TRIA E I RISPARMI SU QUOTA 100
Giovanni Tria è tornato a parlare di riforma pensioni con Quota 100 e Reddito di cittadinanza. In particolare dei risparmi che queste due misure avranno anche nel 2020, dopo quelli che sono previsti per quest’anno e che sono già stati destinati, tramite la manovra di aggiustamento del bilancio, a ridurre il deficit per evitare la procedura d’infrazione europea. Secondo quanto riporta Mf-Dow Jones, il ministro dell’Economia, durante un’audizione presso le commissioni Bilancio congiunte di Camera e Senato ha detto che “nel 2020 i risparmi dal reddito di cittadinanza e quota 100 saranno non trascurabili e saranno destinati a soddisfare le indicazioni del Parlamento, che sono di mantenere gli obiettivi di finanza pubblica e non aumentare la pressione fiscale”. Tria ha anche evidenziato che già quest’anno i risparmi saranno superiori rispetto agli 1,5 miliardi che sono stati previsti e comunicati all’Ue, perché “abbiamo fatto una dichiarazione di risparmi prudenziale per essere credibili; non è che si può sparare abbiamo dato un valore intermedio”.
LE REGOLE PER GLI INVALIDI AL 100%
Oltre che sulle novità delle riforma pensioni, le risposte degli esperti ai quesiti dei lettori aiutano spesso a dare chiarimenti sulla normativa previdenziale. Così la risposta fornita a un lettore del sito di Repubblica, stilata a cura della Fondazione studi consulenti del lavoro, ricorda che “i lavoratori del settore privato con invalidità certificata da Inps (dunque non quella civile, ma riscontrata dal medico legale Inps della sede territorialmente competente) pari ad almeno l’80% maturano il requisito anagrafico richiesto per accedere a pensione anticipata con invalidità al raggiungimento di 61 anni nel caso di lavoratori di sesso maschile, a fronte della maturazione di almeno 20 anni di contribuzione. Il diritto all’assegno pensionistico viene maturato trascorsi 12 mesi della finestra mobile priva di assegno dal raggiungimento dei requisiti richiesti”. La domanda è stata infatti posta da un lavoratore che, a seguito di un incidente avvenuto nel 1994, è invalido civile al 100%, ma ha continuato a lavorare.
DAMIANO E IL RUOLO DEGLI IMMIGRATI
Si è parlato molto negli ultimi anni del ruolo che hanno gli immigrati rispetto al sistema previdenziale. Se n’è parlato meno dopo la riforma pensioni con Quota 100, ma ora Cesare Damiano, con un articolo sull’Huffington Post, torna sul tema, evidenziando che “la base produttiva della nostra popolazione rischia un’erosione tale da compromettere l’economia e il sistema previdenziale del Paese”. Per questo motivo è importante, dal suo punto di vista, “risvegliare la capacità dello Stato di costruire politiche industriali, far crescere in modo esponenziale la qualità dell’educazione e, quindi, delle opportunità offerte ai giovani e dobbiamo mantenere e far crescere la qualità dei servizi sociali, della sanità e del sistema previdenziale”. Ma occorre anche, evidenzia l’ex ministro del Lavoro, “costruire – in Italia e in Europa – una politica dell’immigrazione economica ben regolata, realistica e che mantenga vitale e sufficiente il flusso dei contributi previdenziali e tenga in vita la costruzione di un futuro migliore per tutti”.
I SINDACATI RISPONDONO A DI MAIO
Luigi Di Maio non ha gradito l’incontro tra Matteo Salvini e le parti sociali, in cui si è parlato anche marginalmente di riforma pensioni, tanto da attaccare via social i sindacati: “Parlino pure con Siri, parlino pure con chi gli vuole proteggere le pensioni d’oro e i privilegi. Hanno fatto una scelta di campo, la facciamo pure noi!”. Non si è fatta attendere la replica di Cgil, Cisl e Uil che in una nota congiunta spiegano “di essere stati convocati oggi dal vice presidente del consiglio Matteo Salvini insieme ad altre 40 organizzazioni di rappresentanza in vista della prossima legge di bilancio, incontro peraltro ampiamente annunciato nei giorni scorsi. Appaiono, quindi, del tutto inaccettabili ed offensive, nei toni e nella sostanza, le osservazioni nei confronti dei sindacati avanzate oggi dal vice premier Di Maio al quale ricordiamo che siamo stati ricevuti quindici giorni fa dal Presidente del Consiglio Conte, insieme allo stesso vice premier Di Maio, e siamo ancora in attesa di ricevere la calendarizzazione degli incontri specifici così come aveva garantito il Presidente del Consiglio per affrontare i temi contenuti nella nostra piattaforma unitaria, illustrata peraltro almeno tre volte al Presidente del Consiglio”.
RIFORMA PENSIONI, I DATI IRES-CGIL
L’Ires-Cgil del Friuli-Venezia Giulia ha realizzato una ricerca relativa ai redditi da lavoro e da pensioni percepiti sul territorio regionale in base alle dichiarazioni Irpef dell’anno scorso. Emerge, ancora una volta, la conferma di una disparità di genere: mediamente gli uomini percepiscono 26.300 euro contro i 17.000 delle donne. Numeri che confermano quindi la necessità, tra gli altri, di un intervento di riforma pensioni che possa cercare di riequilibrare la situazione, posto che con il canale di pensionamento anticipato rappresentato da Opzione donna, stante il ricalcolo contributivo dell’assegno, la platea femminile finisce per vedere scendere ancora di più il dato sull’importo medio dei redditi da pensione.
LE DIFFERENZE TRA PENSIONI
La ricerca dell’Ires fa emergere un dato interessante: come riporta udine20.it, “il reddito dei lavoratori dipendenti in regione è diminuito di 286 euro (da 21.709 a 21.423), quello dei pensionati è aumentato di 309 euro (da 17.634 a 17.943)”. Per spiegare questa divergenza, non bisogna dimenticare “che le pensioni hanno beneficiato di forme di indicizzazione all’inflazione, anche se diversificate nel tempo, mentre i redditi da lavoro sono stati intaccati ad esempio dal massiccio ricorso agli ammortizzatori sociali che si è verificato durante la crisi”. A livello di redditi da pensione, emerge anche che la provincia di Trieste, con un media di 20.068 euro, si piazza al terzo posto a livello nazionale, dietro Roma e Milano. A livello comunale al primo posto regionale c’è invece Udine con 21.536 euro.