SALVINI DIFENDE QUOTA 100

Matteo Salvini è stato ospite stamattina della trasmissione “Aria pulita” in onda su 7 Gold. Come capitato in altre occasioni, il leader della Lega ha condiviso via Twitter i contenuti principali delle sue dichiarazioni. Tra queste anche una dedicata alla riforma pensioni. “Qualcuno vorrebbe togliere #Quota100 e tornare alla Legge Fornero? Faremo le barricate”, recita un tweet dell’ex ministro dell’Interno. Come noto, pochi giorni fa da +Europa era arrivata la richiesta al Governo di cancellare Quota 100. Senza dimenticare che all’interno dell’esecutivo stesso Italia Viva è sulle stesse posizioni. Il Pd, invece, sembra non voler cancellare Quota 100 senza trovare una misura alternativa, così da evitare un brusco innalzamento dell’età pensionabile. Posizione che sembra condivisa dai sindacati. M5s, invece, avendo approvato Quota 100 con la Lega ai tempi del Governo Conte-1 non può certo schierarsi per una sua abolizione. Tuttavia anche nel centrodestra c’è chi, come Forza Italia, con alcuni suoi esponenti, si è espressa contro Quota 100.



I DATI SUI PENSIONATI

Mentre Wall Street Italia ricorda che nel nostro Paese, stando ai dati di Itinerari previdenziali, ci sono circa 6,4 milioni di pensionati, sui 16 milioni totali, quindi circa il 40% del totale, che percepiscono un assegno inferiore ai 1.000 euro al mese, ma tra loro “sono pochi i lavoratori che hanno conquistato la pensione grazie ai contributi pagati” e che si tratta quindi di “pensioni in tutto o in parte assistenziali ossia senza contribuzione”, truenumbers.it, analizzando i dati del Mef riferiti al periodo tra il 2007 e il 2018 evidenzia che i pensionati hanno visto crescere il loro reddito da 13.440 euro del 2007 ai 17.870 del 2018. “Nello stesso lasso di tempo tra l’altro le dichiarazioni di redditi pensionistici sono diminuite. Probabilmente tra i motivi vi sono le riforme che hanno fatto calare il numero di quelle pensioni, normalmente più basse, che venivano erogate in anticipo. Andando in pensione dopo ora si prende in media di più”. Un “effetto collaterale” delle scelte di riforma pensioni che hanno alzato i requisiti per l’accesso alla quiescenza.



CISL, IL PROBLEMA DEFLAZIONE

Dopo gli ultimi dati Istat che hanno rivelato la deflazione generale con una riduzione dello 0,2% dell’indice dei prezzi di consumo al mese di maggio, la Cisl dell’Emilia Centrale rilancia l’allarme anche sul fronte nazionale. «Se il dato sarà confermato come andamento annuale, questo avrà riflessi negativi sul piano economico generale e colpirà anche i pensionati attuali e futuri che, per Reggio Emilia, sono circa 10 mila all’anno», sottolineano il segretario generale della Fnp Cisl Emilia Romagna, Loris Cavalletti e il segretario della Fnp Cisl Emilia Centrale, Adelmo Lasagni. In attesa di interventi diretti del Governo con una prossima riforma pensioni, la deflazione è un tema tutt’altro che minimo: «Una minore crescita e la caduta del Pil nominale si riflettono in modo negativo sulla valorizzazione annuale dei contributi versati dai lavoratori ai fini pensionistici, che sono rivalutati annualmente in base alla variazione media quinquennale del Pil nominale. Quindi si determina un valore più basso delle pensioni future. Inoltre, viene meno l’annuale perequazione delle pensioni in base all’aumento dei prezzi. Il fatto è poi aggravato se si esaminano le cause che producono, secondo i dati Istat, la deflazione che determinata essenzialmente dalla forte diminuzione del prezzo dei carburanti, mentre i prezzi dei generi alimentari, della cura della casa e della persona sono aumentati del 2,4%». Per questo motivo, concludono i due sindacalisti Cisl lanciano un appello al Governo Conte: «a livello nazionale rispetto al tema delle pensioni come sindacati chiederemo la riapertura immediata del confronto col Governo teso a individuare le misure necessarie per evitare ricadute sui trattamenti pensionistici in essere e su quelli futuri». (agg. di Niccolò Magnani)



L’ANALISI DI KIM CATECHIS

“Nella maggior parte delle nazioni, la popolazione sta invecchiando e vive più a lungo, il che comporta oneri crescenti per il sistema sanitario, pensionistico e per il welfare”. Sono parole contenute in un’analisi di Kim Catechis, responsabile della divisione Investment Strategy di Martin Currie, affiliata Legg Mason, riportate da Affari & Finanza, l’inserto di Repubblica. “A complicare la situazione, il flusso di giovani immigrati verso i Paesi più sviluppati che probabilmente è destinato a ridursi, a causa del prevalente sentimento nazionalista-protezionista che domina in molti Stati. La conseguenza? Il crollo della popolazione in età lavorativa e il peso delle tasse che cresce e dovrà essere ripartito su un numero inferiore di persone”, prosegue l’analisi che diventa interessante dal punto di vista dei temi di riforma pensioni, anche perché, nei Paesi sviluppati, con il Giappone, simile all’Italia per struttura demografica, “nell’arco di dieci anni, i pensionati saranno 91 per ogni 100 cittadini in età di lavoro”.

LA SCELTA DI RENZI SULLE MINIME

Il Sindaco di Sellia, Francesco Mauro, ha annunciato che “a Roma, durante un incontro molto cordiale e proficuo, con il vice-presidente della Camera dei Deputati Ettore Rosato e Stefania Covello, ho deciso di aderire a Italia Viva. Anch’io, così come migliaia di Sindaci, Amministratori, Giovani, Professionisti e tanti Cittadini animati da buona volontà, voglio dare un contributo di idee a questa bella e nuova formazione politica che ha il suo leader in Matteo Renzi”. Il primo cittadino del Comune in provincia di Catanzaro ha voluto ricordare, come segnala catanzaroinforma.it, alcuni dei provvedimenti presi durante il Governo Renzi, tra cui, oltre al Jobs Act e all’abolizione delle imposte Imu e Tasi sulla prima casa, la misura di riforma pensioni che ha portato all’aumento delle “pensioni minime da un minimo di 100 euro a un massimo di 500”. Senza dimenticare che, “grazie proprio ai provvedimenti dell’allora Governo Renzi, anche il Comune di Sellia Marina, ha potuto fruire di ingenti finanziamenti”.

RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI MAGLIANO

Come noto, la Corte Costituzionale la prossima settimana dovrà pronunciarsi su un tema spesso dibattuto in tema di riforma pensioni: l’adeguatezza dell’importo degli assegni di invalidità totale. Per Silvio Magliano, Presidente del Gruppo dei Moderati nel Consiglio regionale del Piemonte, “il ricorso per incostituzionalità della cifra della pensione di invalidità, presentato da un giudice di Torino il cui coraggio ci commuove e ci conforta, fa emergere nella loro gravità due questioni. La prima è una questione assoluta: la soglia di sussistenza è indicata dall’Istat in almeno 560 euro mensili ed è dunque assurdo ipotizzare che una persona maggiorenne con inabilità assoluta al lavoro possa sopravvivere con la metà della somma”.

LA PROPOSTA PER IL CONSIGLIO REGIONALE

La seconda questione ricordata da Magliano, come riporta torinoggi.it, è invece relativa: “al compimento del 67esimo anno di età da parte del titolare della pensione, quest’ultima è convertita in assegno sociale, pari a 460 euro per 13 mensilità; una disparità priva di senso e di logica (vista la sostanziale e riconosciuta assimilabilità dei due benefici), che penalizza arbitrariamente chi non ha ancora raggiunto tale soglia anagrafica”. Per questo motivo esprime l’auspicio “che la politica non debba più attendere una sentenza della Corte Costituzionale per farsi carico di queste iniquità e di queste discriminazioni. Porterò la questione in Consiglio Regionale: dalla nostra Regione parta un segnale forte. Mi farò portavoce perché la Regione Piemonte chieda al Governo una riforma di questo Istituto, che non è più né equo né umano”.