OPZIONE DONNA, RIAPERTE LE DOMANDE NELLA SCUOLA

Come noto, tra le misure di riforma pensioni inserite nella Legge di bilancio c’è anche la proroga di Opzione donna. Per questo, ricorda investireoggi.it, entro il 28 febbraio le donne appartenenti al comparto scuola potranno presentare domanda per accesso alla quiescenza (a partire dal 1° settembre o dal 1° novembre) con questa modalità di pensionamento anticipato nonostante i termini fossero scaduto lo scorso 7 dicembre. “Il personale femminile docente e non docente nato nel 1962 potrà quindi andare in pensione prima (opzione donna), cioè in deroga agli ordinari requisiti normativi. Le lavoratrici dovranno però essere disposte a subire una decurtazione significativa dell’assegno pensionistico maturato. La riduzione della pensione scaturisce essenzialmente dal sistema di calcolo che l’Inps effettuerà basandosi esclusivamente sul sistema contributivo per la totalità dei contributi versati. In linea di massima, ciò comporterà un taglio dell’assegno del 20-30%, a seconda dei casi”. Dunque conviene farsi assistere da patronati o professionisti per calcolare l’importo del futuro assegno e poi decidere il da farsi.



NUOVA DSU PER CONTINUARE A RICEVERE LA PDC

L’Associazione nazionale anziani e pensionati di Confartigianato ricorda che l’Inps ha fatto sapere che i beneficiari del reddito o pensione di cittadinanza che hanno presentato la Dichiarazione sostitutiva unica nel corso del 2020 dovranno rinnovarla entro il prossimo 31 gennaio per non perdere la continuità nel pagamento della prestazione. Tra l’altro tra le varie misure di riforma pensioni della Legge di bilancio ve n’è una che stabilisce che la pensione di cittadinanza verrà erogata direttamente dall’Inps. L’adempimento sulla Dsu si rende necessario in quanto la dichiarazione Isee ha validità fino al 31 dicembre dell’anno in cui viene presentata. L’Anap ricorda che le nuove Dsu avranno efficacia a partire dal mese di febbraio e che pertanto le prestazioni erogate a gennaio sono ancora basate sui redditi dello scorso anno. Inoltre, il rinnovo dell’Isee “è fondamentale per continuare a percepire anche tutte le numerose prestazioni assistenziali e bonus previsti dalla normativa vigente”.



LA SPERANZA PER LA RIVALUTAZIONE NEL 2022

In un articolo sull’Eco di Bergamo viene ricordato che nel 2021 non ci sarà un aumento delle pensioni per effetto della rivalutazioni delle stesse, ma solo il conguaglio di gennaio, visto che è stata prevista un’inflazione pari allo zero percento. Michele Poerio, in una lettera a quotidianosanita.it, si augura almeno che “dal 1° gennaio 2022 (liberati ormai dal peso dell’esproprio del contributo di solidarietà) si torni ai più ragionevoli criteri di perequazione automatica di cui alla legge 388/2000: cioè perequazione ‘a scaglioni’ sui diversi importi di una singola pensione, vale a dire 100% fino a 3 volte il minimo Inps, 90% per gli importi tra 3 e 5 volte il minimo Inps ed il 75% per gli importi eccedenti 5 volte il minimo”. “In caso contrario, i legislatori di turno meriterebbero di ricevere in testa il bastone della nostra vecchiaia, visto che finora non è bastato solo agitarlo (manifestazione del dicembre 2013 davanti a Montecitorio)”, aggiunge il Presidente nazionale della Federspev nella sua missiva.



INPGI, CNOG CHIEDE UNA SORTA DI FIDEIUSSIONE ALLO STATO

Dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti arriva la richiesta di “una sorta di fideiussione da parte dello Stato” per cercare di risolvere la situazione dell’Inpgi che preoccupa non solo i giornalisti iscritti, ma anche gli operatori della comunicazione che potrebbero essere “trasferiti” dall’Inps all’Inpgi. “Se, come si discute da quasi due anni, si riuscirà ad ampliare la platea dei contribuenti ne saremo tutti felici. E sì che abbiamo dedicato più di una riunione del consiglio nazionale per valutare se in tal senso l’Ordine possa far qualcosa per aiutare l’Inpgi a convincere chi si sentirebbe ‘deportato’. È questa infatti l’espressione che usano alcuni diretti interessati”, si legge nella nota riportata da primaonline.it. Per il Cnog, “quando si parla di garanzia pubblica non si vuole pertanto frenare il tentativo di allargare la platea, ma semplicemente chiedere che nel caso non ci si dovesse riuscire lo Stato non faccia spallucce, mentre l’entità dei diritti viene travolta”. Questa sorta di fideiussione pubblica, quindi, “potrebbe servire anche ad incentivare altri soggetti ad accedere alla platea contributiva dell’Inpgi”.

RIFORMA PENSIONI, LA PROPOSTA DI NANNICINI E PATRIARCA

In un articolo pubblicato sul Sole 24 Ore, Tommaso Nannicini e Fabrizio Patriarca ricordano che nel 2021 si riaprirà il cantiere per una riforma pensioni post-Quota 100. I due professori si schierano però contro Quota 102. “Non si sente il bisogno di quote 100 in miniatura, che non risolverebbero i nodi strutturali e scontenterebbero tutti”, scrivono, avanzando una proposta basata “su altri ingredienti: 1) una ‘pensione attiva’ per i soggetti per cui la flessibilità in uscita è una scelta; 2) una ‘quota 92’, strutturale e ben finanziata, solo per i soggetti per cui quella flessibilità è una necessità (disoccupati, lavoratori gravosi, persone con disabilità e loro familiari); 3) una revisione dei meccanismi di flessibilità già presenti nel sistema contributivo; 4) una ‘pensione contributiva di garanzia’ per i più giovani”.

LA PENSIONE ATTIVA

Concentrandosi sul primo, Nannicini e Patriarca spiegano che l’idea è quella di consentire “un pensionamento graduale: raggiunta un’età prestabilita, al lavoratore si dà la possibilità di passare gli ultimi anni di lavoro part-time, ma con uno reddito netto pari a circa l’85% del salario che percepiva prima a tempo pieno. Per l’impresa il costo del lavoro si dimezzerebbe. Il lavoratore, insieme alla metà del salario erogata dal suo datore, riceverebbe in busta paga l’equivalente dei contributi complessivi e del Tfr”. In questo modo, una volta in pensione, il lavoratore riceverà anche il 3% in più per ogni anno trascorso in questa sorta di “limbo” tra lavoro e quiescenza grazie a coefficienti di trasformazione più alti dovuti alla maggiore età anagrafica. Si potrebbe anche favorire il ricambio intergenerazionale nel mondo del lavoro.