Dopo il rinvio della scorsa settimana si è svolto ieri il secondo incontro, sui quattro previsti, per consentire alle forze sociali di entrare nel merito di un argomento molto complesso e permettere all’Esecutivo, successivamente, di formulare una sua proposta definitiva da portare in ottobre nella Legge di bilancio. Dopo l’incontro sulla pensione di garanzia per i giovani che si è tenuto l’11 luglio, ieri si è svolto quello sulla flessibilità che non ha portato nuovi elementi e che non poteva essere risolutivo, a cui seguiranno dopo la pausa agostana quello del 5 settembre su Opzione donna e, infine, quello del 18 settembre sulla previdenza complementare.
Per sgombrare subito il campo da facili entusiasmi precisiamo che si tratta di quattro incontri, pur importanti perché si entra finalmente nel vivo delle problematiche previdenziali dopo mesi di latitanza del Governo, tecnici e non politici che non prevedono la presenza di rappresentanti dell’Esecutivo, e che quindi sono preparatori e propedeutici a quelle che saranno le conclusioni che vorrà poi trarre il Governo su questo importantissimo argomento che impatta così violentemente nella vita dei cittadini italiani. Non si parlerà, pertanto, di cifre e di quanti miliardi il Governo vorrà impegnare nella Legge di bilancio in ambito previdenziale.
Ora, è del tutto evidente, che è in base a quanti denari vorrà o potrà l’Esecutivo mettere di posta in questa partita che si giocherà il destino di centinaia di migliaia di italiani. La situazione economica dà segnali molto contrastanti. Se da un lato, infatti, la previsione di un aumento del Pil è positiva per l’anno in corso con un incremento dell’1,1%, migliore di Germania e Francia e peggiore della sola Spagna, il 2024 si presenta molto incerto con un Pil che dovrebbe assestarsi sotto 1% e con molte incognite in ambito economico.
Per il 2024, quindi, se come fatto filtrare da fonti governative si destinerà alla previdenza non più di un miliardo e mezzo, si può ipotizzare che saranno adottate solo misure ponte che varranno per un solo anno. Quindi, per scendere più nei particolari, sarebbe attuato solamente il rinnovo di “Quota 103” e dell’Ape sociale. Discorso leggermente diverso per Opzione donna, che per volere della Meloni coadiuvata dal Ministro Calderone sarebbe rimodificata togliendo i paletti imposti dall’attuale Legge di bilancio (caregiver, invalide, licenziate e la questione figli) e ritornerebbe con i criteri dello scorso anno, portando però l’età per l’uscita a 60 anni per lavoratrici dipendenti e autonome.
Se invece, ma appare molto improbabile, si postassero circa 3 miliardi potrebbe essere attuata la Quota 41 da subito con il calcolo, però, attuato completamente col sistema contributivo che seppur in futuro risulterebbe più conveniente per l’Erario inizialmente rappresenta un costo maggiore.
Ritengo che si vorrà prendere il percorso più economico in considerazione soprattutto del costo delle perequazioni delle pensioni gravate ancora da un’inflazione oltre il 6%, della sentenza della Corte Costituzionale che impone all’Esecutivo il pagamento immediato del Tfs del lavoratori pubblici e dell’aumento degli interessi da pagare, ormai arrivati a 75 miliardi annui, determinato dall’implementazione inesorabile del debito pubblico.
Nel frattempo sono stati pubblicati i dati sull’Osservatorio dei flussi previdenziali del 1° semestre 2023 che evidenziano una minore propensione degli italiani alla pensione anticipata con una diminuzione del 16,6% rispetto all’anno precedente nonché quello che forse è il maggiore problema delle pensioni in Italia e che forse non è tenuto nella giusta considerazione, vale a dire l’impoverimento da parte di chi, dopo una vita di lavoro, accede al pensionamento che progressivamente, per effetto dell’introduzione del sistema contributivo a partire dal 1996, determina assegni previdenziali sempre più bassi.
Siamo infatti passati dai 1.140 euro lordi al mese dell’anno 2021, ai 1.180 al mese dell’anno 2022, ai 1.168 lordi al mese del 1° semestre 2023. Sono importi al limite della sopravvivenza, sono la prova evidente che gli italiani, pur avendo la possibilità di lasciare prima il mondo del lavoro, rimangono qualche anno in più per aumentare assegni previdenziali non degni di un Paese civile.
Al Governo, quindi, a cominciare già dal 2024, oltre alla flessibilità in uscita, alla pensione di garanzia per giovani e per chi ha carriere discontinue e frammentate, al ripristino di Opzione donna, all’implementazione della previdenza complementare e al dimezzamento del riscatto della laurea, l’onere di intervenire sugli importi delle pensioni per far sì che l’Italia sia in linea con gli altri Stati europei più avanzati.
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