Riforma Pensioni, si accende il dibattito sui risparmi di Quota 100. Come evidenzia Huffington Post, i tecnici del Senato hanno sollevato dubbi sulle risorse congelate a garanzia dei risparmi da 1,5 miliardi di euro su Reddito di cittadinanza e, appunto, Quota 100. «L′88%, pari a 1.320 milioni di euro viene dal programma Fondi di riserva e speciali del Mef. Ma i Fondi speciali a inizio anno erano 568 milioni, insufficienti da soli per garantire l’accantonamento e probabilmente ridotti ora, mentre i Fondi di riserva sono classificati integralmente come oneri inderogabili che quindi non potrebbero essere utilizzati a copertura», viene evidenziato nel dossier del Servizio Bilancio: «Sarebbe auspicabile l’acquisizione dei flussi informativi (sulle domande per reddito di cittadinanza e quota 100, ndr) nonché l’indicazione dei calcoli effettuati per pervenire alla proiezione dei risparmi complessivi con indicazione distinta dei risparmi attesi dalle due misure in questione, in modo da disporre di dati che consentano di valutare il grado di attendibilità della stima di risparmi nel 2019», riporta Huffington Post. (Aggiornamento di Massimo Balsamo)



LA SFIDA PER LA PREVIDENZA INTEGRATIVA

La riforma pensioni non ha fatto praticamente nulla sul fronte della previdenza integrativa. Eppure, come segnala Guido Gentili, “visto il trend demografico e il gap sempre più profondo tra coloro che percepiscono le prestazioni pensionistiche e coloro che contribuiscono a finanziare le prestazioni, ci sarebbe necessità di mobilitare più attenzione attorno alla previdenza complementare e, in generale, su come mettere in pista un sistema di Welfare sostenibile non solo finanziariamente”. In un articolo sul Sole 24 Ore, l’ex direttore segnala quindi come la sfida in questa direzione è “soprattutto, culturale, in un paese storicamente bancocentrico, a corto di public company e ricco sì di imprese piccole e medie di successo ma restìo a puntarci sopra. E un Paese (come dimostra il libro di Marco lo Conte ‘Che ne ho fatto dei miei soldi’, Sole 24 Ore editore) che ha un enorme problema di alfabetizzazione finanziaria. L’Italia è penultima tra i paesi Ocse, ultima è la Colombia. Non c’è altro da aggiungere”.



OPZIONE DONNA

Sono molteplici le novità ad oggi in tema di riforma pensione. I filoni principali sui quali si concentra l’attenzione restano due: Quota 100 e Opzione Donna. Su questo ultimo è intervenuta Orietta Armiliato del CODS la quale ancora una volta ha avanzato la richiesta di estensione dell’Opzione Donna fino al 2023. La rappresentante del Comitato Opzione Donna Social, dopo i precedenti interventi dei giorni scorsi è tornata a parlare della possibile proroga della misura dell’Opzione Donna. Il suo intervento è stato riportato dal portale Pensionipertutti: “Noi del CODS non abbiamo alcun sostegno né da parte della politica né di altri ma, rappresentiamo quella parte di donne che conosce ed esercita la facoltà del pensare e di mettere in relazione i concetti e la loro enunciazione, coniugando la facoltà di discernere fra ciò che è giusto o ingiusto ed attribuendo importanza di livello maggiore a criteri quali l’equità ed il comune senso civico”, ha spiegato la Armiliato. Alla luce di ciò, ha rilanciato le richieste del suo gruppo: “Provare a fare in modo che un provvedimento di possibile prossima realizzazione, possa abbracciare quante più lavoratrici possibili non è solo NECESSARIO ma é DOVEROSO e nessuno ripeto nessuno può continuare a lanciare anatemi su chi porta avanti questi nobili inclusivi proponimenti”, ha proseguito. Quindi la proposta di estendere Opzione Donna a tutto il 2023. (Aggiornamento di Emanuela Longo)



L’USO DELLA GESTIONE SEPARATA

Giungono sempre chiarimenti importanti, in tema di riforma pensioni, attraverso le risposte degli esperti ai quesiti posti da chi si avvicina alla quiescenza, come nel caso di una lettrice del sito di Repubblica che, impossibilitata a raggiungere Quota 100, e lontana dai 67 anni necessari per la pensione di vecchiaia, chiede se ci sia un’altra strada per accedere alla pensione. La risposta a cura della Fondazione studi consulenti del lavoro è piuttosto chiara: “Dal momento che non ha maturato i requisiti della pensione anticipata e non può nemmeno arrivare a Quota 100 che richiede 38 anni di contributi si suggerisce di valutare anche il computo in Gestione Separata (Circolare 184/2015 Inps) che consente in presenza di almeno 1 mese di contributi alla Gestione Separata di accedere alla pensione anticipata a 64 anni di contributi e 20 anni di contributi effettivi in presenza di un assegno lordo di pensione non inferiore a 2,8 volte l’assegno sociale (nel 2019 pari a circa 1283 euro lordi/mese). In tale modo anticiperebbe il pensionamento, ma si convertirebbe integralmente al metodo di calcolo contributivo con possibili penalizzazioni sull’assegno”.

RIFORMA PENSIONI, LA PROPOSTA DI PALMER

Mentre in Italia con la riforma pensioni con Quota 100 si è data la possibilità di accedere alla quiescenza a 62 anni, se in possesso di un’anzianità contributiva di 38 anni, altrove in Europa c’è chi pensa sia necessario portare l’età pensionamento a 70 anni. Sul blog di Nicola Porro, infatti, un articolo di Leopoldo Gasbarro riporta le parole di Edward Palmer ritenuto uno dei padri del sistema pensionistico svedese. “È necessario stabilire un’età di pensionamento che salga di molto, eventualmente dando un premio economico per quelli che scelgono di continuare a lavorare. L’attuale generazione che pensa di andare in pensione a 65 anni deve comprendere che non ne avrà la possibilità e che si dovrà lavorare forse fino a 70 anni almeno e quelli che arriveranno dopo di loro dovranno farlo per un tempo ancora più lungo. Visto che si vive di più la gente che può evitare di andare in pensione a 65 anni dovrà farlo, dovrà continuare a lavorare. È questo il nostro destino”.

L’UGUAGLIANZA DI PARTENZA

Palmer ha anche ricordato che “la Svezia è una società relativamente egualitaria e questo ha molto a che fare con l’educazione prescolare. Tale approccio aiuta a liberare le donne, aiuta uomini e donne a condividere i ruoli. È essenziale garantire a tutti un uguale punto di partenza”. Parole che divideranno gli italiani tra coloro che ritengono che Palmer si sbagli e che non è possibile restare al lavoro per così tanti anni e quanti invece pensano che sia inevitabile un aumento dell’età pensionabile. Ovviamente c’è anche un via di mezzo: un’età pensionabile differenziata a seconda della professione svolta.