PROIETTI: SÌ A QUOTA 41 SENZA PENALIZZAZIONI
Secondo Domenico Proietti, “41 anni devono bastare per andare in pensione a prescindere dall’età”. Intervistato da pensionipertutti.it, il Segretario confederale della Uil spiega che questo sarà anche uno temi che il sindacato porterà al tavolo di confronto con il Governo sulla riforma pensioni. Proietti specifica però che “la Uil è contraria a penalizzazioni o a ricalcoli contributivi che decurterebbero ingiustamente la pensione. Non ci devono essere penalizzazioni per quota 41”. Dal suo punto di vista, però, non ci dovrebbero essere degli indici di gravosità ad accompagnare Quota 41, come invece ipotizzato da Pasquale Tridico. “Che i lavori non siano tutti uguali è vero ed è anche giusto che si facciano differenze in tal senso, ma a mio avviso, dopo 41 anni di contributi, tutti i lavori sono ugualmente usuranti. I coefficienti di gravosità al più potrebbero essere utilizzati, con raziocinio, per ulteriori proposte di uscita anticipata”, ha detto il sindacalista, ricordando anche la richiesta fatta al Governo di una commissione per rivedere i cosiddetti lavori gravosi.
PENSIONE DI GARANZIA IN ALTO MARE
“La riforma delle pensioni, che porterebbe con sé anche misure per i giovani, difficilmente troverà posto nella Legge di Bilancio 2020”. È quanto evidenzia il Giornale di Sicilia, ricordando che “lo stesso ministro Nunzia Catalfo ha mostrato ampia disponibilità al confronto coi sindacati per una riforma a favore di precari e under 50, ma i tavoli di confronto veri e propri si apriranno a gennaio”. In effetti già negli anni scorsi si era parlato di introdurre una pensione di garanzia per i giovani, ma il progetto è rimasto solo sulla carata. “Il governo sta lavorando a una misura che possa garantire una pensione minima di 650 euro al mese a chi ha versato almeno 20 anni di contributi e che andrà in pensione dal 2030 in poi. Perchè ciò possa accadere occorrerà maturare un trattamento pari a 1,2 volte l’assegno sociale (448 euro), rispetto ad oggi che invece è pari a 1,5. La riforma permetterebbe ai giovani di ricevere un assegno minimo di 650 euro circa, fino a un massimo di 680”, aggiunge il quotidiano siciliano.
LA CRITICA ALLA PROPOSTA DI TRIDICO
Come si ricorderà, Pasquale Tridico è tra coloro che hanno proposto una misura di riforma pensioni per la costituzione di un fondo previdenziale presso l’Inps, trovando anche sponda in alcuni esponenti della maggioranza. In un articolo su L’Opinione delle libertà, l’Istituto Bruno Leoni ricorda alcuni passaggi del Focus previdenza complementare di Marco Abetecola. Nell’articolo si legge che “l’idea di un fondo previdenziale pubblico “più che essere orientata alla previdenza integrativa di milioni di lavoratori, aiuta semmai a capire come ‘sia in atto in alcuni ambienti una riflessione che punta non solo all’utilizzo di soldi pubblici per il risanamento di alcune aziende oggettivamente problematiche ma, anche, alla mobilitazione a tal fine di risorse private seppur gestite da investitori istituzionali’”. Il senso è quindi quello di evitare che il risparmio privato possa essere utilizzato secondo quanto viene stabilito dal decisore politico. C’è da ricordare che la proposta di Tridico ha trovato contrari anche i sindacati.
LE NOVITÀ DEL DL FISCALE
Con il decreto fiscale ci saranno delle misure che, pur non riguardando il tema della riforma pensioni, incideranno sulla previdenza complementare. Come spiega Il Sole 24 Ore, infatti, viene cancellata la “norma restrittiva sugli investimenti in Pir” per i fondi previdenziali. Inoltre verrà attivata “una garanzia pubblica sugli investimenti dei fondi pensione in micro e medie imprese con dotazione di 12 milioni di euro dal 2020 al 2034”. Il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta ha spiegato che si adopererà l’opportuna attenzione per evitare che tale garanzia “possa trasformarsi in un disincentivo a investire in modo oculato”. Cosa che non sarebbe certamente positiva né per i pensionati futuri, né per le aziende oggetto di investimenti. Il quotidiano di Confindustria ricorda anche che Assofondipensione e Cassa depositi e prestiti hanno lanciato “un’iniziativa comune per veicolare investimenti in economia reale”, il cui “obiettivo è di raccogliere 500 milioni dai fondi negoziali cui se ne aggiungerebbero altrettanti da parte di Cdp”.
I RISULTATI DELL’ENPAM
“Continueremo a esercitare la massima attenzione al rigore dei conti mantenendo un passo di marcia deciso che rispetti la tabella progressiva di sostenibilità che ci siamo assunti con la riforma delle pensioni”. Parole di Alberto Oliveti, Presidente dell’Enpam, l’ente previdenziale dei medici e degli odontoiatri, la cui assemblea nazionale ha approvato il bilancio previsionale 2020. L’Enpam prevede di chiudere i conti dell’anno prossimo con un avanzo di circa 850 milioni, in linea con il risultato inizialmente ipotizzato per quest’anno. Vogliamo garantire la circolarità della funzione previdenziale, assistenziale e di welfare dell’Enpam, a vantaggio di tutti gli iscritti attuali e futuri, in una logica di allineamento degli interessi e di convenienza a partecipare. Resta l’obiettivo primario di sostenere la professione, promuovendo iniziative a favore dei giovani, delle colleghe e delle aree di criticità professionale anche con investimenti socialmente responsabili, allineando gli interessi degli iscritti all’Enpam a quelli di tutti i cittadini”, ha aggiunto Oliveti.
RIFORMA PENSIONI, IL DOCUMENTO ASR
Il direttivo dell’Associazione della stampa romana ha approvato un documento per chiedere che l’Inpgi venga trasformato in un ente di diritto pubblico. Come riporta Askanews, nel testo del documento si legge che “con 150 milioni di disavanzo per il 2019 e con la previsione di altri 190 milioni in rosso per il 2020 i bilanci approvati dai vertici dell’Istituto di previdenza dei giornalisti italiani purtroppo confermano la gravità della situazione. Quanto dichiarato dalla presidente Marina Macelloni – anche nel recente incontro all’Ordine dei giornalisti – sulla liquidità dell’Inpgi a quota 400 milioni di euro significa che l’Istituto è in grado di pagare le pensioni in essere (figuriamoci quelle future) per poco più di due anni, al netto dell’uso del patrimonio immobiliare. Se questo è vero abbiamo bisogno di scelte coraggiose”.
LA RICHIESTA SULL’INPGI
Dunque per l’Asr ci vorrebbe una sorta di riforma pensioni per l’istituto previdenziale dei giornalisti in modo che, da ente di diritto pubblico, sia sottoposto a controlli reali ed efficaci. “La cosiddetta privatizzazione del ’94 ha trasformato la previdenza dei giornalisti così come le altre casse delle professioni (2 milioni di iscritti, 70 miliardi di patrimonio complessivo) in altrettante entità a due facce: pubbliche quando si tratta di incassare, private quando si tratta di dare conto della gestione”, si segnala nel documento, secondo cui “affrontare la crisi del giornalismo professionale ricorrendo per l’ennesima volta ai prepensionamenti spalmati su otto anni significa mettere una pietra tombale sull’Inpgi comprimendo la platea degli attivi”.