LE VOCI CHE FANNO AUMENTARE LA SPESA

In un articolo sul Sole 24 Ore è stato ricordato che il Governo ha recentemente ribadito la volontà di non cancellare Quota 100 e di far arrivare la misura di riforma pensioni varata nel 2018 a scadenza alla fine del 2021. Tuttavia la spesa pensionistica aumenterà per via di due voci importanti. “La prima riguarda le invalidità civili totali, che la Corte costituzionale il 24 giugno scorso ha deciso non possono restare ferme a 285,66 euro al mese. Si attende il testo della sentenza e il costo potrebbe andare ben oltre i 47 milioni stanziati con un emendamento al dl ‘Rilancio’; fonti tecniche sono arrivate a stimare tra i 650 milioni e il miliardo. Ultima tegola attesa entro ottobre è infine il pronunciamento della Consulta sul taglio alle pensioni d’oro voluto dal governo Conte 1: è scattato nel giugno del 2019 e riguarda 24mila pensionati con assegno superiore a 100mila euro lordi l’anno. In cinque anni il taglio varrebbe 415 milioni di risparmi in termini cumulati, ma se la Corte desse ragione ai ricorrenti quei risparmi non ci sarebbero più”.



LA LETTERA APERTA DEL CODS A FRANCESCA PUGLISI

In una lettera aperta alla sottosegretaria al Lavoro Francesca Puglisi, Orietta Armiliato chiede a nome del Cods che Opzione donna venga estesa “fino a comprenderne la sua logica applicazione che è stata reputata essere efficace fino all’anno 2023”. Tra l’altro, “considerato che più volte è stato evidenziato dal Presidente Tridico che una proroga di questo istituto al 2023 costerebbe circa 400 milioni l’anno, riteniamo che la nostra non sia una proposta mirabolante, ma, altresì, percorribile ed utile alle donne che desiderano (o devono….) sceglierla, anche in virtù dei significativi minori costi rilevati per l’utilizzo di Quota 100 che ha un fondo già stanziato e che, anche visto in proiezione, è risultato essere più che capiente”. L’amministratrice del Comitato Opzione donna social ricorda anche la richiesta di varare la Quota 100 Rosa, che porti a 36 anni di contributi (anziché 38) il requisito di accesso alla quiescenza per le donne, oltre al riconoscimento del lavoro di cura, uno dei cavalli di battaglia storici del Cods.



LA MEDIA DEGLI ANTICIPI A 61 ANNI

Frena e non poco la riforma pensioni di Quota 100 secondo gli ultimi dati Inps sul primo trimestre:  «la frenata delle uscite anticipate si era già manifestata nel primo trimestre, a conferma del netto calo di domande per “Quota 100”, che invece aveva gonfiato questo canale di uscita nel 2019, anno in cui gli anticipi sono stati 204.741», spiega il Sole 24 ore nella sua versione online. Al momento infatti le pensioni anticipate si fermano a 97.671, con una media di età dell’anticipo che secondo i calcoli non va al di sopra dei 61 anni: le nuove pensioni di vecchiaia per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti ha visto come età media di uscita dal lavoro di 67 anni (requisito ordinario) mentre per gli anticipi è stata di 61 anni e 4 mesi (61 anni per le donne). (agg. di Niccolò Magnani)



DATI INPS: SCENDONO PENSIONI ANTICIPATE

Come riporta Askanews, dal monitoraggio dei flussi di pensionamento del primo trimestre dell’anno eseguito dall’Inps, “il peso delle pensioni anticipate su quelle di vecchiaia che aveva visto un importante aumento nel 2019 rispetto all’anno precedente sia per l’aumento dell’età legale sia per l’introduzione della ‘quota 100’, conferma nel primo semestre 2020 il suo andamento decrescente”. Sempre secondo l’Inps, il rapporto tra le pensioni di invalidità e quelle di vecchiaia “si presenta pari ad un terzo di quello calcolato sull’intero anno 2019; tale diminuzione imputabile al numero più elevato delle pensioni di vecchiaia liquidate nel primo semestre del 2020 congiuntamente al numero decrescente che le pensioni di invalidità presentano negli ultimi anni”. Complessivamente, “la percentuale delle pensioni femminili su quelle maschili presenta, rispetto al dato annuo del 2019, un valore superiore di 18 punti passando da 96 a 114, con un netto sorpasso nel primo semestre del 2020 delle pensioni femminili rispetto a quelle maschili”.

QUOTA 100 NEL MIRINO DEL MEF

Dopo l’accordo sul Recovery fund torna ad affacciarsi l’ipotesi di un intervento di riforma pensioni. Come scrive il Quotidiano nazionale, infatti, “a via XX Settembre, sia pure con cautela per non rovinare il successo europeo, hanno cominciato a tirare fuori i dossier del cantiere pensioni, chiuso all’improvviso a febbraio per l’incalzare dell’emergenza Coronavirus. Nel mirino c’è Quota 100: la volontà del Ministro dell’Economia, ma anche di larga parte del Pd e di Italia Viva, di smantellare il meccanismo di uscita anticipata verso la pensione, frutto del governo gialloverde, c’era già prima della pandemia. Ma a settembre, in vista del varo del piano di riforme e della manovra per il 2021 da presentare a Bruxelles, la fine anticipata (o il drastico ridimensionamento) del pensionamento a 62 anni di età e 38 di contributi potrebbe rivelarsi una carta decisiva per ottenere lo sblocco delle risorse del Recovery fund. Insieme con misure correttive che riguardino reddito di cittadinanza semplificazione burocratica e il mercato del lavoro”.

RIFORMA PENSIONI, I DATI SULLA SPESA ITALIANA

In un articolo pubblicato sul Fatto Quotidiano viene “smontata” quella che viene definita “una favola datata e falsata”, relativa al fatto che l’Italia, a detta dei Paesi frugali, “sarebbe la cicala del welfare pensionistico in Europa”. Nicola Borzi ricorda infatti che “con un’accelerazione impressionante dopo la crisi del 2008, il Governo di Roma ha introdotto riforme previdenziali tra le più draconiane al mondo e nemmeno ‘Quota 100’ ha scalfito questo rigore di fondo”. I dati Istat dicono infatti che “la previdenza è la prima voce di spessa pubblica, ma nel 2019 il suo peso è calato del 4% rispetto al 1995. Alle pensioni, sul totale della spesa previdenziale, l’anno scorso è andato l’86,6% (275,1 miliardi) rispetto al massimo del 90,7% del 2002. Nonostante la spesa aggiuntiva per ‘Quota 100’” (circa 2,1 miliardi per le pensioni più altri 600 milioni per il Tfr) le pensioni nel 2019 sono costate in percentuale allo Stato meno che nel 1995”.

LA QUOTA 100 OLANDESE

Tra l’altro nell’articolo viene ricordato che “secondo l’ultimo libro bianco dell’Ocse, in Olanda a giugno 2019 sindacati e datori di lavoro hanno siglato un accordo che ha fermato temporaneamente l’aumento dell’età pensionabile: fino al 2021 questa rimarrà a 66 anni e 4 mesi e salirà a 67 anni nel 2024 anziché nel 2021 come previsto. Anche dopo il 2024 l’età pensionabile potrebbe aumentare più lentamente rispetto alle norme precedenti: è la versione olandese di ‘Quota 100’”.