LA SOLUZIONE PER LO SCALONE POST-QUOTA 100
Secondo il Presidente dell’Inapp, Stefano Sacchi, “aver deciso di non toccare Quota 100 non ha risolto il problema di nuovi interventi sulle pensioni, che certamente entreranno nell’agenda politica. La strada migliore sarebbe progettare subito un ammorbidimento dello scalone che arriverà tra il 2021 e il 2022, ripristinando elementi di quella flessibilità tolta dalla riforma Fornero”. Dal suo punto di vista, come riporta Il Sole 24 Ore, sarebbe utile una riforma pensioni con una flessibilità che contemperi “la libertà delle scelte individuali con le esigenze di sostenibilità del sistema. Dare ad esempio a chi è nel sistema misto, in parte retributivo in parte contributivo, la possibilità di andare in pensione con le regole del contributivo fino a tre anni prima del pensionamento di vecchiaia (oggi a 67 anni), a patto che la pensione sia pari almeno a 2,8 volte l’assegno sociale, ovvero circa 1280 euro al mese”. Tale soluzione comporterebbe un assegno più basso di circa il 15% per i pensionandi e un costo per le casse pubbliche di massimo 2 miliardi di euro nei primi tre anni.
LE RICHIESTE DI RIVEDERE LA LEGGE FORNERO
Pier Paolo Baretta ricorda che “Quota 100 va a morire da sola e tra non molto, non abbiamo alcuna intenzione di prorogarla o continuarla. Cosa succede dopo, certo, è un problema che ci dobbiamo porre subito: non potremo tornare alla Fornero, sicuramente abbiamo davanti uno scalone. Io personalmente propendo per una forte flessibilità in uscita. Con i sindacati è già aperta la discussione su questo punto”. Intervistato da Repubblica, il sottosegretario all’Economia ritiene che quindi occorra già ora pensare a cosa fare in tema di riforma pensioni per il post-Quota 100. Anche per i sindacati del Friuli-Venezia Giulia, come sottolinea ilfriuli.it, c’è “l’esigenza di una riforma organica della Fornero, per rendere più elastici i criteri di accesso alla pensione e affrontare il grave problema delle prospettive pensionistiche dei giovani”. A livello nazionale le confederazioni si troveranno a parlare di riforma pensioni, anche per chi è già in quiescenza, martedì 17 dicembre in piazza Santi Apostoli a Roma.
PROIETTI: SERVE FLESSIBILITÀ TRA 62 E 63 ANNI
In tema di riforma pensioni vanno segnalate le dichiarazioni di Domenico Proietti a pensionipertutti.it. “Il tema di cosa si fa dopo quota 100 e al centro dell’azione del sindacato. Quota 100 e un ambo secco che ha permesso a molti di andare in pensione ma a molti altri no. Per questo noi proponiamo già dall’anno prossimo una flessibilità d’accesso alla pensione tra 62 e 63 anni”, spiega il Segretario confederale della Uil. Rispetto alle ipotesi già in campo, che arrivano anche dal mondo politico, il sindacalista sottolinea che “la proposta di Damiano è interessante, ma non deve avere penalizzazioni, mentre la proposta di Nannicini va approfondita per capire a quali categorie si applicherebbe quota 92”. Dal suo punto di vista, “quello che è certo è che grazie all’azione costante del sindacato il tema della flessibilità di accesso alla pensione è tornato centrale. Noi siamo pronti al confronto con il governo e con il parlamento è vogliamo affrontare anche il tema dei 41, delle donne e dei giovani”.
INPS, RIVALUTAZIONE CON PROBABILE CONGUAGLIO
Con la circolare Inps è stato ufficializzato che nel 2020 ci sarà una rivalutazione delle pensioni pari allo 0,4%. Tuttavia, come noto, essendoci un blocco parziale delle indicizzazioni, frutto delle misure della riforma pensioni dello scorso anno, non tutti avranno per intero l’importo in più sull’assegno. Anche se con la manovra si sta per approvare un ampliamento della platea dei pensionati che avrà la rivalutazione piena. In questo senso, come ricorda Il Sole 24 Ore, l’Inps procederà all’indicizzazione secondo le regole previgenti il varo della Legge di bilancio, non potendo attendere la fine dell’iter parlamentare. Probabile quindi che ci sarà un conguaglio (positivo), seppur di modestissima entità, per quegli assegni tra i 1.500 e i 2.000 euro al mese. Intanto è arrivata la circolare del Miur con cui è stata fissata al 30 dicembre la scadenza per presentare domanda di pensionamento a partire dal 1° settembre 2020. Una decisione che quasi certamente provocherà la protesta dei sindacati del personale della scuola.
PENSIONI, ALLARME COSTI SU QUOTA 100
Secondo gli ultimi studi dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio, a fine anno 2021 si potrebbe avere una effetto soglia-discontinuità di tutti quei lavoratori che non hanno scelto la riforma pensioni Quota 100 per uscire dal lavoro nel 2020. «I risparmi previsti in 1,3 miliardi potrebbero ridursi fino a 600 milioni», spiega Davide Colombo questa mattina sul Sole 24 ore, facendo leva sulle previsioni da qui a due anni in merito alla clausola di salvaguardia Iva fissata a 25,8 miliardi. In quel caso infatti trovare mezzo miliardo di euro per le pensioni potrebbe non essere proprio facilissimo; «l’effetto incertezza conta se consideriamo il punto di vista dei “silenti”, ovvero coloro che hanno maturato il requisito per “quota 100” nel triennio di sperimentazione ma hanno deciso di continuare a lavorare sapendo che quel diritto resta valido e può essere esercitato anche dopo il 2021, riducendo in questo modo la perdita di valore della pensione», sottolinea ancora il collega esperto di previdenza, allarmando sul costo che la Quota 100 “non esercitata” finora possa invece rivalersi negli anni a venire con problemi non indifferenti per la già delicata macchina pubblica dell’Inps. (agg. di Niccolò Magnani)
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI SPISANI
La Confagricoltura di Ferrara segnala che con le varie misure di riforma pensioni varate dagli ultimi governi, che hanno mirato a contenere la spesa, “il reddito pensionistico medio mensile di un pensionato agricoltore è di circa 537 euro lordi”. Per il Presidente dei Pensionati di Confagricoltura Ferrara, Stefano Spisani, “non è superfluo evidenziare che in questi anni di recessione, un pensionato presente in famiglia ha attenuato il rischio di disagio economico, fornendo un’importante rete di protezione sociale. Tale sforzo fondamentale è però stato ripagato dallo Stato con una pressione fiscale sul reddito pensionistico eccessiva e iniqua”.
LE DISPARITÀ DA CANCELLARE
Secondo Spisani, “il disagio sociale in cui vivono queste fasce di persone e le famiglie di cui si fanno più o meno direttamente carico deve essere urgentemente affrontato con una correzione delle disparità di trattamento fiscale e ponendo rimedio alle inadeguatezze dei sistemi di calcolo dell’indice dei prezzi e del paniere della spesa, dove sia adeguatamente ampio il peso dei beni alimentari, socio-sanitari ed energetici”. Di fatto la sua proposta è vicina a quella di sindacati o altre associazioni di pensionati secondo cui occorre rivedere i crediti per l’indicizzazione delle pensioni. Per il Presidente dei Pensionati di Confagricoltura Ferrara, occorre però inoltre equiparare “il trattamento tra i pensionati ex lavoratori autonomi e i pensionati del lavoro dipendente in materia di assegni familiari”, oltre che rifinanziare il Fondo per la non autosufficienza.