IL DOCUMENTO DI FAND E FISH

Prima di incontrare il Governo a villa Pamphili in occasione degli Stati generali dell’economia, la Fand, Federazione Associazioni Nazionali Disabili e la Fish, Federazione Italiana Superamento Handicap, hanno preparato un documento dal titolo “Le politiche future per la disabilità. Un nuovo welfare per tutti: diritti, inclusione sociale e pari opportunità”. I Presidenti della Fand, Nazaro Pagano, e della Fish, Vincenzo Falabella, come riporta l’agenzia di informazione Sir, hanno rappresentato i principali argomenti di interesse della categoria e “richiamando la convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, la piena ed essenziale parte attiva del Governo, la necessaria ridefinizione dei rapporti tra Stato, Regioni e autonomie locali, siamo andati via via nel dettaglio sulla necessità di coordinamento tra le politiche sanitarie, socio-sanitarie e sociali, sul riordino delle provvidenze economiche con relativo innalzamento e adeguamento delle pensioni di invalidità”. Come noto, il Premier Conte ha aperto alla possibilità di un aumento di tali pensioni.



I REQUISITI PER LA PENSIONE DI CITTADINANZA

Oltre alla riforma pensioni con Quota 100, il Governo Conte-1 ha introdotto il reddito di cittadinanza, che al suo interno prevede anche la pensione di cittadinanza. Adirai.it ha deciso di ricapitolare “tutti i requisiti necessari per accedere alla pensione di cittadinanza”: avere 67 anni di età o più (in caso di persone anziane); essere in condizione di disabilità o di non autosufficienza (solo in caso di portatori di handicap); non aver acquistato recentemente o essere intestatario, in qualsiasi forma, di motoveicoli o autoveicoli per i quali non è prevista agevolazione fiscale per disabilità; essere cittadino italiano, europeo o extracomunitario con permesso di soggiorno regolare. Essere residente in Italia da 10 anni di cui gli ultimi due continuativi. Vanno tenuti presenti anche dei requisiti Isee che guardano al patrimonio immobiliare e mobiliare, oltre che al reddito dell’intero nucleo familiare in cui il richiedente appartiene. Recentemente sono emersi dati che mostrano un basso numero di beneficiari di pensioni di cittadinanza.



ANTICIPO PAGAMENTO PENSIONI LUGLIO: IL CALENDARIO

Nel mese di luglio, come da tradizione, nell’assegno delle pensioni ordinarie verranno affiancate – non per tutti – le Quattordicesime che integrano l’importo dando un sospiro di sollievo per la categoria colpita anch’essa dall’emergenza Covid-19. In attesa di novità dal fronte della politica per una nuova e potenziale prossima riforma pensioni, sul lato “pratico” poste e banche hanno stabilito un calendario che parte dal 24 giugno per il ritiro della quattordicesima, insieme alla pensione, sempre per evitare assembramenti negli uffici postali e nelle filiali. Ricordiamo che per poter ricevere la Quattordicesima in assegno è necessario aver superato i 64 anni di età e avere un reddito che sia non superiore a due volte il trattamento minimo: la somma a quel punto varia in base al trattamento pensione del singolo contribuente. Il calendario stilato invece per il ritiro degli assegni agli sportelli vede la consueta suddivisione per lettere del cognome: dalla A alla B mercoledì 24 giugno; dalla C alla D giovedì 25 giugno; dalla E alla K venerdì 26 giugno; dalla L alla O sabato 27 mattina; dalla P alla R lunedì 29 giugno; dalla S alla Z martedì 30 giugno. (agg. di Niccolò Magnani)



SALVINI E QUOTA 100

Settimana scorsa Matteo Salvini è tornato a parlare della riforma pensioni con Quota 100, spiegando, ospite della trasmissione Radio Anch’io, che la misura ha consentito l’accesso in quiescenza a 300.000 persone, dando la possibilità ad altrettanti giovani di cominciare a lavorare. Per pagellapolitica.it, si tratta di un’affermazione errata “in primo luogo per quanto riguarda il numero di beneficiari di quota 100: sono stati 150 mila nel 2019 e nel 2020 potrebbero essere altri 30 mila circa. Inoltre questi 180 mila pensionati non hanno probabilmente liberato 180 mila posti di lavoro, considerato che – secondo quanto affermato dal presidente dell’Inps – circa il 30 per cento di loro non erano lavoratori. Che poi 150 mila giovani – la metà della cifra riportata dal segretario della Lega – abbiano trovato lavoro grazie ai pensionamenti di quota 100 al momento non si può sapere dai dati ufficiali. Ma le previsioni sono che un tasso di sostituzione di uno a uno tra nuovi pensionati e giovani assunti non si verificherà”.

LE PAROLE DI BRAMBILLA

Alberto Brambilla, esperto di previdenza che più volte si è espresso pubblicamente su temi di riforma pensioni, ha pubblicato un libro “Le scomode verità su pensioni, tasse e lavoro”, di cui L’Economia, inserto del Corriere della Sera, ha pubblicato un estratto. L’ex sottosegretario al Welfare sottolinea che le misure messe in atto per contrastare la crisi da coronavirus sono molto costose. “E allora chi pagherà le nostre pensioni? Le taglieremo del 30-40% come in Grecia o Portogallo? Faremo l’ultimo errore di introdurre una ulteriore patrimoniale che ridurrebbe ancora l’esiguo numero di contribuenti? Taglieremo ancora la sanità?”, si chiede l’autore. “Oggi si invocano enormi spese per sostenere i redditi e la produzione, senza prevedere che le mancate entrate fiscali e contributive per lo Stato e le maggiori spese aumenteranno il nostro mostruoso debito pubblico. Si prosegue con l’assistenzialismo che, come vedremo nei prossimi capitoli, produce solo nuovi poveri. E lo spread e i mercati? Riusciremo nel 2021 a pagare le pensioni?”, aggiunge Brambilla.

RIFORMA PENSIONI, L’ALLARME DEFLAZIONE

Il Segretario generale della Fnp-Cisl Piero Ragazzini e il Segretario confederale della Cisl Ignazio Ganga ricordano che la deflazione è un pericolo per i pensionati attuali e futuri. L’andamento negativo dell’indice dei prezzi, infatti, colpisce in modo diverso da una misura di riforma pensioni, ma i suoi effetti possono essere ugualmente negativi. “La deflazione determina una minore crescita, o una maggiore caduta, del Pil nominale e quindi una crescita del rapporto debito/Pil. Una minore crescita e la caduta del Pil nominale si riflettono in modo negativo sulla valorizzazione annuale dei contributi versati dai lavoratori ai fini pensionistici, che sono rivalutati annualmente in base alla variazione media quinquennale del Pil nominale. Quindi si determina un valore più basso delle pensioni future”, evidenziano i due sindacalisti.

LA PAROLE DI RAGAZZINI E GANGA

“Inoltre, viene meno l’annuale perequazione delle pensioni in base all’aumento dei prezzi. Il fatto è poi aggravato se si esaminano le cause che producono, secondo i dati Istat, la deflazione che determinata essenzialmente dalla forte diminuzione del prezzo dei carburanti, mentre i prezzi dei generi alimentari, della cura della casa e della persona sono aumentati del 2,4%”, aggiungono Ragazzini e Ganga, sottolinenando così che il potere d’acquisto dei pensionati rischierebbe di essere intaccato. Per questo ritengono che in tema di pensioni “dovrà essere riaperto immediatamente il confronto teso ad individuare le misure necessarie per evitare ricadute sui trattamenti pensionistici in essere e su quelli futuri”.