbliche a pagare i contributi assicurativi come avviene per le aziende private”.

LA CONCLUSIONE DEI PENSIONATI CGIL

I pensionati ritengono che per sostenere le loro richieste “sia indispensabile adoperarsi con tutte le aree programmatiche esistenti in Cgil al fine di costruire e sviluppare un forte movimento dal basso, che coinvolga i pensionati, ma anche i lavoratori di tutte le categorie, i giovani, i movimenti, i partiti, le istituzioni… cercando di costruire a Lucca un vero movimento di Lotta e di allargarlo in altre città d’Italia”. Tra l’altro gli stessi pensionati “ritengono che siano del tutto insufficienti le richieste effettuate dalle Organizzazioni Sindacali dei pensionati oggetto della manifestazione a Roma del 16 novembre”.