LE PAROLE DI CONTE E LANDINI
Dopo l’incontro odierno, Governo e sindacati torneranno a incontrarsi a settembre. Durante il tavolo di oggi è stato il Premier Conte a parlare di riforma pensioni, ricordando, come spiega il sito di Rassegna sindacale, che “l’azione di governo è partita con misure di protezione sociale: il reddito di cittadinanza, quota 100 e il decreto dignità. Dopo aver lavorato per mettere in sicurezza le fasce più deboli inizia ora la fase per indirizzare crescita e sviluppo”. Dunque per il presidente del Consiglio è come se partisse una sorta di “fase due”, con la quale si punterà in particolare a “un significativo taglio del cuneo fiscale e contributivo” per dare più risorse ai lavoratori. Nel suo intervento nel corso del confronto, Maurizio Landini ha detto: “Per noi la priorità deve essere quella di creare lavoro, per farlo servono investimenti pubblici e privati”. Un’altra questione che il Segretario generale della Cgil ritiene importante “è quella dei bassi salari che va affrontata rinnovando i contratti nazionali di lavoro senza tassare gli aumenti contrattuali”.
I DUBBI SUL RISCATTO AGEVOLATO
La riforma pensioni, oltre a Quota 100, sembra essere riuscita a rilanciare il riscatto della laurea, grazie anche a una formula che ne rende meno oneroso il costo per chi si trova nel sistema contributivo pieno. Sul tema l’Inps ha emanato una circolare in cui recepisce l’abolizione del limite di 45 anni di età originariamente richiesto per il riscatto della laurea agevolato. Non è chiaro tuttavia ancora se potranno utilizzare tale riscatto quanti hanno frequentato l’università prima del 1996 ma optino poi per il metodo contributivo. “L’Inps chiarisce che per chi abbia studiato solo in parte dopo il 1995, i periodi in corso successivi al 1995 potranno essere riscattati a scelta dal lavoratore o a 5.240 euro l’anno o in modo proporzionale (aliquota Ivs) all’imponibile previdenziale delle ultime 52 settimane. In entrambi i casi il riscatto sarà valido ai fini del diritto e della misura dell’assegno”, si legge sul Sole 24 Ore, dove viene segnalato anche che “le pecularità della pace contributiva non si estendono anche al riscatto agevolato: questo non può dunque generare alcun onere detraibile al 50% in capo al dipendente, ma rimane solo fiscalmente deducibile”.
L’INCONTRO GOVERNO-SINDACATI
Governo e sindacati hanno dato il via a un nuovo confronto a palazzo Chigi. Indirettamente al tavolo ci sarà anche il tema della riforma pensioni. Maurizio Landini, infatti, intervistato dal Corriere della Sera, ha detto: “Sarò a Palazzo Chigi perché è normale che sulla legge di Bilancio il segretario generale della Cgil, come è sempre stato, abbia come interlocutore il presidente del Consiglio e quindi tutto il governo. Quel tavolo del resto è stato attivato dopo mesi di mobilitazione unitaria da parte dei sindacati confederali e introduce una novità importante per ora di metodo perché la manovra dell’anno scorso il governo non l’aveva discussa con nessuno. Non solo con noi, ma nemmeno con il Parlamento che in pratica ha votato la fiducia senza conoscere il testo”. Come noto, i sindacati hanno una proposta unitaria che riguarda i temi previdenziali e non mancheranno di ribadirlo all’esecutivo, sottolinenando altre convergenze esistenti, come quella di una minor tassazione per lavoratori dipendenti e pensionati.
L’AUSPICIO DI DURIGON
L’allarme sui posti che rischiano di non essere occupati nella Pubblica amministrazione per gli effetti della riforma pensioni con Quota 100 non preoccupa Claudio Durigon, che anzi, in un’intervista a La Stampa, sottolinea: “Quasi quasi spero che i posti vacanti aumentino. Finalmente ci dobbiamo preoccupare di trovare persone da assumere e non di lavoratori che rischiano il licenziamento”. Il sottosegretario al Lavoro spiega che ci sarà un turnover completo entro la primavera del prossimo anno e che sarà quindi confermata la bontà di Quota 100 anche dal punto di vista degli effetti sull’occupazione. Dal suo punto di vista, infatti, i posti che si libereranno per via dei pensionamenti saranno “una opportunità. Soprattutto per i tantissimi giovani che attendono di trovare un lavoro stabile”. Durigon per questo non nasconde di sperare “che la situazione si evolva ulteriormente e che altre persone chiedano di andare in pensione”. Parole che probabilmente non mancheranno di trovare un commento da parte degli esponenti delle opposizioni.
LE PENSIONI D’ORO EUROPEE
Se in Italia è stata varata una riforma pensioni dei vitalizi dei parlamentari, ma è stata ritirata una proposta di legge di Fratelli d’Italia riguardante i sindacalisti, a Bruxelles ci si prepara al cambio della guardia della Commissione e, secondo quanto riportato dal Fatto Quotidiano, Jean-Claude Juncker, il Presidente uscente, avrà una pensione di circa 22.000 euro al mese, quando il suo stipendio era di 27.000 euro al mese. Una “pensione d’oro” arriverà anche ai commissari uscenti, che prenderanno circa 18.000 euro al mese rispetto agli attuali 22.000 di stipendio. L’Alto Rappresentante degli Affari esteri, ovvero l’italiana Federica Mogherini, avrà una cifra più alta, pari a circa 20.000 euro. Per gli ex commissari è prevista anche “un’indennità di transizione” di 24 mesi che garantisce una cifra pari al 40-60% dello stipendio. Un’indennità che sarà garantita anche agli ex parlamentari europei, sulle cui pensioni d’oro già il Movimento 5 Stelle, prima delle elezioni di maggio, aveva cercato di attirare l’attenzione.
I DUBBI SUL MAXI-SCIVOLO DA 5 ANNI
Attraverso il contratto di espansione, inserito nel decreto crescita, si porterà qualche novità in tema di riforma pensioni, anche se non è ancora chiarissimo come funzionerà in tutti i dettagli il maxiscivolo per consentire dei prepensionamenti fino a 5 anni nelle imprese con più di mille dipendenti. Il Sole 24 Ore chiarisce che in ogni caso non sarà possibile utilizzare il cumulo contributivo per facilitare l’ingresso in quiescenza dei lavoratori che useranno lo scivolo verso la pensione. “In assenza di una norma, appare difficile che in sede di prassi si possa consentire ai soggetti che aderiranno al prepensionamento quinquennale l’uso del cumulo contributivo, spesso cruciale per raggiungere la pensione anticipata. Infatti, tutti i lavoratori con carriere divise fra più gestioni dovranno operare una ricongiunzione onerosa per poter agganciare i requisiti del prepensionamento”, si legge sul quotidiano di Confindustria, che spiega anche come al momento ci sia anche un “problema” relativo al fatto che l’esodo andrebbe pagato dall’azienda in un’unica soluzione, senza possibilità di rateizzazione.
RITIRATA PDL SU SINDACALISTI
Piccolo passo indietro sul fronte di una riforma pensioni riguardante i sindacalisti. Come spiega publicpolicy.it, infatti, “la proposta a firma Giorgia Meloni (FdI) che mirava a cancellare la facoltà dei sindacati di versare una contribuzione aggiuntiva per i lavoratori che svolgono attività sindacale è stata ritirata”. La decisione è stata presa “dopo che la commissione Lavoro alla Camera ha approvato un emendamento a firma Guglielmo Epifani (Leu) che rivedeva in modo radicale il testo”. L’emendamento, infatti, stabiliva “che, al posto della cancellazione della possibilità di contribuzione aggiuntiva, l’Inps predisponesse modalità e procedure di gestione della stessa contribuzione aggiuntiva per i lavoratori che svolgono attività sindacale per prevenire e contrastare eventuali abusi”. Questa è stata però una modifica che ha portato Fratelli d’Italia a ritirare la proposta, tanto più che la prima firmataria era la leader del partito. Vedremo se verrà presentata una proposta analoga a quella emendata o se invece tornerà fuori la proposta originaria in altra forma.
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI GALLEGATI
In un articolo pubblicato sul Manifesto si parla di uno dei problemi dell’economia italiana: la bassa produttività. Un tema che alla fine arriva a intrecciarsi con i temi della riforma pensioni. Infatti, Mauro Gallegati spiega che per aumentare la produttività esistono due vie: “produzioni avanzate o nuovi beni e servizi (che hanno prezzi più elevati) e/o ridurre il costo del lavoro”. Chiaramente la prima è più costosa, mentre l’altra “almeno per le singole imprese, non ha costi diretti immediati”. “È da 22 anni che da noi si insiste con la seconda via, con provvedimenti sul lavoro. Il mercato del lavoro in Italia è stato oggetto di riforme continue di ispirazione liberista che, identificando la riduzione del costo – soprattutto del salario – con la flessibilità, hanno finito per rendere precaria la vita lavorativa, annullare gli aumenti salariali e ridurre i diritti dei lavoratori”, scrive il Professore di Economia.
IL PROBLEMA DELLA DEFLAZIONE SALARIALE
Dal suo punto di vista è “chiaro che gli unici prodotti della deflazione salariale sono il fenomeno dei working poors, ormai un lavoratore su dieci lo è oggi in Italia, la precarizzazione del lavoro – e di conseguenza una pensione da fame – e una nuova ondata di migrazione, soprattutto giovanile, che sopravanza quella che pare così tanto preoccuparci”, scrive Gallegati, secondo cui “è ormai chiaro che dobbiamo investire in ricerca e sviluppo in produzioni meta-sostenibili e ad usare intelligenza artificiale e robot per vivere meglio – pagandoci le pensioni e un reddito di base – e che i salari correnti – fermi agli anni Novanta – sono troppo bassi per avere una domanda interna sufficiente a produrre un livello adeguato di occupati”.