RIFORMA PENSIONI, IL POST QUOTA-100

Si sta parlando molto in questi giorni di riforma pensioni, soprattutto dopo che il Premier Conte ha ricordato che Quota 100 non verrà rinnovata dopo il 2021. Giuseppe Pennisi, in un articolo pubblicato su formiche.net, spiega che per sostituire tale misura “sono state lanciate ipotesi varie quali Quota 101, Quota 98 (non per tutti) e Quota 41 (ma con penalizzazioni)”, ma l’economista non dimentica di citare il fatto che “pare che per smussare lo scalone, il governo pensi a Quota 102”, “che, fisserebbe come età minima anagrafica per poter richiedere la pensione anticipata non più a 62 anni ma 64. I requisiti contributivi resterebbero a 38 anni di contributi versati. Si arriverebbe a una decurtazione sul trattamento pensionistico circa del 5%”.



L’ALTERNATIVA A QUOTA 102

Questa Quota 102, secondo le stime dei sindacati, “potrebbe interessare fino a 150 mila cittadini italiani all’anno e che costerebbe circa 8 miliardi il primo anno, con una lieve diminuzione negli anni successivi”. Secondo Pennisi, “una delle ipotesi che va analizzata con attenzione è quella del ricorso a un meccanismo flessibile, coerente con i principi del meccanismo contributivo/Ndc per il calcolo delle spettanze, con facoltà d’uscita a partire da 62, o 63, anni d’età anagrafica e almeno 36, o 37, anni di contribuzione con una penalizzazione del trattamento di circa il 2,8-3% per ogni anno d’anticipo rispetto al limite dei 67 anni per il pensionamento di vecchiaia”. L’economista avverte infine che non è ipotizzabile pensare di usare le risorse del Recovery fund per finanziare misure di pensionamento anticipato.

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