Riforma pensioni. Di fronte al tardivo profilarsi di proposte previdenziali che si potevano proporre al tempo e che solo con la conferma della limitatezza e dannosità di quota 100 (che segnalai all’atto della sua preparazione) e che trovano ora la luce, non posso che riconfermare quanto segue. La posa dell’architrave della legge 101 sulle pensioni e la sua stabilità che proietta analoga stabilità al sistema previdenziale trova un corretto assetto definitivo se flessibilità e anticipazione all’uscita si basano sull’adozione del principio di volontarietà contributiva, essendo altre forme utili e importanti socialmente, realizzabili in complementarietà con la fiscalità generale.
Il problema, senz’altro importante dell’asticella a quota 92/100/103/105, nel mantenere quello intrinseco, perde tuttavia di valore generale senza una rivisitazione costi e benefici totali (includendo quindi grandezze come deficit, debito, tasse imposte, cuneo, ecc.) del ciclo previdenziale e assistenziale. Esercizio da fare a partire dalla formulazione di una pensione di garanzia dei giovani dove figurativo e contributivo coesistano durante tutto l’arco lavorativo sia continuo che discontinuo.
Poiché nel predetto arco (disegnato normalmente da istruzione, lavoro, pensione, e corrispondente in gran parte al ciclo vitale delle famiglie) ciclo del reddito, alimentazione della previdenza e assistenza corrono paralleli temporalmente, ma si intersecano funzionalmente in modo continuativo, anche sulla cosiddetta pensione di garanzia per i giovani va fatta un’analoga rivisitazione del ciclo del reddito nell’arco lavorativo (in cui la predetta misura previdenziale andrebbe incardinata strutturalmente) Come io sostengo da tempo (e a tal proposito come Popolari&Progressisti ci stiamo misurando con un possibile disegno completo, sul quale nutriamo buone speranze), l’assegno temporaneo (già illustrato oltre un anno fa su queste pagine) vi si inserisce naturalmente. Questo assegno incide anch’esso sulla formazione della predetta pensione la quale richiede una continuità di esercizio nell’intero arco lavorativo.
Infatti, a differenza di reddito di cittadinanza, Rei, ecc. – misure che puntando a singoli obiettivi singolarmente definiti pur in un quadro generale riconoscibile (togliere terreno all’esclusione economica e sociale), ma di cui trascura la convergenza in termini previdenziali – esso deve essere solo una modularità discendente dall’altra importantissima revisione, e per noi concentrazione, dell’inside core delle forme di reddito che rientrano nel capitolo assistenza in carico alla fiscalità generale.
Ora proprio perché si dice generale e proprio perché la fiscalità, e io aggiungo la sua rendicontazione pubblica, è funzione ed esercizio per il consolidamento di una democrazia strutturata e articolata con la funzione deliberativa parlamentare separata da quella sia esecutiva del governo, sia giudiziaria della magistratura, solo una visione accompagnata da comportamenti responsabili paragonabili alla diligenza del “buon padre di famiglia” (e quindi non avventurosi e non da avventurieri e biscazzieri), può dare una svolta al Paese. Il resto è vita.